RITORNO A KRISHNA
Edizione Italiana di Back to Godhead (tradotta integralmente) Vol. 22, Numero 3
Back to Godhead, Fondata nel 1944 • Vol. 44, Numero 3 • Maggio/Giugno 2010
SOMMARIO
Lezione del Fondatore
5 Non Desiderare Altro che la Bhakti
Srila Prabhupada spiega che la pura devozione per Dio è concessa solo a coloro che sono liberi dal desiderio di godimento materiale
8 Krsna, Signore del Paradosso
L’analisi di un’apparente contraddizione nelle parole di Krsna su Se stesso.
12 Diksa Senza Tapa: Iniziazione Solo di Nome
Ai nostri giorni, spesso l’iniziazione spirituale viene venduta per pochi soldi senza richiedere alcun impegno.
16 La Normalità: l’Amica di Maya
Perché l’anima accetta come normale la sua situazione imbarazzante all’interno dell’energia materiale.
21 La Forma Divina
Un artista cerca risposte alle grandi domande della vita.
28 La Convinzione
Che cosa costituisce una certezza spirituale nell’epoca del dubbio?
33 I Dialoghi di Srila Prabhupada
La Vera Intelligenza è Arrendersi a Krsna.
35 Calendario
36 Nel Grembo di Madre Natura
Un ambiente naturale ci aiuta a percepire la presenza di Dio, in modo particolare quando gli insegnamenti di Prabhupada favoriscono la nostra visione.
COPERTINA Venudhara Dasa, uno dei manager della fattoria Hare Krsna del Maharashtra, in India,
mostra il suo affetto per una mucca chiamata Shyamali.
Si prega di vedere l’articolo sulle lezioni spirituali da parte di Madre Natura che inizia a pagina 46.
(Foto di Vamsi Vihari Dasa.)
BACK TO GODHEAD
FONDATORE (sotto la direzione di Sua Divina Grazia Sri Srimad Bhaktisiddhanta Sarasvati Prabhupada) Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada
DIRETTORE RESPONSABILE:
Ali Krsna dasi (Alida D’Ambrosio)
DIRETTORE: Nagaraja dasa
EDIZIONE ITALIANA
E AMMINISTRAZIONE: Nimai Pandita dasa
TRADUZIONI: Purandara Misra dasa e Sri Saci dasi,
Gandharvika dasi
SPEDIZIONI: Visnupriya dasi
Per informazioni sulle spedizioni contattare:
Confederazione Nazionale delle Associazioni per la Coscienza di Krishna - strada Bonazza, 11
50028 Tavarnelle Val di Pesa (FI)
Tel. 0558076414 - Fax 0558076630
E-mail: nimaipandit@bbtitalia.191.it
NOMI SPIRITUALI: I membri dell’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna ricevono uno dei nomi di Sri Krsna o di un Suo devoto, seguito dal suffisso dasa al maschile e dasi al femminile che significa servitore o servitrice. Per esempio, il nome Krsna dasa significa servitore di Krsna.
VALORE DELLA RIVISTA: Valore a copia Euro 3,00. Le donazioni per ricevere la rivista devono essere versate sul C.C.P. n. 42036004, intestato a: “Confederazione Nazionale delle Associazioni per la Coscienza di Krishna”, strada Bonazza 11, 50028 Tavarnelle Val di Pesa (FI).
© Associazione Ritorno a Krishna - Tutti i diritti riservati - Ritorno a Krishna - Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Milano N° 199 del 13/3/1989 - Vol. 22, N.3
Maggio/Giugno 2010
Stampa: La Zincografica, Firenze.
Sped. Abb. Post. Comma 20 C Legge 662/96 Filiale FI
BENVENUTO
NELLA lezione del Fondatore che apre questo numero, Srila Prabhupada dice qual è la massima qualifica per ottenere la bhakti, il puro amore per Dio: occorre abbandonare ogni desiderio di godimento materiale. Per la maggior parte di noi, questo suona come un ordine difficile da eseguire. In “La Normalità, l’amica di Maya,” Padma Devi Dasi spiega che reagiamo in questo modo perché l’energia materiale di Krsna, Maya, copre la nostra visione spirituale, facendo credere a noi anime spirituali di appartenere al mondo materiale. La ricerca del godimento materiale diventa lo scopo della nostra vita.
Per superare questa illusione abbiamo bisogno dell’aiuto di Krsna. Nell’articolo “Convinzione,” Ravindra Svarupa Dasa sostiene che la relazione dell’anima con l’Anima Suprema, una forma di Krsna che si trova nel cuore di ognuno, inspira la fede nella realtà di Dio e nell’esistenza spirituale.
La convinzione spirituale è nutrita anche dal contatto con i puri devoti di Dio e dalle loro istruzioni. Nella tradizione Vaisnava, alla quale appartiene il Movimento Hare Krsna, una persona che cerca seriamente la realizzazione spirituale riceve l’iniziazione (diksa) da un guru, accetta la disciplina del guru e apprende da lui la verità spirituale.
L’articolo “Nel Grembo di Madre Natura” mostra come un discepolo spirituale di Srila Prabhupada ha guardato la natura alla luce delle istruzioni di Prabhupada accrescendo la propria convinzione sulla verità della coscienza di Krsna.
Hare Krsna.—Nagaraja Dasa, Direttore
I NOSTRI SCOPI
• Aiutare la gente a discernere la realtà dall’illusione, lo spirito dalla materia, l’eterno dal temporaneo.
• Evidenziare i difetti del materialismo.
• Offrire guida nelle tecniche vediche della vita spirituale.
• Preservare e diffondere la cultura vedica.
• Celebrare il canto dei santi nomi del Signore come insegnato da Sri Caitanya Mahaprabhu.
• Aiutare ogni essere vivente a ricordare e servire Sri Krsna, Dio, la Persona Suprema.
LEZIONE DEL FONDATORE
Vrindavana, India —12 Novembre 1976
NON DESIDERARE ALTRO CHE LA BHAKTI
Per ottenere la bhakti, il puro servizio di devozione al Signore, si deve arrivare al punto di non desiderare nient’altro.
di Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada Fondatore-Acarya dell’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna
matto ’py anantat paratah parasmat
svargapavargadhipater na kincit
yesam kim u syad itarena tesam
akincananam mayi bhakti-bhajam
[Sri Rsabhadeva disse:] “Io sono infinitamente grande e onnipotente, superiore a Brahma e a Indra, il re dei pianeti celesti. Sono Io che do la felicità di cui si gode nel regno celeste o la felicità che la liberazione procura. Eppure i brahmana non Mi chiedono benessere materiale: essi sono molto puri e non desiderano possedere niente. Si accontentano di servirMi con devozione; che bisogno avrebbero dunque di chiedere benefici materiali a qualcun altro?”
– Srimad-Bhagavatam 5.5 25
Sri Rsabhadeva è un’incarnazione di Krsna. Egli spiega che la vita devozionale, il bhakti-yoga, è così elevata che le persone dedite ad essa non hanno alcun interesse per i pianeti celesti, che fanno parte del mondo materiale, né per la liberazione. Essi ritengono questi benefici privi di significato. Prabodhananda Sarasvati, un seguace di Sri Caitanya Mahaprabhu, scriveva kaivalyam narakayate: “La forma di liberazione che permette di diventare uno con il Supremo non è migliore dell’inferno.” E che cosa diceva a proposito dei pianeti celesti – Svargaloka, Janaloka, Maharloka, Tapoloka? Tri-dasa-pura akasa-puspayate: “Essi sono insignificanti quanto dei fiori illusori nel cielo.”
Supponiamo che una persona vada a Svargaloka e diventi Indra, il re dei pianeti celesti. Non è una posizione permanente. Con le attività pie si può diventare Brahma, Indra e anche molti altri esseri celesti. Si possono ottenere queste posizioni, ma anche se si va a Brahmaloka, il pianeta di Brahma, qual è il vantaggio? Si deve tornare indietro. E persino se si arriva nella radiosità del Brahman, l’energia spirituale impersonale che emana da Krsna, alla fine si deve cadere nuovamente nel mondo materiale.
Perciò i devoti sono akincana. Sono indifferenti a tutto ciò che è materiale. Non se ne curano.
I karmi, le persone interessate al piacere materiale, cercano di andare a Svargaloka, sui pianeti celesti; gli yogi e i jnani, filosofi impersonalisti, desiderano raggiungere il brahmajyoti, la radiosità di Dio. Un devoto invece non cerca sollievo, in quanto non si sente a disagio nel mondo materiale. Perché? Perché un devoto vede Dio, Krsna, ovunque, e dovunque sia Krsna, va tutto bene. Questa è la visione di una persona assorta nel servizio devozionale al Signore.
narayana-parah sarve
na kutascana bibhyati
svargapavarga-narakesv
api tulyartha-darsinah
“I devoti impegnati esclusivamente al servizio di Dio, la Persona Suprema, Narayana [Krsna], non temono alcuna condizione di vita. Per loro i pianeti celesti, la liberazione e i pianeti infernali si equivalgono, perché tali devoti sono interessati soltanto a servire il Signore. (Srimad-Bhagavatam 6.17.28) I devoti non desiderano raggiungere Svargaloka né evitare di andarci. Essi sono soddisfatti: “Dovunque Krsna mi tenga, va bene. Non importa se è il paradiso o l’inferno.” Si sentono così perché percepiscono Krsna dentro di loro e sono interessati solo a Lui.
Dovunque sia presente Dio, la Persona Suprema, quel luogo è Vaikuntha, il mondo spirituale. Il Signore Supremo è nel cuore di ogni essere vivente. I maiali e i cani hanno un cuore e Krsna vi è presente. Questo significa che Krsna vive con i maiali e con i cani? No. Egli vive a Vaikuntha. Ovunque Egli sia, vive a Vaikuntha. Nello stesso modo il devoto vive con Narayana, o Krsna, perciò l’inferno e il paradiso non sono un problema per Lui. Egli è a Vaikuntha. Se Krsna vive a Vaikuntha, anche il devoto vive a Vaikuntha.
I devoti sono interessati a Krsna, Narayana quindi non hanno paura. Il grande saggio Narada viaggia ovunque. Va all’inferno, in paradiso e a Vaikuntha a far visita a Narayana e mentre viaggia, canta i santi nomi del Signore. Il suo compito è quello di illuminare gli altri.
Se va all’inferno, alle anime che vi si trovano consiglia: “Cantate Hare Krsna.” Se va a Indraloka, sui pianeti celesti, darà lo stesso consiglio. Questa è la sua missione. Similmente, coloro che predicano la coscienza di Krsna non devono temere l’inferno o il paradiso. Ovunque vadano predicano semplicemente: “Cantate Hare Krsna.” Questo è il loro compito.
Rifiutare i Desideri Materiali
Si deve diventare akincana, non desiderare niente di materiale, ma solo i piedi di loto del Signore. Il nostro antico maestro spirituale Narottama Dasa Thakura ha scritto, ha ha prabhu nanda-suta, vrsabhanu-suta-juta, karuna karoho ei-baro: “O Krsna, prego Te e Radharani di essere misericordiosi verso di me.” Narottama-dasa koy, na theliho ranga pay: “Sono completamente arreso a Te, non respingermi.” Toma bine ke ache amara. “Non ho nient’altro che i Tuoi piedi di loto.”
Questo è il sentimento di akincana: “Non ho nient’altro che Te. Perciò come puoi respingermi? Dammi rifugio in Te.”
Se penso di avere un altro rifugio oltre ai piedi di loto di Krsna, allora non sono akincana. Sono kincana: ho qualche altra speranza oltre a Krsna.
Akincana significa che la mia unica speranza è Krsna. Nelle sue preghiere, Kunti Devi si rivolgeva a Krsna come ad akincana-gocara: “Tu puoi essere realizzato solo da una persona che non desidera possedere nient’altro.” E Caitanya Mahaprabhu ha detto: niskincanasya bhagavad-bhajanon-mukhasya. Bhagavad-bhajana, l’adorazione del Signore, richiede che una persona sia niskincana, parola che ha lo stesso significato di akincana. Se si desidera godere qualcosa di materiale, non esiste bhagavad-bhajana, perché se si ha anche una piccola traccia di desiderio di godere dei piaceri materiali, non si è ammessi al puro servizio del Signore.
