Biblioteca (lettura pubblicata dalla BBT the bhaktivedanta book trust international)



Ritorno a Krishna

La rivista del movimento Hare Krishna

volume 9 n. 3

maggio-giugno 1997

Dio è luce. L'illusione è tenebre. Dove c'è Dio non c'è illusione.















Sua Divina Grazia
A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

Fondatore Acarya
dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna,

Srila Prabhupada è arrivato dall'India in Occidente nel 1965, all'età di sessantanove anni, per soddisfare la richiesta del suo maestro spirituale: insegnare la Coscienza di Krsna in Occidente.
In dodici anni ha pubblicato più di sessanta volumi di traduzione e commenti degli antichi testi vedici, ora distribuiti in tutto il mondo in circa quattrocento milioni di copie.
Viaggiando in Europa, America, Asia, Australia e Africa, Srila Prabhupada ha aperto in tutto il mondo asrama, scuole, templi, centri culturali e comunità agricole.
Ha lasciato questo mondo nel 1977 a Vrndavana, in India, il luogo più caro a Sri Krsna.
I suoi discepoli continuano il Movimento a cui egli ha dato vita.











La Rivista del Movimento Hare Krishna

RITORNO
A KRISHNA

FONDATA NEL 1944

FONDATORE (sotto la direzione di
Sua Divina Grazia Sri Srimad
Bhaktisiddhanta Sarasvati Prabhupada)
Sua Divina Grazia
A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

DIRETTORE RESPONSABILE:
A. D'Ambrosio  Ali Krsna devi dasi

REDAZIONE:
Nikunja Vasini devi dasi, Pancaratra dasa, Rasika devi dasi, Virabhadra disa, Bhaktin Annalisa.

AMMINISTRAZIONE:
Nimai Pandita dasa

ABBONAMENTI:
Dananistha devi dasi

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PRONUNCIA: La traslitterazione dei termini in sanscrito di questa rivista è stata eseguita secondo il metodo adottato internazionalmente: a si pronuncia a chiusa; â si pronuncia a lunga e aperta; î si pronuncia i lunga; û si pronuncia u lunga; c è sempre dolce; j si pronuncia g dolce; r si pronuncia ri; s si pronuncia sc come in scena; altrettanto s ma più sibilante; h è sempre aspirata. Krsna si pronuncia Krishna (sh è sc dolce); Caitanya si pronuncia "Ciaitanya".

NOMI SPIRITUALI: I membri dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna ricevono uno dei nomi di Sri Krsna o di un Suo devoto, seguito da suffisso dasa al maschile e dasi al femminile che significa servitore o servitrice. Per esempio, il nome Krsna dasa significa servitore di Krsna.

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RITORNO A KRISHNA  Pubblicazione registrata presso il tribunale di Milano n° 199 del 13/03/89

Vol. 9 N. 3 - maggio-giugno 1997

Fotolito: Fotolitografie Fiorentine, Dicomano, FI

Stampa: Zincografica Fiorentina, Pontassieve, FI.


Sped. abb. art. 2 legge 549/95 comma 27 Fil. Firenze










PURIFICAZIONE AL DI LA' DEI RITI
Una lezione di Srila Prabhupada

COME SRI NRSIMHADEVA
ARRIVO' A MAYAPUR

SRIMAD BHAGAVATAM
In esclusiva la pubblicazione dell'undicesimo Canto

SRILA PRABHUPADA LILAMRTA
La biografia di Prabhupada

MAESTRI IN CUCINA
L'insalata

I DIALOGHI DI SRILA PRABHUPADA
Paroloni Altisonanti

RAMANUJA E IL MANTRA
Un dono senza precedenti

IL MAHABHARATA
Continua il grande racconto epico

CALENDARIO VAISNAVA
Ricorrenze, Festività e Celebrazioni della tradizione vaisnava, così come concepite in accordo al calendario vedico