Perciò Krsna dice: sarva-dharman parityajya mam ekam saranam vraja. (Bhagavad-gita 18.66) Egli ci insegna ad arrenderci completamente a Lui. Il bhakti-yoga inizia quando si pensa: “Basta. Basta con il piacere materiale.” Si deve rifiutare perfino il brama-bhutah, il livello della realizzazione del Brahman, in cui una persona pensa: “Sono nel brahmajoti. Sono diventato importante.” No. I devoti rifiutano perfino il brahmajoti. Come Prabodhananda Sarasvati afferma, kaivalyam naraka-yate: “Essere nel brahmajoti è come essere all’inferno.” Questa è la posizione del devoto.
Dobbiamo Desiderare
La bhakti, il servizio devozionale, non è facile, ma nello stesso tempo è facilissimo. Basta un attimo, se lo desideriamo veramente. Krsna dice: “Arrendetevi a Me.” Se lo facciamo, ci troviamo immediatamente al livello della bhakti, ma in realtà non lo vogliamo. Krsna dice chiaramente: “Arrendetevi a Me.” Ma le persone dicono: “Quando Krsna sarà misericordioso con me, allora mi arrenderò.” Che cos’è questa sciocchezza? Krsna ve lo chiede direttamente. Dovrebbe essere ancora più misericordioso? Che tipo di misericordia?
Sono tutte scuse. In realtà le persone non vogliono arrendersi. “Non mi arrenderò a Te, Signore. Inventerò qualche giustificazione, qualche scusa. Questo è tutto.”
Non sappiamo quante volte siamo nati e morti in milioni e milioni di anni. Tuttavia siamo così privi di vergogna che vogliamo rifarlo ancora e ancora. Desideriamo continuare a godere la vita materiale, che consiste soltanto nel mangiare, dormire, fare sesso e aver paura. Questo è l’impegno di ogni essere vivente dal piccolo insetto su fino a Brahma e Indra. Le persone non vogliono interrompere queste attività, al contrario, vogliono migliorarle. “Ora non ho un piatto su cui mangiare, ma se potrò mangiare su un piatto d’oro, questo sarà un progresso.” Un signore mangia piatti gustosi e un maiale mangia gli escrementi. L’atto del mangiare è lo stesso; la differenza è solo una questione di gusto.
Quando a noi devoti viene offerto il cibo su un aeroplano, lo rifiutiamo. Non prendiamo niente sull’aeroplano perché sappiamo di che cosa si tratta, ma il passeggero vicino a noi mangia felice gli intestini di un maiale. Egli prova piacere a mangiare con il suo cucchiaio e la sua forchetta e noi pensiamo: “Oh che cose orribili sta mangiando!”
Dovremmo rifiutare totalmente ciò che è materiale. Questo è niskincana. Non abbiamo niente a che fare con ciò che è materiale, sia che si trovi su un piatto d’oro, sulla strada o sul pavimento. Non c’è alcuna differenza. Nostro dovere è accettare il prasadam, ciò che Krsna ha mangiato. Non abbiamo alcun interesse per le viscere dei maiali, né per piatti gustosi come l’halava e i puri se non sono stati offerti a Krsna. Desideriamo mangiare solo ciò che Krsna ha già accettato.
Coloro che mangiano Krsna prasadam gustano migliaia di buone preparazioni. Perché dovremmo andare al ristorante? Ci sono così tante buone preparazioni offerte a Krsna. Krsna è pronto ad accettare tutto ciò che un devoto Gli offre entro certi limiti. Ci sono persone che dicono: “Posso offrire tutto ciò che mangio,” ma non è questo il metodo. Il metodo è che si deve offrire a Krsna quello che Lui vuole. Quando invitate qualcuno a casa vostra gli chiedete: “Che cosa posso offrirti?” Questa è l’etichetta. L’ospite non deve mangiare qualsiasi orribile cosa gli si offra.
Krsna dice che accetterà l’offerta dei Suoi devoti, ma l’ateo dice: “Oh tu offri molte preparazioni gustose, ma sono ancora lì davanti alla tua Divinità. Non le ha mangiate.” Una persona del genere non sa come mangia Krsna. Krsna può mangiare con gli occhi. Egli può mangiare con il tatto e anche se mangia tutto, può far restare tutto lì. L’ateo non può capire questo, ma il devoto sa: “Krsna mangia e noi prenderemo il prasadam.”
Una Vita Coronata dal Successo
Dobbiamo imparare che cosa è la bhakti. Se progrediamo nel servizio devozionale, perderemo spontaneamente il gusto per le cose materiali. Dobbiamo sapere che impegnandoci nel servizio devozionale possiamo abbandonare il mondo materiale. Il mondo materiale è un luogo dove c’è un pericolo ad ogni passo. Tutti dovranno morire. Perciò prima di morire dobbiamo diventare pienamente coscienti di Krsna. La fine verrà oggi o domani o dopodomani. Nessuno potrà restare qui, ma il successo è ricordare Narayana, Krsna, al momento della morte. Dobbiamo fare pratica. Non pensate: “Morirò domani, ma tu muori oggi, perciò io sono migliore di te.” Nessuno vivrà qui per sempre. Tutti moriranno; dobbiamo essere preparati alla morte. Il devoto non ha paura di morire, perché se è completamente arreso a Krsna, tornerà da Lui, semplicemente arrendendosi a Krsna.
E come ci si arrende? Krsna dice:
man-mana bhava mad-bhakto
mad-yaji mam namaskuru
mam evaisyasi satyam te
pratijane priyo ’si me
“Pensa sempre a Me, diventa Mio devoto, adoraMi e offriMi i tuoi omaggi. Così verrai a Me, senza alcun dubbio. Te lo prometto perché tu sei un amico che Mi è molto caro.” (Bhagavad-gita 18.65)
Krsna ci rassicura. Se faremo solo queste quattro cose, andremo da Lui. La prima è pensare sempre a Krsna. Tutti possono farlo e tutti possono offrire a Krsna patram puspam phalam toyam: un frutto, un fiore, una foglia o dell’acqua. (Bhagavad-gita 9.26) Tutti possono sentir parlare di Krsna e imparare ciò che Lo riguarda. Dov’è la difficoltà?
La difficoltà è che vogliamo godere in questo mondo materiale. Ma il devoto non è attratto dal mondo materiale e neppure dai pianeti celesti. Il devoto non è attratto né dalla liberazione né dalla perfezione dello yoga. Le persone che desiderano queste cose non sono mai serene. Coloro che cercano il piacere materiale lavorano duramente per i vantaggi materiali o per essere elevati ai pianeti celesti. Coloro cercano la liberazione si sottopongono a severe austerità e penitenze per entrare nell’energia spirituale impersonale. Anche gli yogi lavorano duramente. La pratica dello yoga non è molto facile, specialmente in quest’era.
Il nostro bhakti-yoga è molto facile. Basta fare le quattro cose che Krsna ci chiede. Praticate la bhakti, il servizio devozionale e rifiutate qualsiasi altra cosa. Questo farà della vostra vita un successo.
Vi ringrazio moltissimo.
KRSNA
Il Signore del Paradosso
Come può Dio essere in ogni cosa e non in ogni cosa?
— Una breve analisi della Bhagavad-gita 9.4, 9.5 e 9.6
di Satyaraja Dasa
La Bhagavad-gita è uno degli eterni testi di saggezza del mondo. Poiché offre la conoscenza della Verità Assoluta, alcuni suoi versi sono di difficile comprensione. Pochi sono difficili quanto i versi quattro e cinque del capitolo nono: “Questo intero universo è pervaso da Me, nella Mia forma non manifestata. Tutti gli esseri sono in Me, ma Io non sono in loro. Tuttavia niente di ciò che è creato è in Me. Guarda la Mia potenza mistica! Sono il sostegno di tutti gli esseri viventi, sono presente in ogni luogo, eppure non sono parte di questa manifestazione cosmica in quanto Io Stesso sono la fonte della creazione.”
Che cosa intende dire Krsna? Innanzitutto Egli afferma di pervadere l’universo nella Sua forma non manifestata (avyakta murti o Brahman). Abbastanza chiaro: Dio è onnipervadente. Poi Krsna dice che tutti gli esseri sono in Lui. Va bene, se Egli è ovunque, allora tutti gli esseri sono in Lui. Nessun problema, ma poi c’è qualcosa che lascia perplessi: Egli afferma di non essere in loro.
Questo è l’inizio della parte difficile. Chiunque abbia anche occasionalmente studiato la Gita – in particolare la Bhagavad-gita Così Com’è di Srila Prabhupada – sa che Dio è in ogni cosa come Anima Suprema, conosciuta in sanscrito come Paramatma. Allora che cosa intende dire Krsna con le parole “Io non sono in loro,” se la Sua presenza in ogni cosa viene confermata in tutta la letteratura vedica?
Dopo aver negato la Sua presenza in tutti gli esseri, Egli afferma che tutto non è in Lui. Questo è in forte contraddizione con la Sua affermazione del verso precedente, in cui dichiara l’opposto. Perfino Baladeva Vidyabhusana, il famoso commentatore Gaudiya Vaisnava del diciottesimo secolo, afferma che questa è una contraddizione e chi studia seriamente la Gita deve chiedersi: “Come si potrebbe risolvere questa contraddizione?”
In verità Baladeva suggerisce che quando Krsna afferma “Guarda la Mia potenza mistica” (pasya me yogam aisvaram), sta cercando di risolvere questa contraddizione. Baladeva afferma però che questa non è una vera soluzione, ma piuttosto l’attestazione che in realtà le parole umane non possono spiegare il Signore: Dio ha una potenza inconcepibile (acintya-sakti).
Ovviamente Dio non è limitato dalla nostra logica materiale. Egli è il creatore della logica e come tale la trascende. Perciò Egli è il Signore del paradosso. Secondo il dizionario, un paradosso è un’apparente contraddizione che tuttavia è vera; è qualcosa che mostra aspetti inesplicabili o contraddittori. Ecco un esempio tratto dall’opera della poetessa Mary Shelley: “Il silenzio della mezzanotte, per la verità, sebbene possa apparire paradossale, risuonava nei miei orecchi.”
Troviamo un esempio particolarmente chiaro della natura paradossale di Krsna nella Sri Isopanisad (Mantra 5): “Il Signore Supremo Si muove e non Si muove. Infinitamente lontano, Egli è anche molto vicino. Egli è all’interno e anche all’esterno di tutto ciò che esiste.” Prabhupada nel suo commento spiega:
Le affermazioni contraddittorie presenti in questo verso sono la dimostrazione delle inconcepibili potenze del Signore. “Egli cammina e non cammina.” Generalmente, se qualcuno può camminare è illogico dire che non può camminare. Tuttavia in riferimento a Dio, tale contraddizione serve a indicare il Suo potere inconcepibile. A causa della nostra conoscenza limitata, non possiamo risolvere queste contraddizioni, perciò tendiamo a ridurre il potere del Signore sulla base del nostro limitato livello di comprensione. I filosofi impersonalisti della scuola Mayavada, per esempio, accettano solo le attività impersonali del Signore e rifiutano il Suo aspetto personale. Coloro che aderiscono alla scuola Bhagavata, invece, adottano la concezione perfetta del Signore considerando inconcepibili le Sue potenze e comprendendo che Egli è dotato sia di un aspetto personale sia di un aspetto impersonale. I bhagavata sanno che senza le Sue potenze inconcepibili, l’espressione “Signore Supremo” sarebbe priva di significato.
I due versi della Gita in questione, però, sono più che semplici riconoscimenti dell’inconcepibile potenza di Dio. Guardiamo questi versi più da vicino.
Al di là dei Nostri Sensi
Con l’espressione “ forma non manifestata” (avyakta-murti), Krsna spiega che sebbene sia sempre presente, noi non Lo possiamo vedere con i nostri sensi grossolani. Il commento di Srila Prabhupada chiarisce questo concetto grazie a un verso del Padma Purana, il quale afferma che la forma, le qualità e i divertimenti di Krsna, tutti di natura spirituale, non possono essere percepiti dai sensi materiali. Prabhupada però aggiunge subito che quando un’anima prigioniera dell’energia materiale si risveglia alla coscienza di Krsna, la piena comprensione e la percezione di Krsna gradualmente si manifestano.
In questo verso iniziale Krsna ci parla della Sua simultanea trascendenza e immanenza: Egli è estraneo alla materia e nello stesso tempo ne costituisce il vero fondamento. Egli ha già fatto riferimento a questa complessa relazione nei versi 7.4-5 della Gita. Egli è distinto dal mondo materiale sebbene esso poggi sulla Sua energia. Egli è la fonte del mondo materiale e lo mantiene, ma non dipende da esso né esso incide sull’essenza della Sua natura. Egli è libero dalla natura materiale, ma essa non è libera da Lui.
Questo si allinea bene con il commento di Ramanuja, famoso maestro del decimo secolo, il quale scrive che il verso 9.4 può essere letto anche come segue: “ Io sostengo tutti gli esseri, ma non sono sostenuto da loro.” Qui non c’è alcuna contraddizione.
I commenti dei grandi acarya spiegano in questo modo il 9.4, ma poi abbiamo il 9.5: “Tuttavia niente di ciò che è creato è in Me.” Una chiara contraddizione come Baladeva Vidyabhusana ha osservato.
C’è un modo semplice per comprendere questo. Krsna ci ricorda qui la Sua trascendenza. Sebbene tutto sia in Lui, almeno nel senso che tutto dipende da Lui, Egli è fondamentalmente distaccato ed è nella Sua dimora aldilà del mondo materiale.
Nella sua spiegazione Prabhupada evoca l’immagine di Atlante, che sostenendo il mondo sulle spalle, appare stanco come se fosse in grado di compiere questa impresa solo con un grandissimo sforzo. Krsna non è così, ci dice Prabhupada, il coinvolgimento di Krsna nel mondo materiale non impegna minimamente le Sue energie. Infatti Egli gestisce la materia per mezzo di manifestazioni come il Brahman e il Paramatma, mentre la Sua forma originale rimane libera di godere attività trascendentali nel mondo spirituale.
Per aiutarci a comprendere la Sua inconcepibile e mistica relazione con il mondo materiale, il Signore offre l’analogia del verso successivo (9.6) in cui possiamo trovare una soluzione perlomeno parziale al dilemma: “Come il vento possente che soffia in ogni direzione rimane sempre nello spazio etereo, sappi che tutti gli esseri creati rimangono in Me.” In altre parole, Krsna è lo sfondo che dà significato alla realtà. Egli è come il filo che dà forma e sostanza ad una stoffa.
Il cambiamento non può essere percepito senza avere l’immutabilità come sfondo. Un miraggio non ha significato senza lo scenario del deserto, un film non può essere visto senza lo schermo cinematografico. E senza il cielo il vento non saprebbe dove soffiare. Nello stesso modo, sebbene Krsna sia completamente distaccato – non è in tutti gli esseri e tutti gli esseri non sono in Lui – Egli è anche qui presente, sostanzialmente collegato con tutti e con tutto come il fondamento stesso di tutto.
Dilemma Risolto?
Il maestro spirituale di Baladeva Vidyabhusana, Srila Visvanatha Cakravarti Thakura, pone una domanda che potrebbe essere aggiuntiva al problema dell’inconcepibilità di Krsna espressa in questi versi: poiché Krsna ha spiegato sia con analogie sia con la descrizione della Sua acintya-sakti, o potenza inconcepibile, come si potrebbero comprendere questi versi della Bhagavad-gita, non ha già risolto il dilemma? La Sua spiegazione non ha reso concepibile l’inconcepibile? “Se è così” scrive Visvanatha “allora come può il potere mistico del Signore essere inconcepibile come Egli Stesso dichiara dicendo ‘Guarda la Mia potenza mistica’? Dopo tutto ora noi abbiamo un modo concepibile per comprendere la Sua potenza mistica.” Visvanatha Cakravarti poi risponde alla sua stessa domanda: “L’esempio del cielo viene proposto per dare alle persone comuni un’opportunità di cominciare a comprendere questo argomento.” Qui la parola significativa è “cominciare”. Senza dubbio l’argomento di Dio e delle Sue inconcepibili potenze è proprio così – inconcepibile. Tutto quello che possiamo sperare è un accenno, il gusto di questa inconcepibile verità. In verità Krsna dice che possiamo comprenderLo come Egli è soltanto con il servizio devozionale disinteressato (11-54). Ed anche allora Lo possiamo conoscere solo nella misura in cui Egli sceglie di rivelarSi.
Concludendo, diciamo senza dubbio dire che i versi trattati possono essere compresi in un modo semplice e diretto. Dopotutto Krsna fa una chiara distinzione tra la Sua manifestazione come Brahman, una forza che tutto pervade, e la Sua basilare forma di Bhagavan, Dio, la Persona Suprema. Con la Sua manifestazione impersonale e la Sua energia espansiva Egli pervade la creazione cosmica. Questo è ciò che dice all’inizio di questi versi, tuttavia Krsna rimane distaccato – questo è il Suo modo di rimarcare che la Sua onnipervadenza non coinvolge la Sua personalità trascendentale la quale rimane la vera fonte della creazione.
Prabhupada fa riferimento a questo nella sua spiegazione, quando dice: “I sistemi planetari fluttuano nello spazio e questo spazio è l’energia del Signore Supremo, ma Egli è distinto dallo spazio. Egli ha una posizione diversa.” Perciò tutto è nell’energia di Dio, che è un aspetto della Sua natura che esiste di per sé, ma tutto non è in Lui come Bhagavan, la Persona di Dio, che è completamente “distinta”.
Sebbene questi versi possano essere compresi in questo modo, in ultima analisi si riferiscono ai misteri più elevati della natura di Dio e per questo Baladeva Vidyabhusana ne riconosce lo status di contraddizione. Se si contemplano questi misteri sotto la guida di un maestro in coscienza di Krsna, grandi verità si paleseranno gradualmente e Krsna Si rivelerà completamente.
Satyaraja Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, è un collaboratore di BTG. Ha scritto più di venti libri sulla coscienza di Krsna. Vive a New York City.
DIKSA SENZA TAPA
Iniziazione Solo di Nome
Il controllo volontario e l’accettazione di una disciplina sono parti essenziali dell’iniziazione Vaisnava.
di Krpamoya Dasa
Conoscete la storia di quell’uomo che arrivò ai cancelli del nostro tempio di Mayapur, nel Bengala occidentale, per vendere gelati? Aveva uno di quei tricicli molto comuni in India – quelli con una cassetta frigo sul retro. Niente si vende meglio di un gelato in una giornata afosa, solo che lui non vendeva gelati.
Aprì il coperchio della cassetta frigo, tirò fuori un campanello e dei fogli di carta e cominciò a suonare il campanello gridando: “Diksa! Diksa!” [“Iniziazioni! Iniziazioni!”] Vendeva diksa e, come di solito accade, li offriva a buon prezzo: “Diksa doh rupya!” cioè “Diksa, a due rupie!” Sebbene coloro che si sono formati nel movimento Hare Krsna non abbiano interesse per questo tipo di “iniziazione”, alcuni visitatori del tempio si riunirono di fatto intorno a lui, esaminarono i fogli e tirarono fuori il denaro.
Questo tipo di diksa è comune in alcune parti dell’India. Pagando una somma si riceve un certificato d’iniziazione, un documento che conferisce una certa qualifica spirituale e i diritti di appartenenza ad una comunità religiosa. Una persona riceve una benedizione e diventa un adhikari, “uno a cui è stato concesso il diritto”. Con un investimento di denaro relativamente modesto, anche tu puoi diventare una persona più qualificata di quanto non fossi ieri. Ancora più importante è che puoi parlare con gli altri del tuo stato sociale ora più elevato. Il tuo Certificato Diksa, con firma autografa del guru, può anche consentirti di accedere ad alcuni luoghi ed è molto utile quando desideri partecipare a ricevimenti o festival particolari.
L’Aristocrazia Inglese senza Terra
Qui in Inghilterra abbiamo una lunga storia del bisogno fondamentale dell’umanità di avere questo genere di riconoscimenti. Uno degli episodi più istruttivi della storia della nostra nazione fu la Conquista Normanna. Sebbene non ci sia gradito parlare di tutte le occasioni in cui siamo stati battuti dai Francesi, ogni scolaro inglese conosce la data del 1066, quando i francesi del nord invasero la Britannia, sconfissero il re Harold nella battaglia di Hastings e non tornarono più a casa.
Il vittorioso Guglielmo il Conquistatore fece redigere il Domesday Book, un registro che annotava tutti i villaggi e i terreni. Egli procedette poi a distribuire quei villaggi e grandi estensioni di terra a tutti i suoi amici, dando loro ranghi e titoli in base alle loro proprietà terriere. Così nacque l’aristocrazia inglese con tutti i suoi lord, conti, duchi, baroni e visconti. Perfino oggi, quasi mille anni dopo, solo duecento famiglie inglesi possiedono ancora metà delle terre in Gran Bretagna.
Inoltre, col passare dei secoli, molti piccoli aristocratici vendettero le loro terre, tenendosi solo il titolo ereditario. Successivamente perfino i titoli sono stati venduti, dando agli acquirenti la distinzione di un nome potente per tradizione, ma privo di qualsiasi ricchezza o potere.
Così oggi, bastano 2500 sterline per diventare ufficialmente noto come Barone Tal dei Tali, barone di tre villaggi, ma senza averne il possesso. Si riceve una bella dichiarazione scritta a mano con bei caratteri su pergamena, a volte con una data che risale a 300-400 anni prima. Secondo la legge britannica sarà tuo il diritto legale che gli altri si rivolgano a te usando il tuo nuovo nome e che firmi con quello stesso nome in tutti i documenti ufficiali.
Ma riguardo alla proprietà della terra che il titolo in origine conferiva al suo proprietario, non riceverai niente.
Nessuno schiavo si leverà il cappello quando passerai sul tuo cavallo bianco nel “tuo” villaggio. Non avrai neanche alcun diritto sul raccolto. In verità non avrai alcun potere su nessuno né su niente se non quello di contemplare dal divano il tuo certificato ben incorniciato che ti proclama membro dell’aristocrazia inglese.
Diksa in Vendita
Perché vi dò questa lezione di storia inglese? Perché come su Internet vengono venduti titoli nobiliari inefficaci, i quali non conferiscono al loro proprietario nient’altro che un nuovo nome e un’ostentazione boriosa, così oggi il diksa viene venduto per poche sterline – a volte addirittura per niente – dando solo l’idea di un risultato spirituale o religioso. I tricicli sono arrivati in occidente.
Il diksa è il processo con cui veniamo illuminati con la conoscenza trascendentale e intraprendiamo un percorso spirituale sotto la guida di un maestro autentico. Non è qualcosa che possiamo prendere da una cassetta frigo sul retro di un triciclo. Il suo vero valore è l’impegno, che si dimostra non solo con un adattamento intellettuale delle proprie convinzioni, ma soprattutto con una forma di controllo volontario e con l’accettazione di una disciplina in quanto parti essenziali dello sforzo richiesto per una crescita interiore. Come in tutte le vicende della vita: senza fatica non ci sono risultati. Si dice che quest’austerità personale o tapa sia la vera capacità di acquisto delle persone che progrediscono spiritualmente. Tapa è “la ricchezza dei brahmana”.
Quando Brahma, il primo essere creato nell’universo, era confuso sulla sua origine e sulla sua vera identità, cercò di scoprire la verità con i propri mezzi. Solo dopo che ebbe udito le sillabe divine ta-pa, che risuonarono oltre l’universo, egli comprese di doversi impegnare nella meditazione.
Nel Vaisnavismo classico il guru non concede il diksa senza che il futuro discepolo abbia dimostrato qualche personale forma di tapa. Alzarsi presto, lavarsi, mangiare con frugalità seguendo una dieta basata su verdura, frutta e cereali, cantare i santi nomi del Signore secondo un voto che ne fissa il numero (nell’ISKCON questo significa sedici volte i 108 grani), impegnarsi in piccoli servizi al guru, rinunciare alle azioni peccaminose (come l’uso d’intossicanti, la pratica del sesso illecito, il gioco d’azzardo e il cibarsi di carne, pesce o uova) e mettersi agli ordini del maestro spirituale – tutti questi sono prerequisiti per il diksa.
Senza tapa, il vero diksa non si realizza. Anche se le formalità esterne vengono esplicate e i titoli concessi, non si realizza veramente alcuna sostanziale trasformazione interiore.
Il libro Panca Samskara, scritto da Srila Bhaktivinoda Thakura nel 1885, illustra le cinque componenti essenziali dell’iniziazione Vaisnava e risponde alla domanda sul perché, dopo tale iniziazione, sembra che alcuni Vaisnava non progrediscano:
La risposta è che il samskara Vaisnava è il migliore, ma al momento attuale viene praticato solo nominalmente. Sia il maestro spirituale che il discepolo bloccano il loro avanzamento spirituale perché si accontentano dei soli aspetti esterni del samskara. Oggi il significato più profondo del samskara non viene compreso. Quando lo studente si sottomette al maestro, questi gli dà il panca-samskara e poi lo abbandona. Da un panca-samskara di questo tipo che cosa può venire di buono? Esteriormente lo studente sembra buono, ma interiormente non c’è niente.
La lingua pronuncia il nome di Hari ... ma lo studente è dedito a continue pratiche peccaminose. Di notte, prende intossicanti e pratica ogni sorta di dissolutezze! O bravo maestro, in quale modo hai beneficiato il tuo discepolo? Che cosa è cambiato in lui prima e dopo il diksa? In effetti, egli è diventato peggiore. È un ipocrita. Non ha rimorsi: “Sono un peccatore. Sono colpevole. Come posso smettere di peccare?” Oggi nessuno pensa in questo modo quando prende rifugio in un maestro spirituale. Le attività colpevoli sono compiute senza la minima preoccupazione. Che sfortuna!
Perché succede questo? Succede a causa dell’errato tipo di relazione che esiste tra maestro e discepolo. Gli sastra [le Scritture] regolano questa relazione, ma non vengono seguiti. Lo studente che brucia nel fuoco della vita materiale e analizza la sua difficile situazione concludendo: “La mia relazione con la natura materiale non è permanente; devo perciò prendere rifugio in un maestro spirituale per ottenere i piedi di Dio” ha raggiunto il livello della fede ed è qualificato per prendere rifugio in un maestro spirituale. Il maestro dovrebbe osservare lo studente per un anno e verificare la sua purificazione. Questo si chiama tapa, il primo samskara di un’anima sincera.
Il termine tapa si traduce con “pentimento, espiazione e l’impronta permanente di un sentimento più elevato sull’anima). Tapa riguarda non solo il corpo, ma anche la mente e l’anima. Se è solo fisica, nel senso di marchiare o di imprimere [la consuetudine di segnare la parte superiore del corpo con i simboli di Visnu], allora tapa non si realizza veramente e la pratica religiosa diventa ipocrita. Oggi questo tipo d’ipocrisia ha indebolito la cultura Vaisnava. Senza tapa o pentimento interiore, l’anima non può vivere da Vaisnava. Senza tapa l’intero percorso diventa inutile. Senza tapa il cuore rimane impuro. Perciò, cari amici, affrettatevi a cercare di espiare!
Questo giudizio apparentemente allarmista delle pratiche negative del diksa Vaisnava degli anni successivi al 1880 voleva essere una forte critica ai guru del tempo da parte di Bhaktivinoda Thakura. Tuttavia esso rimane anche un avvertimento costante per tutti coloro che in futuro accetteranno aspiranti discepoli. Perché questi severi ammonimenti da parte di un Vaisnava di solito compassionevole e gentile? Perché la tendenza di molti aspiranti profeti, filosofi e messia – perlomeno di quelli che desiderano essere subito riconosciuti come tali nella società – è quella di riunire il maggior numero possibile di seguaci e perché la tendenza di questi aspiranti discepoli è di ottenere un riconoscimento con il minimo dello sforzo e dell’impegno possibile.
Queste tendenze creano la forte probabilità che guru non sinceri e seguaci non impegnati s’incontrino, producendo una situazione che si è ripetuta più volte nel corso dei secoli. Il risultato è che in ogni caso il vero e autentico diksa risulta messo in ombra da errate concezioni popolari.
Un’Emigrazione verso Occidente
Per molti secoli sia l’originale sistema vedico del diksa sia la sua pallida ombra sono rimasti confinati in India. A partire dagli anni ’50 tuttavia swami, yogi e guru sono venuti nei Paesi occidentali ad offrire vari tipi di diksa. Trovando i loro seguaci occidentali in qualche modo contrari al tapa, hanno ridotto le loro richieste per attrarre pubblico.
Per molti anni i Gaudiya Vaisnava, devoti di Krsna della linea di Sri Caitanya Mahaprabhu, sono stati immuni da questa pratica. Nell’ambito dell’ISKCON, grazie alla vigilanza personale del suo fondatore-acarya, Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, i Vaisnava occidentali si sono conformati allo standard del tapa prescritto dalle Scritture. Recentemente però c’è stato un marcato aumento di diksa caratterizzati da un minore livello di richieste. Mentre i predicatori Gaudiya Vaisnava cercano d’emulare Srila Prabhupada e i suoi successi, alcuni hanno cominciato a dare “iniziazioni” in cui si lasciano da parte le tradizionali richieste del tapa personale, il reciproco minuzioso esame tra guru e discepolo e i consueti livelli di protezione affettuosa offerta dal guru al discepolo dopo il diksa.
Il risultato è un crescente aumento del numero di coloro che ora ottengono nomi spirituali con i suffissi di Dasa e Dasi. Sfortunatamente, come quei baroni e duchi con i certificati incorniciati, coloro che hanno comprato i loro diksa senza tapa potranno rendersi conto che la sola cosa che è cambiata è il loro nome.
A Krpamoya Dasa, discepolo di Srila Prabhupada, piace guidare discussioni sulla Bhagavad-gita per piccoli gruppi di membri dell’ISKCON in tutta l’Inghilterra meridionale. Egli è sposato ed ha tre figli.
L ’AMICA DI MAYA LA N0RMALITÀ
Le Scritture vediche rivelano che Mayadevi, la potenza illusoria di Sri Krsna, opera con alcune energie che hanno la capacità di far apparire normale la vita materiale.
di Padma Devi Dasi
Mentre svolgiamo le nostre attività quotidiane nel mondo materiale, siamo continuamente a confronto con la normalità o l’anormalità dell’esistenza materiale. In altre parole veniamo costantemente sottoposti all’idea che la vita materiale, con tutta la sua razionalità materiale, costituisca la vita normale e che questo sia il mondo a cui apparteniamo. Come afferma Srila Prabhupada invece la vita materiale, priva d’amore per Sri Krsna e del servizio a Lui diretto, in realtà è anormale.
Nel dominio dell’esistenza materiale è Mayadevi, la personificazione della potenza illusoria di Krsna, che convince le anime spirituali incarnate che la vita materiale è normale. Riflettete sulla seguente conversazione tra Maya, Norma (un personaggio fittizio inventato apposta per rappresentare l’abilità di Maya a far apparire normale la vita materiale) e John (che rappresenta una tipica persona condizionata dalla materia):
Mayadevi: Salve John, questa è Norma. Ti ho parlato di lei. È una delle mie più vecchie amiche.
John: Salve Norma. Maya mi ha parlato di te. Sei una psicologa, vero?
Norma: Sì... Mi occupo delle persone che hanno problemi d’identità. Cerco di aiutarle a trovare se stesse, a trovare il loro vero sé.
John: Oh ... interessante. Usi qualche metodo particolare nella tua attività?
Norma: Sì... Supponiamo che tu sia uno dei miei clienti. Cercherò di farti pensare a ciò che più di tutto può farti sentire normale. Dimmi – in quali circostanze ti senti di più nelle tue abitudini, più normale? Quando ti senti più a tuo agio?
John: Potrei dire che accade quando lavoro in ufficio ... o quando gioco con i bambini ... Cose del genere.
Norma: Ma in quale momento ti senti particolarmente normale, più che in ogni altra occasione?
John: Mmm ... Suppongo che sia quando penso a come ho avuto successo nel creare una vita agiata per me e per la mia famiglia, a come questo mi abbia dato un senso d’appartenenza a questo mondo...una sensazione di successo. Penso che sia questo. È anche sapere che ho fatto tutto da solo – non ho avuto bisogno di nessun altro per riuscirci.
Norma: Magnifico! Bene, questo è ciò che realmente sei – un uomo di azione, che è riuscito ad avere successo in questo mondo senza dipendere dagli altri. Così è come sei realmente, John, e dovresti esserne orgoglioso!
John: Caspita! Penso che tu conosca veramente il tuo mestiere! Ho sempre pensato che la mia vera identità fosse nel profondo di me stesso, in un luogo a cui potevo accedere solo con la meditazione e lo yoga... sai... una cosa di tipo spirituale.
Norma: Bene, John, la verità è che nessuno ha mai scoperto la propria identità facendo yoga. Non è questo il metodo. Hai bisogno di trovare qualcosa che ti faccia sentire a posto, molto rilassato e a tuo agio. Questo accade quando sei veramente in contatto con te stesso.
John: Sì... Penso di sì...
Come pura devota del Signore Supremo, il servizio di Mayadevi a Krsna consiste nell’indurre le anime incarnate a pensare che la loro identità sia materiale anziché spirituale e che l’ambiente materiale sia il loro ambiente normale. La potenza attraversi cui essa illude l’anima con questi pensieri si chiama avaranatmika sakti, un’energia data da Krsna che la rende capace di coprire la coscienza pura e originale dell’anima con qualsiasi desiderio materiale le si manifesti nel cuore. L’altra potenza di Mayadevi, detta praksepatmika sakti, le permette di tirare o gettare l’anima spirituale giù nel mondo materiale è d’immergerla nella vita materiale. Combinando queste due potenze, Mayadevi molto abilmente opera sull’energia materiale per illudere le persone incarnate con un falso senso di che cosa sia la normalità.
La potenza avaranatmika insinua l’idea: “Sto bene nella mia attuale situazione; va tutto bene nella mia vita materiale. Perché dovrei cambiarla?” Come Srila Prabhupada spiega:
Questo incanto di maya è chiamato avaranatmika sakti, perché è così forte che l’essere vivente è soddisfatto in qualsiasi condizione, per quanto abominevole essa sia. Anche nascendo come un verme che vive nell’intestino o nell’addome, tra le urine e gli escrementi, si sentirà soddisfatto.
(Srimad-Bhagavatam 4.7.44, Spiegazione)
Nel terzo canto dello Srimad- Bhagavatam (3.30.4) Sri Kapila afferma che “in qualsiasi specie di vita l’essere nasca, può sperimentare una forma particolare di soddisfazione, tanto che non è mai scontento della sua condizione.” Sopraffatti da questa illusione, gli esseri incarnati non capiscono se sono felici o infelici, fortunati o sfortunati e via dicendo. Essi non possono neppure comprendere che la potenza avaranatmika di Mayadevi ha tolto loro la capacità di distinguere tra ciò che è falso e ciò che è normale. Gli esseri incarnati di conseguenza accettano l’apparenza di ordinarietà, razionalità e familiarità indotte da Mayadevi come la normalità.
All’inizio la potenza avaranatmika s’insinua nella coscienza dell’anima incarnata per mezzo di alcune forme d’identità materiale. Dopo aver raccolto un numero illimitato di impressioni dal mondo materiale, la mente e l’intelligenza dell’essere incarnato offrono all’anima spirituale pura un tipo di “falsa identità preconfezionata”, fondata su queste impressioni. L’anima intrinsecamente pura deve perciò scegliere se accettare o rifiutare quello che le viene offerto. Se l’anima accetta l’offerta, la potenza avaranatmika di Mayadevi fa sì che la scelta di questa persona sembri la cosa normale o naturale da fare. Mayadevi allora facilita il percorso dell’anima basato su una particolare identificazione materiale. Per le anime che respingono l’offerta, Mayadevi ritira le sue potenze permettendo loro di progredire verso la realizzazione della propria identità spirituale, la loro vera identità. Questo è il servizio di Mayadevi.
La Magia della Diversione
Per mezzo della sua potenza praksepatmika, definita come la sua “magia della diversione” (Caitanya-caritamrta, Madhya 20.6 Spiegazione) Mayadevi spinge le anime spirituali a rimanere nell’esistenza materiale, costringendole ad accettare motivazioni per rimanere imprigionate nella vita condizionata. Convincendole che la vita spirituale è per gli sciocchi, l’energia praksepatmika spinge le anime spirituali lontano dalle attività religiose per mezzo di argomentazioni contrarie. L’energia prasepatmika opera quindi in antitesi con la vita spirituale, facendo apparire anormale o non attraente il percorso della realizzazione spirituale. L’anima spirituale confusa impara quindi a pensare che la vita spirituale sia anormale e innaturale, o forse adatta a persone fanatiche, estremiste, depresse a livello emotivo o meno intelligenti. Al minimo l’essere incarnato che rimane vittima di queste influenze della potenza praksepatmika di Mayadevi è sopraffatto dal pensiero: “La vita spirituale non è proprio per me.” Prabhupada scrive:
Quando una persona cerca di diventare cosciente di Krsna, la praksepatmika-sakti suggerirà: “Perché vuoi aderire all’associazione per la coscienza di Krsna? In essa ci sono molte limitazioni e un’infinità di regole. Meglio non farne niente.” L’anima condizionata allora pensa: “Sì questa coscienza di Krsna è una sciocchezza. Meglio lasciar perdere.” (Dharma: The Way of Transcendence, Capitolo 10)
I concetti relativi alle nostre esperienze materiali giornaliere sono spesso distorti, deviati ed esagerati a causa del nostro profondo condizionamento dovuto all’energia materiale. Ci sembra di sperimentare i risultati di piani che noi stessi abbiamo fatto per la nostra prosperità materiale, quando in realtà incontriamo solo le reazioni delle nostre attività passate. All’interno di questa situazione, seguendo le richieste dei sensi materiali, facciamo del nostro meglio per accettare come normali le nostre debolezze materiali e i loro effetti conseguenti. Questi tentativi degli esseri incarnati di normalizzare le proprie sofferenze nel mondo materiale sono anch’essi sintomi della contaminazione causata dalle potenze avaranatmika e praksepatmika di Mayadevi. Misericordiosamente queste due potenze finiscono col suggerirci proprio le nostre argomentazioni a favore della vita materiale.
Illusioni Sofisticate
Dovremmo essere così saggi da non sottostimare la raffinatezza e la forza delle capacità normalizzanti e antinormalizzanti di Mayadevi, la sua abilità di confonderci su cosa sia normale o anormale per l’essere spirituale eterno. Essa è capace di disorientare e in questo modo ostacolare sia i principianti sia le persone più avanzate spiritualmente. Anche se siamo stati devoti per tanti anni corriamo il rischio di essere esposti a queste potenze e di esserne sopraffatti. Esse spesso guadagnano terreno in modi nascosti e non prevedibili: “Maya, l’energia che è alla base di tutta l’esistenza materiale, è più sottile dei comuni fenomeni.” (Srimad-Bhagavatam 10.85.44, Spiegazione). Ecco un esempio degli effetti sottili delle potenze di Maya: “Maya è così sottile che se anche una persona riesce ad evitare di sentir parlare di sesso, denaro e ateismo, e anche se si unisce a un’associazione di devoti, può ancora diventare vittima dell’orgoglio e dell’ipocrisia.” (Narada-bhakti-sutra, 4.64, Spiegazione). L’orgoglio e l’ipocrisia sono certamente qualità tanto infauste da trasformare uno spiritualista in un materialista.
In sostanza, le potenze avaranatmika e praksepatmika sfidano la nostra perfezione di normalità. Mentre possiamo essere in grado di comprendere la filosofia di ciò che costituisce una vita normale (o spirituale) e di una vita anormale (o materiale), le nostre esperienze quotidiane possono facilmente confonderci. Come persone dedite all’avanzamento spirituale desideriamo sentirci comodi ma non rilassati; vogliamo essere dedicati ma non fanatici; vogliamo essere arresi all’autorità spirituale e tuttavia mantenere una certa indipendenza e vogliamo avere la sicurezza di essere sulla strada giusta ma anche di andare per la nostra strada. In queste circostanze facciamo del nostro meglio per identificare le linee sottili che separano la nostra coscienza spirituale da quella materiale. Cioè facciamo del nostro meglio per comprendere che cosa costituisce la nostra coscienza normale e che cosa costituisce quella anormale. La fiducia nella conoscenza che traiamo dalle Scritture vediche può potenziare la nostra percezione di queste differenze.
Secondo Srila Prabhupada, vita normale significa amare Krsna. Questo significa sperimentare l’amore che Krsna ha per noi come Sue parti. Significa essere attratti dai divertimenti di Krsna e desiderare di compiacerLo. Quando siamo influenzati dall’energia spirituale interna di Krsna anziché dalla Sua energia materiale esterna, possiamo esser certi che stiamo sperimentando una vita normale – quella spirituale – che è sinonimo di coscienza spirituale. Approfondendo questa comprensione di che cosa è normale, di che cosa è usuale, di che cosa è inerente al nostro sé spirituale, possiamo abbandonare tutte le nostre ingombranti anormalità per tornare alla nostra intrinseca e serena esistenza di amore per Krsna. Come Prabhupada ha detto:
Essendo parti integranti di Krsna la nostra tendenza naturale è servirLo. Una tendenza naturale non è artificiale. Quando dimenticate Krsna questo è artificiale. Perciò la nostra vita normale significa amare Krsna, servirLo. Questa è la nostra vita normale. Se non serviamo Krsna la nostra vita è anormale, una vita da pazzi. (Conversazione, 1975 a Nairobi)
Padma Devi Dasi è discepola di Sua Santità Prabhavisnu Swami. Dopo aver completato i suoi studi universitari in Australia, si è trasferita a Vrindavana in India, dove spera di rimanere. Ha intenzione di scrivere e pubblicare libri coscienti di Krsna.
LA FORMA DIVINA
Un artista realizza il suo sogno di trovare la forma perfetta.
di Ananta Sakti Dasa
Quando negli anni ’60 frequentavo la scuola non era difficile rendersi conto che il sistema moderno di educazione era un modo per uccidere la mente e l’intelligenza, un mezzo con cui gli individui erano ridotti a merci confezionate destinate ad essere consumate da una società di sfruttatori. All’età di quattordici anni decisi di diventare un artista/naturalista, il che significava essere spesso assente dalla scuola per frequentare la biblioteca locale ed esplorare le rive dei fiumi, le coste e le zone boschive. In biblioteca, ogni volta che aprivo un libro d’arte m’imbattevo in maestri famosi. Grandi artisti come Picasso, Da Vinci, Gauguin, Raffaello e i Pre-raffaelliti m’insegnarono molto sull’uso del colore, delle tonalità, della composizione e soprattutto dell’espressione immaginativa. Nei grandi spazi aperti, Madre Natura fu una meravigliosa insegnante che mi presentò il miracolo del cambiamento delle stagioni, in cui infinite varietà di creature coesistono in un ecologico paese delle meraviglie.
Con un’ispirazione così grande a disposizione di un artista in erba, da dove potevo iniziare? Pensando di fare un altro tentativo con il sistema scolastico mi recai nella scuola d’arte locale. Il preside della sezione di Belle Arti era un intellettuale ciarliero sempre al settimo cielo, perciò vi rinunciai. Il settore di Disegno Grafico era completamente dedicato alla vendita di prodotti per guadagnarsi da vivere, ma perlomeno era qualcosa di pratico. M’iscrissi, ma i principi della generazione psichedelica a cui appartenevo ebbero un effetto profondo sulla mia coscienza. Avevo bisogno di risposte ad importanti domande sulla vita: Chi sono? Dove vado? Qual è lo scopo della vita?
Conclusi che l’arte è migliore se contiene al suo interno risposte nuove e stimolanti a queste domande, ma quali sono le risposte? Il settore di Disegno Grafico mi avrebbe impegnato solo nella promozione del consumismo, perciò me ne andai.
A quel tempo il mio miglior amico era Ron Holbeche, un cristiano mistico che disegnava tele dai colori vivaci che venivano esposte nelle chiese più progressiste. Egli mi parlava sempre di Dio e del servizio a Dio. Per me era come un guru che affermava continuamente: “L’uomo è fatto per servire Dio.”
Ron ed io desideravamo intensamente la visione di una persona perfetta e ognuno di noi aveva un concetto personale del suo significato. Ron disegnava la silhouette di un giovane Adone usando centinaia di luminosi colori dell’arcobaleno, mentre io ritenevo che una persona perfetta dovesse contenere un’armoniosa combinazione di logica aggressiva e di gentile intuizione. Pensavo che per essere completa, questa figura dovesse essere androgina. Decisi di dipingere questo mio ideale non come un ermafrodita, ma in modo simbolico, con metà corpo maschile e metà femminile, molto simile alla forma Siva-Sakti che si vede nei templi indiani.
L’Incontro con Sri Rama
Fu all’incirca in quel momento che costruii una tenda come quelle degli indiani d’America, vissi in una comune nella foresta e condussi una vita indipendente come ritrattista. Mi specializzai anche nel disegno e nella realizzazione di mocassini ornati di frange e di perline per la comunità hippy. Era una vita impegnata e produttiva.
Poi, come un intervento della provvidenza divina, un amico della scuola d’arte, tornato da una visita a Bangkok, mi donò alcune riproduzioni su carta di riso dei bassorilievi delle Divinità del tempio del Buddha sdraiato.
Sebbene all’inizio non lo sapessi, quelle immagini rappresentavano i divertimenti di Sri Ramacandra. Apprezzai subito la combinazione di squisita delicatezza e di divina irresistibile potenza che Ramacandra personificava mentre sul Suo carro, con l’arco teso, era pronto ad uccidere il Suo malvagio nemico.
Cominciai a lavorare ad una serie di studi su colori di particolari tonalità, basati su queste riproduzioni. Queste forme mi ossessionavano ed ero incapace di farne a meno; per me rappresentavano una dolce perfezione. Successivamente uno dei miei amici, che aveva visitato il santo villaggio di Krsna, a Vrindavana in India, mi disse che quella persona divina era Ramacandra, un’incarnazione del Signore Supremo, Krsna. Egli mi dette alcuni incensi Spiritual Sky (preparati da devoti Hare Krsna) e mi consigliò di offrirne uno ogni giorno all’immagine di Krsna riportata sul pacchetto, cosa che io feci.
Circa in questo stesso periodo ricevetti una visita a sorpresa di qualcuno a cui era stato dato il mio indirizzo. Il suo nome era Carol e proveniva dal tempio Hare Krsna di Toronto. Dopo le presentazioni ella volle insegnarmi un mantra. Io rispondevo tenendo gli occhi chiusi e ripetendo molte volte con rapita attenzione le parole che mi diceva: Hare Krsna, Hare Krsna, Krsna Krsna, Hare Hare/ Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare.
Mentre ero intento a farlo, una bellissima persona dalla carnagione blu dotata di potere indipendente, molto simile all’immagine sul pacchetto degli incensi, penetrò nella mia coscienza. Egli personificava la felicità ed aveva un corpo di pura energia come zaffiro liquido. Rimasi esterrefatto, benedetto e completamente incapace di parlare. Carol mi aveva presentato il canto dei santi nomi, per il quale le sono eternamente grato.
Subito dopo mi recai a visitare il tempio Hare Krsna di Watford, poco lontano da Londra, ed ebbi il darsana delle Divinità di Radha-Krsna, Sri Sri Radha Gokulananda che lo presiedono. Questo fu probabilmente la rivelazione più intensa che abbia mai avuto. Mi apparve come l’esperienza definitiva deja vu e la mia intuizione acquisì un senso quando i devoti mi spiegarono che tutti noi abbiamo un’eterna relazione d’amore con Dio, che deve semplicemente essere risvegliata con la glorificazione dei Suoi santi nomi.
Poco dopo mi unii al tempio e fui formalmente iniziato. Negli anni successivi ebbi molte occasioni di studiare e glorificare le forme divine del Signore nei Suoi aspetti multiformi e di realizzare anche alcuni studi per i ritratti di Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta Prabhupada.
La Straordinaria Forma Spirituale di Dio
Scoprire la vera forma del più antico dei nostri amici, un amico che ci ha pazientemente guidati e tollerati da tempo immemorabile, rappresenta sicuramente la più grande di tutte le scoperte ed esperienze. Allevato nella tradizione cristiana patriarcale, avevo appreso attraverso l’arte che Dio, essendo il padre originale, doveva apparire come un possente vecchio anglo-europeo con la barba. Egli lancia sguardi severi in tutte le direzioni mentre siede sul Suo trono reale circondato da angeli e luce. Alla minima provocazione scaglia fulmini infuocati su coloro che osano sfidare la Sua autorità.
Questa rappresentazione antropomorfica incute certamente paura e riverenza nel cuore umano, ma una simile invenzione può ispirare amore? Penso di no.
Ritenni che il punto di vista vedico fosse molto più attraente a tutti i livelli. Esso insegna che Dio è al di là dell’influenza del tempo, che Gli è subordinato. Egli pertanto ha una forma eternamente giovane, in cui ogni dettaglio è d’incomparabile bellezza a partire dai Suoi bei capelli neri riccioluti, fino alle Sue radiose unghie dei piedi, che superano lo splendore dei gioielli più preziosi. Occhi vivaci a forma di loto adornano il Suo volto splendente. Ogni aspetto della Sua forma affascina gli occhi in modo insaziabile. Perciò il nome Krsna, che significa “colui che affascina tutti”, è certamente un nome adatto a Dio.
Come artista mi occupo di dimensioni. Se esaminiamo le dimensioni della forma di Krsna rivelate nelle Scritture vediche troviamo che molte misure sono diverse da quelle umane. Le differenze più ovvie consistono nella dimensione della Sua testa in rapporto al corpo e nel fatto che le Sue mani raggiungano le ginocchia. Gli scultori indiani che scolpiscono le Divinità dei templi usano queste dimensioni così come sono definite nei testi di riferimento. Queste misure sono esatte e definiscono le forme della Divinità, distinguendole perciò da ogni tipo di forma umana sebbene ovviamente ci siano delle somiglianze. Nella sacra Bhagavad-gita Sri Krsna dice: “Ma a coloro che Mi adorano con devozione esclusiva meditando sulla Mia forma trascendentale, Io fornisco il necessario e preservo ciò che già possiedono.” Inoltre, nella Brahma-samhita Brahma ci assicura: “Solo chi ha gli occhi unti con il balsamo dell’amore può vedere la meravigliosa forma di Sri Krsna.”
Sebbene non abbia le qualifiche per avvicinarmi a Sri Krsna, i seguaci di Srila Prabhupada mi hanno misericordiosamente impegnato nel servizio a Krsna e in particolare nel dipingere i divertimenti di Krsna e scrivere e illustrare libri che trattano di questo argomento. Per questa benedizione, io sono eternamente grato perché un disegno dei divertimenti di Krsna dà una visione del mondo spirituale. Perciò come artista dell’ISKCON vorrei fare la seguente raccomandazione: abbandonate ogni scetticismo, perché se si ha fede e una mente aperta, quella che appare una statua prende vita e un disegno diventa una finestra sull’altro mondo. L’immaginazione e lo spirito del servizio devozionale danno vita a ciò che in questo mondo sembra essere materia inerte. Perciò se in questo stato d’animo serviamo Sri Krsna, i Suoi devoti e chiunque possiamo servire , saremo felici per sempre. Hare Krsna.
Ananta Sakti Dasa, iniziato nel 1979, vive a Borehamwood in Inghilterra.
LA CONVINZIONE
È possibile la certezza nell’età del dubbio?
di Ravindra Svarupa Dasa
Il dubbio è il motore della mentalità moderna, l’infaticabile macchina che guida lo spirito nella nostra era. Il dubbio fu onorato con un primo riconoscimento nei saggi di Michel de Montaigne, gentiluomo di corte del Rinascimento: “Noi siamo, non so come, duplici dentro di noi, con il risultato che non crediamo a quello in cui crediamo e non siamo capaci di liberarci da quello che condanniamo.”
Ai tempi di Montaigne l’Europa era lacerata da guerre di religione d’intollerabile crudeltà. La certezza assoluta propria dei furiosi antagonisti cominciò a inquinare l’idea stessa di convinzione, ma Montaigne vide più in profondità. Egli screditò la doppiezza che si annida nelle certezze dei fautori della religione. Nel loro zelo egli riconobbe un tipo di copertura, un eccesso di compensazione per una mancanza di fede celata e non riconosciuta: “Noi non crediamo a quello in cui crediamo.”
Nei tempi moderni, l’incredulità è entrata così profondamente nell’essenza della nostra esistenza che sia la mancanza di fede sia la fede sono fondamentalmente diventate due tipi di mancanza di fede.
È la segreta mancanza di fede dei veri credenti che arma gli eserciti della notte nella poesia di Mattew Arnold “Dover Beach” del 1867:
Il Mare della Fede,
era pure, un tempo, in alta marea e attorno
alle rive della Terra giaceva, racchiuso
come le pieghe di una cintura risplendente.
Ma adesso altro non sento
Che la sua malinconia, un lungo ruggito,
E siamo qui, come in una piana che s’oscura
sbattuti tra confusi allarmi di lotte e fughe,
dove eserciti ignoranti si scontrano nella notte.
William Butler Yeats, nella sua poesia profetica e apocalittica “Il Secondo Avvento” del 1919, fa affermazioni infauste:
Crolla ogni cosa; il centro più non tiene;
Anarchia pura esplode contro il mondo;
La sanguigna marea s’innalza e ovunque
La cerimonia d’innocenza è spenta;
Manca ai migliori ogni convincimento
E nei malvagi più intensa è la passione.
Altri naturalmente hanno celebrato l’incredulità – essa dà la liberazione – e hanno fatto proseliti. Lasciate a Friedrich Nietzsche il compito di propagandare l’incredulità in forma di pillole non facili da inghiottire: “Le convinzioni sono nemiche della verità ancora più pericolose delle menzogne.” (Aforisma 483, Human, All Too Human, 1878)
Accadde così che io, con un comportamento infantile e “fin troppo umano”, inghiottii la pillola. Servivo l’altare del dubbio. L’incredulità era divenuta il mio credo.
Ci sono voluti sei anni di accademia perché mi rendessi conto che l’incredulità – scetticismo, relativismo, nichilismo – di per se stessa era diventata un dogma. Tutte le facoltà di religione s’impegnavano nell’ermeneutica del dubbio. Ammettere una qualsiasi convinzione in contrasto con la sfiducia verso tutte le convinzioni era andare in cerca di un anatema.
Tutti si univano in coro per inneggiare ad una fede incrollabile nella mancanza di fede. Questo dogmatismo cominciò ad affliggermi. C’era qualcosa di sbagliato su cui riflettevo con irritazione.
E poi il mio salto in avanti: noi scettici sbagliavamo a dubitare. Abbiamo sbagliato a far avanzare così tanto il nostro dubitare. Se abbiamo intenzione di essere totalmente scettici, allora dobbiamo essere scettici anche sul nostro scetticismo. Se tutto è relativo, anche il nostro relativismo deve essere relativo.
Riferii il mio caso durante una riunione informale alla facoltà di religione.
“Ti devi sentire come se camminassi su una fune sopra un abisso,” rispose una collega laureata, diventata monaca da poco.
“Sì, ma non sono sicuro nemmeno che ci sia la corda,” dissi.
Tutti risero.
Cerchiamo di essere abbastanza coraggiosi da rimuovere il terreno su cui poggiamo e levitare miracolosamente sul nulla.
Dubitare del Nostro Dubitare
Ed ecco che il cerchio si chiude. Dubitando del nostro stesso dubitare troviamo che ci attende una sorpresa: si apre una sottile fessura che rende possibile la fede.
Solo una possibilità. Anche meno – solo l’apertura alla possibilità.
Questa si rivela essere una fessura attraverso cui anche Dio può insinuarsi.
Una cosa porta ad un’altra. Alcuni anni dopo il manifestarsi di questa fessura mi unii – non cesserò mai di meravigliarmene – a una “religione organizzata” molto severa. Una religione impegnata nella predica. Definita da un accademico come “induismo evangelico”. ( Questa espressione, sistematicamente inesatta, questa volta è esatta.)
Poi venne il momento, quindici o venti anni dopo, in cui mi resi conto di essere totalmente e completamente sicuro che, come si dice: “Dio esiste”. (Questa espressione, sistematicamente inesatta, questa volta è esatta) Non mi limitavo a sostenere che l’esistenza di Dio potesse essere un caso possibile, che “Dio esiste” potesse essere ragionevolmente affermato e che questa affermazione fosse vera (naturalmente) con la possibilità che potesse anche essere falsa. Niente affatto. Ne ero assolutamente, totalmente certo.
Questo mi sconvolgeva.
Tuttavia sono una persona moderna. Aggredii la mia convinzione: come posso essere così sicuro? Che diritto avevo di esserne così certo? Com’era possibile? Ero qualificato ad avere un grado così elevato di certezza? Che cosa c’era di sbagliato in me?
Attaccai anche la mia fede, ma essa respinse i miei assalti. Non riuscivo a smuoverla. Era come se fosse lì da sola, una realtà irrevocabile; che non dipendeva da me.
Esposi il problema ad alcuni devoti assennati.
“È la misericordia senza causa di Krsna,” disse uno.
“È un dono,” disse un altro.
Una laureata in filosofia che aveva insegnato teologia cristiana a studenti di teologia, citò una distinzione tra certezza e convinzione.
Questi colloqui diedero sollievo alla mia ansia permettendomi di accettare questo dono con tutto il cuore. Tuttavia – non per guardare in bocca al cavallo donato – mi sentivo ancora spinto a comprendere meglio quello che mi era stato dato.
Un Punto Sicuro da Cui Iniziare
Iniziai la mia ricerca con questa domanda: esiste qualcosa di cui ogni persona può essere assolutamente certa? La domanda, naturalmente, mi riportò alle origini della modernità, al vero “padre della filosofia moderna” Renée Descartes, che aveva trasformato il dubbio di Montaigne in una metodologia. Spazzando via, nel suo Discorso sul Metodo, tutto ciò che è oggetto di dubbio, era rimasto solo con la sua indubitabile esistenza di entità capace di conoscere. Poteva dubitare di tutto eccetto del fatto che stava dubitando. Cogito ergo sum, fu la sua famosa definizione: “Penso quindi sono.” Descartes spiegò che con il termine “pensiero” egli intendeva “quello che accade in me e di cui sono immediatamente cosciente, nella misura in cui ne sono cosciente.” La sua esistenza di soggetto conoscente era assolutamente certa.
Qui trovai il mio punto di partenza: comincia da te stesso, come Descartes.
In questo però, mi sembrò di poter essere più chiaro di Descartes. Il “cominciare con me stesso” significa, per essere precisi, iniziare con l’atman, il sé cosciente.
Comunemente usiamo il termine “anima” o “anima spirituale” per indicare la stessa entità, ma senza la stessa chiarezza di significato. La parola sanscrita atman (come radice) o atma (al nominativo singolare) è un sostantivo che indica “il sé”. (La stessa parola serve anche come pronome riflessivo, il “sé” nelle parole che indicano me stesso, te stesso, lei stessa e via dicendo).
Quando realizzo, come fece Descartes, la mia coscienza, comprendo di essere consapevole, perlomeno in qualche misura, dell’atman, di me stesso come essere vivente cosciente capace di fare esperienze, che ora porta e anima un corpo e una mente materiali.
Nei due decenni che precedettero la mia ricerca su Cartesio, ero stato impegnato in pratiche spirituali dirette alla ricerca dell’atman. Per tentare di comprendere la mia certezza relativa a Dio, cominciai a riflettere su quelle pratiche.
L’atma-tattva, la scienza del sé, al pari di ogni scienza, si presenta all’inizio come una teoria, un tipo di quadro o mappa concettuale della realtà spirituale. Una teoria, come una mappa, è il frutto dell’esperienza di ricercatori precedenti preparata per guidare gli esploratori successivi. L’unico scopo della teoria è di guidare la pratica, proprio come una mappa stradale è fatta perché un viaggio in automobile avvenga senza problemi.
Inoltre, l’atma-tattva comprende istruzioni pratiche su come intraprendere il viaggio spirituale e su come usare la mappa in modo corretto. In questo senso essa è una scienza applicata che si occupa della purificazione e dell’espansione della coscienza.
Nella moderna filosofia occidentale non troviamo alcuna iniziativa di questo tipo. Certamente la filosofia moderna specula senza fine sulla coscienza e sull’esperienza, sulla conoscenza e sul conoscitore e il conosciuto, ma ha perso l’aspetto applicativo così importante nelle antiche tradizioni classiche di Pitagora, Parmenide e Platone. Oggi non esiste alcun particolare “modo filosofico di vivere”. È tutta un’altra cosa.
Conoscenza Applicata
Avevo accettato una tradizione indiana, che ora ritrovavo come il vero fondamento della filosofia occidentale. Quando me ne resi conto sentii di essere tornato a casa.
La conoscenza applicata, il modo di vivere spirituale esige l’impegno in una disciplina abbastanza ardua e rigorosa. Questa si chiama yoga. La disciplina è necessaria per rimuovere il velo materiale in modo da poter ottenere un’esperienza diretta della realtà spirituale: dell’atma, il sé e del Paramatma, il Sé Supremo, Dio.
La necessità di una vita così disciplinata è specificata in modo sintetico nella Bhagavad-gita (14.17): la conoscenza spirituale dipende dalla virtù, dal sattva. Se la nostra consapevolezza è coperta dall’influenza materiale della passione (raja-guna) e da quella dell’ignoranza (tamo-guna), non avremo la possibilità di percepire direttamente né l’atma né il Paramatma. Perciò noi che accettiamo questa concezione viviamo una vita regolata e molto semplice, intesa a minimizzare le richieste dei sensi, a ridurre la lussuria, la collera, l’avidità e via dicendo.
La moderna cultura materialistica sostiene valori e attività che espandono le influenze della passione e dell’ignoranza è dunque necessario isolarsi dalla sua influenza. La cultura spirituale ha invece lo scopo di sviluppare la virtù e di ridurre la passione e l’ignoranza.
Dopo alcuni decenni di pratica dell’atma-tattva, la scienza del sé, la mia coscienza era diventata più chiara e si era elevata. Avevo perlomeno ottenuto una certa consapevolezza della mia identità spirituale e, assieme ad essa, di Dio.
Un maestro di yoga di nome Kavi ha affermato (Srimad-Bhagavatam 11.2.42) che chi pratica in modo appropriato sviluppa simultaneamente tre valori: la devozione, la diretta percezione di Dio e il distacco da ogni altra cosa. Questo accade nello stesso modo naturale con cui la soddisfazione, il nutrimento e il sollievo dalla fame si manifestano insieme, ad ogni boccone, per colui che mangia.
Nella disciplina dello yoga il praticante realizza la propria identità di atma e inoltre incontra Dio inizialmente come Paramatma, il Sé Supremo, guida interiore, il Sé di tutti i sé. In questa esperienza troviamo la chiave del pensiero cartesiano. Perché conoscere Dio, il Paramatma, è come conoscere il nostro vero sé. Perciò questa esperienza ingenera una certezza totale in colui che la fa. Poiché non si può dubitare della propria coscienza, quando questa stessa coscienza si è in qualche modo espansa, Dio diventa conosciuto come io conosco me stesso, perché Dio è il vero Sé del mio sé. Non posso quindi dubitare dell’esistenza di Dio più di quanto possa farlo della mia.
Posso naturalmente dubitare della mia esperienza relativa agli oggetti percepiti in questo mondo. È possibile, notava Descartes, che una persona venga ingannata da qualche demone malvagio (qui egli anticipava di circa quattrocento anni la premessa di Matrix). Anche in questo caso non si può essere ingannati sulla propria coscienza.
La conoscenza di Dio non è come la conoscenza del mondo esterno, di questo tavolo su cui scrivo, del giardino che vedo dalla mia finestra, delle persone che si rilassano in quel giardino. In questo caso io sono lo spirito che conosce la materia. C’è una connessione molto più intima tra me e Dio: non solo l’atma e il Paramatma sono della stessa natura spirituale, ma l’atma è parte del Paramatma. Per questa ragione, una volta conseguita l’esperienza del Paramatma, diventa impossibile dubitare di Dio. Dopo che la coscienza si è così espansa, Dio resta parte del contenuto di ogni esperienza che ho. Sperimento il mio essere come parte dell’essere di Dio.
Non che in questa esperienza io percepisca qualcosa di nuovo, come un nuovo vicino di casa o l’ultima novità di Apple. Al contrario, con la coscienza purificata ed espansa, percepisco ora quello che c’è sempre stato ed è rimasto finora, semplicemente non avvertito, non conosciuto, e non riconosciuto.
In questo stato di coscienza espansa ho la consapevolezza di non poter vedere niente senza che lo veda prima Dio, di non poter ascoltare niente senza che lo ascolti prima Dio e via dicendo. Non posso dubitare che Dio veda e ascolti niente di meno di quello che vedo e ascolto io.
La Certezza nelle Altre Tradizioni
L’esperienza di atma-Paramatma, che rende il dubitare dell’esistenza di Dio tanto impossibile quanto il dubitare della propria, non è ovviamente una prerogativa alla mia tradizione religiosa o di altre ad essa storicamente collegate. Una certezza naturale e incrollabile riguardo a Dio si è manifestata in religiosi avanzati di molte tradizioni teistiche. Queste tradizioni possono avere teorie differenti (dottrine teologiche) su Dio e su chi Lo adora, ma, per quanto posso constatare, la spiegazione più semplice e chiara della certezza sperimentata ovunque da religiosi avanzati si trova nella comprensione di atma-Paramatma.
Possiamo anche concludere che siamo fatti per credere con ferma convinzione. Non si può aggirare questa realtà.
Qui si trova la base, a mio parere, di una convinzione autentica che nasce dal dischiudersi del sé. Diversamente, sembriamo condannati a verificare la riflessione di Montaigne: “Noi siamo, non so perché, duplici dentro.”
Una convinzione autentica può servire da antidoto agli attuali scontri globali tra i diversi modi di essere duplici: una fede attiva che nasce dalla disperazione per la propria mancanza di fede e che si scontra con un attivo scetticismo che nasce dalla negazione della propria fede.
Ravindra Svarupa Dasa, guru e GBC dell’ISKCON, vive al tempio di Filadelfia, dove nel 1971 si unì all’ISKCON. Si è laureato in religione alla Temple University.
I DIALOGHI DI SRILA PRABHUPADA
“La Vera Intelligenza è Arrendersi a Krsna”
La seguente conversazione tra Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada ed alcuni suoi discepoli ha avuto luogo nel gennaio del 1974 durante una passeggiata mattutina alle Hawai.
Discepolo: I materialisti pensano che tutto in natura sia fatto per l’uomo, perché possa sfruttarlo e goderne.
Srila Prabhupada:: Ma quando c’è un’organizzazione ci deve essere un controllo superiore. Voi lo chiamate natura e noi l’accettiamo. Nella Bhagavad-gita [3.27] Krsna dice, prakrteh kriyamanani gunaih karmani sarvasah: “Tutto viene compiuto sotto la direzione della prakrti, della natura.” Perciò la natura è superiore a voi. Dovete accettarlo, perché voi siete sotto la direzione della natura.
Discepolo: I materialisti sperano di diventare superiori alla natura.
Srila Prabhupada:: Questo perché sono sciocchi e mascalzoni. Krsna dice:
prakrteh kryamanani
gunaih karmani sarvasah
ahankara-vimudhatma
kartaham iti manyate
Tutte le azioni di un mascalzone sono imposte dalla natura, ma egli pensa: “Io sono il signore.” A causa della sua presunzione, a torto pensa: “Io controllo la natura” oppure “In futuro saprò controllare la natura.” Questa è stupidità, questo è da furfanti.
Discepolo: Gli scienziati possono dare molte prove di aver già conseguito un parziale controllo sulla natura. Ora possiamo andare in volo in tutto il mondo.
Srila Prabhupada:: Controllo parziale significa non avere alcun controllo. Noi siamo controllati dalla natura, non puoi negarlo. Allora, la domanda successiva dovrebbe essere: come opera la natura? Nella Bhagavad-gita [9.10] Krsna spiega anche questo: mayadhyaksena prakrtih suyate sa-caracaram. “La natura materiale agisce sotto la Mia direzione.” Anche noi, in piccola parte, dirigiamo la natura materiale. Per esempio, qui c’è della terra che possiamo prendere e farne dei mattoni per costruire un grattacielo. Non che la terra diventerà un grattacielo da sola. Un essere vivente deve utilizzare la terra per costruire un grattacielo. Un altro esempio è l’aeroplano. Si tratta è semplicemente di una combinazione di vari tipi di materia, che però deve essere elaborata dal costruttore e fatta volare da un pilota. Perciò il pilota dell’aeroplano e il costruttore sono superiori all’aeroplano.
Ora, gli elementi della natura materiale (terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente, intelligenza e falso ego) interagiscono così bene, come una grande macchina, che chiunque può vedere che sono manipolati da un essere vivente. Questo essere è Dio, Krsna. Perciò la nostra posizione è che siamo controllati dalla natura materiale e la natura materiale è controllata da Krsna. Una persona assennata penserà: “Dopo tutto, il Controllore Supremo è Krsna, quindi perché non sottomettersi subito al Suo controllo? Perché non servirLo direttamente?” Questo è buon senso.
Discepolo: La differenza tra il controllo di Krsna e quello della natura materiale sembra essere che Krsna è benevolo e la natura materiale non lo è.
Srila Prabhupada:: Sì. La natura materiale è come il direttore di una prigione. Se non rispetti le leggi del governo, le leggi di Dio, sarai controllato dal direttore della prigione. Questo è tutto. Sarai controllato; non sarai libero. Questa è la tua posizione costituzionale.
Discepolo: Possiamo scegliere di essere controllati dall’amore o dalla forza.
Srila Prabhupada:: Sì, quando scegliamo di essere controllati da Krsna, è perché Lo amiamo. Anche tu sei controllato da me, ma non con la forza. Mi servi volontariamente, per amore. Io non ti pago, tuttavia, quando ti chiedo di fare qualcosa, la fai immediatamente. Perché? Perché tra noi c’è amore.
Discepolo: Se una persona capisce realmente la differenza tra il controllo di Krsna e quello della natura materiale, è possibile che continui a scegliere il controllo della natura materiale?
Srila Prabhupada:: Sì. Ha già fatto la sua scelta, ma è così sciocco che pensa: “Ora sono indipendente dal Signore Supremo.” Poiché è sciocco, non capisce di essere semplicemente controllato da un agente di Dio, dalla natura materiale. Sebbene sia sotto controllo in ogni momento, pensa: “Sono libero.” Perciò è nell’illusione. Illusione significa credere qualcosa che non è reale. Quindi i materialisti e i cosiddetti scienziati che pensano: “Dio non c’è; siamo indipendenti” sono semplicemente degli sciocchi, dei mascalzoni infantili. Questa è la ragione per cui per descriverli Krsna usa la parola vimudhatma, che significa “mascalzoni beffati”.
Discepolo: La maggior parte delle persone non pensa che la vita materiale sia così brutta, pensa che sia piacevole. Pensano di godere.
Srila Prabhupada:: Sì. Questa è un’altra illusione. Se non si pensasse che la vita è piacevole, come si potrebbe tollerarla? Quando vediamo un maiale che mangia gli escrementi, diciamo: “Uhhh!” Ma se un maiale non pensasse: “Questo è gradevole,” come potrebbe mangiare gli escrementi? Mangia la cosa più abominevole che ci sia e tuttavia pensa: “Sto godendo.” Questa è maya, l’illusione.
Discepolo: Qualche volta, quando diciamo alle persone che la vita è piena di sofferenza, chiedono: “Che cosa vuoi dire?”
Srila Prabhupada:: Questa è la loro stupidità. Non sanno distinguere la sofferenza dalla felicità. Sono presi a calci dalla natura materiale, l’agente di Krsna. Poiché desiderano diventare controllori e goditori, vengono offerti loro svariati corpi e la sofferenza dovuta alla ripetizione di nascita e morte. Siccome però le persone sono prive di senno, pensano che questa vita sia piacevole. Come americani, anche voi potete avere molte belle comodità, ma non potete godervele. A causa della forza della natura, dovrete cambiare la vostra posizione. Che cosa potete farci? Oggi potete vivere in un bell’appartamento al ventiquattresimo piano di un grattacielo e domani potreste diventare un topo in quell’appartamento. Non è in vostro potere cambiare le leggi della natura.
In realtà, tutti sono sotto il controllo della natura materiale in ogni momento. Perciò una persona intelligente si chiede come uscire da questa natura materiale, come porre fine alla sofferenza dovuta alla ripetizione della nascita, della vecchiaia, delle malattie e della morte. E Krsna nella Bhagavad-gita [7.14] spiega come porre fine a questa sofferenza: mam eva ye prapadyante mayam etam taranti te: “Non appena i mascalzoni si abbandonano a Me, sfuggono al controllo della Mia natura materiale.” La vera intelligenza è abbandonarsi a Krsna.
CALENDARIO
Questo calendario è calcolato per la zona di Firenze. Le date, che derivano dal calendario lunare, possono variare per altre zone. Per ottenere le date esatte per la vostra area collegatevi al sito www.krishna.com/calendar.
Poiché il Movimento Hare Krsna si basa sulla linea di maestri che discende da Sri Caitanya Mahaprabhu, il calendario include non solo date rilevanti per tutti i seguaci della tradizione Vedica, ma anche date riferite ai compagni del Signore e a preminenti maestri spirituali della Sua successione.
15 Aprile –13 Maggio
(Mese di Purusottama)
25—Padmini Ekadasi
Digiuno di cereali e legumi.
(Rompere il digiuno 6:16-10:54)
MAGGIO
10—Vanjuli Maha-dvadasi
Digiuno di cereali e legumi per Parama Ekadasi.
(Rompere il digiuno 8:13-10:46)
Mese di Madhusudana
(continua)
16—Inizio del Candana Yatra, il festival in cui si spalmano le Divinità del tempio con polpa di sandalo per ventuno giorni.
22—Anniversario dell’apparizione di Srimati Sita Devi, la consorte di Sri Ramacandra. Anniversario dell’apparizione di Srimati Jahnava Devi, la consorte di Sri Nityananda Prabhu. Anniversario della scomparsa di Srila Madhu Pandita, grande devoto di Sri Caitanya.
24—Mohini Ekadasi
Digiuno di cereali e legumi.
(Rompere il digiuno 5:40-10:41)
25—Rukmini Dvadasi, l’anniversario dell’apparizione di Srimati Rukmini Devi, la consorte di Sri Krsna come Dvarakadhisa, il Signore di Dvaraka.
26—Anniversario della scomparsa di Srila Jayananda Prabhu, discepolo dedicato di Srila Prabhupada, che lo ha aiutato a portare il festival del Rathayatra nel mondo Occidentale.
26—Nrsimha Caturdasi, anniversario dell’apparizione di Sri Nrsimhadeva, l’incarnazione metà-uomo e metà-leone di Krsna. Digiuno fino al crepuscolo, seguito da una festa di prasada. Anniversario dell’apparizione di Srila Srinivasa Acarya, seguace dei sei Gosvami. Anniversario dell’apparizione di Srila Madhavendra Puri, il maestro spirituale del maestro spirituale di Caitanya (Isvara Puri).
28 Maggio – 26 Giugno
(Mese di Trivikrama)
GIUGNO
1—Anniversario della scomparsa di Srila Ramananda Raya, intimo compagno di Sri Caitanya.
8—Apara Ekadasi
Digiuno di cereali e legumi.
(Rompere il digiuno 5:33-10:40)
9—Anniversario dell’apparizione di Srila Vrndavana Dasa Thakura, autore della Sri Caitanya-Bhagavata, una biografia di Sri Caitanya.
21—Anniversario della scomparsa di Srila Baladeva Vidyabhusana, preminente maestro spirituale
nella Gaudiya Vaisnava sampradaya (successione di maestri), e autore del Govinda-bhasya, importante commentario al Vedanta-sutra. Anniversario dell’apparizione di Srimati Gangamata Gosvamini, preminente maestro spirituale donna della Gaudiya Vaisnava sampradaya.
22—Pandava Nirjala Ekadasi
Digiuno di cereali e legumi.
(Rompere il digiuno 5:33-10:40)
27 Giugno – 25 Luglio
(Mese di Vamana)
27—Scomparsa di Syamananda Pandita, uno dei principali seguaci dei sei Gosvami di Vrndavana.
LUGLIO
7—Anniversario della scomparsa di Sri Srivasa Pandita, uno dei principali compagni di Sri Caitanya.
8—Yogini Ekadasi
Digiuno di cereali e legumi.
(Rompere il digiuno 5:41-10:47)
11—Anniversario della scomparsa di Srila Gadadhara Pandita, uno dei principali compagni di Sri Caitanya. Inoltre, anniversario della scomparsa di Srila Bhaktivinoda Thakura. Digiuno fino a mezzogiorno, quindi festa di prasada.
12—Gundica-marjana: festival della pulizia del tempio di Gundicha a Jagannatha Puri, in India.
13—Festival del Rathayatra di Sri Jagannatha a Jagannatha Puri. Anniversario della scomparsa di Srila Svarupa Damodara e di Srila Sivananda Sena, intimo compagno di Sri Caitanya.
Nel Grembo di MADRE NATURA
In mezzo ai campi, alle mucche, ai fiumi e alle montagne l’autore si sente più vicino a Dio.
Testo e foto di Vamsi Vihari Dasa
A sinistra: Ora, il nostro prossimo programma sarà quello di organizzare la coltivazione della terra per offrire al mondo un esempio di come la gente può essere pacifica, felice e libera da ogni ansietà cantando il maha-mantra Hare Krsna e vivendo una vita onesta in coscienza di Krsna. (Lettera del 19 ottobre 1975)
Sopra: “Tutti gli esseri viventi dell’universo sono guidati dalle direttive dei Veda, come un toro è condotto da una corda attaccata al suo naso. Nessuno ha il diritto di infrangere le leggi contenute nelle Scritture vediche. Al primo di tutti gli esseri, che ci ha dato i Veda, offriamo dunque il nostro omaggio!” (Srimad-Bhagavatam 3,15.8)
In alto: “L’ombelico di Krsna è simile al fiore di loto, Egli è ornato da una ghirlanda di fiori di loto e i Suoi occhi sono paragonati ai petali del loto (alola-candraka-lasad-vanamalya-vamsi). Perciò, se solo pensiamo a questo unico verso, che descrive il corpo di Krsna in riferimento al loto, possiamo meditare per tutta la vita sulla bellezza di Krsna, sulla Sua saggezza e sul modo in cui Krsna manifesta la Sua creazione. Questo significa meditare – cioè pensare a Krsna.” (Gli insegnamenti della Regina Kunti, Capitolo 5)
Dio è il nostro padre supremo e una delle Sue energie, la natura, è nostra madre. Una madre nutre i figli con il latte prodotto dal suo corpo e provvede anche al completo sviluppo del figlio impartendogli una cultura e un’educazione adeguate. Nello stesso modo Madre Natura si prende cura dei propri innumerevoli figli fornendo loro cereali, frutta, fiori ed erbe medicinali e ci elargisce il suo affetto materno dandoci preziose lezioni e guidandoci nel viaggio della nostra vita.
Durante una stagione delle piogge, ebbi l’opportunità di stare in un piccolo villaggio, di nome Galtare, 120 chilometri a nord di Mumbai, in India. Fin dall’infanzia avevo provato una certa attrazione per la vita di campagna ed avendovi trascorso qualche periodo comprendevo la ragione per cui Srila Prabhupada citava il poeta inglese Cowper: “ Dio creò la campagna e l’uomo costruì la città.” Vedevo come la civiltà materialista che predomina nelle città ci rende atei. Nella città è naturale non vedere la mano di Dio in ogni aspetto della vita. È molto facile credere che l’industria e Internet possano soddisfare i nostri bisogni. I cibi in scatola ci danno la sensazione che siano state le macchine a produrli. La vita continua a svolgersi ininterrottamente anche se non piove per molti anni. In un villaggio invece si può sperimentare Dio più da vicino. Qui la vita dipende esclusivamente dall’agricoltura, che dipende dalla pioggia, che a sua volta dipende da Dio.
Quando siamo vicini alla natura, l’intossicazione del modo di vivere materialistico gradualmente comincia a svanire. Secondo la mia esperienza, la conoscenza enunciata nella Bhagavad-gita, nello Srimad-Bhagavatam e le spiegazioni di Srila Prabhupada diventano più chiare.
Il cinguettio degli uccelli, la sinfonia dell’acqua che scorre, i muggiti delle mucche e il soffio di un leggero venticello producono una inspiegabile felicità. Vedere sopra di noi l’infinito cielo blu, le migliaia di stelle della notte, le enormi montagne, sotto la distesa dei verdi campi che ondeggiano nel vento e l’amore di una madre mucca per il suo vitellino è una perfezione totale per gli occhi. Il mistico aroma del terreno, il profumo dell’aria chiara e priva d’inquinamento, la fragranza dei fiori appena sbocciati e quella dello sterco di mucca purificano profondamente il senso dell’odorato. La gioia di toccare la terra, le mucche, le piante verdi e l’acqua chiara del fiume sembra che raggiunga perfino la nostra anima.
Il sapore della frutta fresca, delle verdure, dei cereali, dell’acqua e del puro latte di mucca ci spinge a pensare che i metodi artificiali della vita moderna ci danno sofferenza in nome della felicità.
Vivendo in campagna ho cercato di visualizzare i preziosi insegnamenti di Srila Prabhupada e ne ho tratto soddisfazione per l’anima e un rafforzamento della fede. Comprendere il nostro padre supremo è facile quando nostra madre, la natura, ci dà lezioni personali mentre ci abbraccia con amore. In queste pagine ho presentato alcuni dei numerosi insegnamenti che Madre Natura mi ha aiutato a comprendere chiaramente durante il mio soggiorno a Galtare.
Vamsi Vihari Dasa, discepolo di Sua Santità Radhanatha Swami, è laureato in economia e commercio. Negli ultimi undici anni ha fatto parte dello staff che cura l’edizione in hindi di BTG.
RATHAYATRA FESTIVAL DELL’INDIA 2010
FIRENZE PARCO DELLE CASCINE
SABATO 12 GIUGNO 2010 - 0RE 17,30
tel 055820054 — info@villavrindavana.org
MILANO
SABATO 11 SETTEMBRE 2010 - 0RE 17,30
tel 0354940705—anantarupadas@harekrsna.it
HARE KRSNA, HARE KRSNA, KRSNA KRSNA, HARE HARE
HARE RAMA, HARE RAMA, RAMA RAMA, HARE HARE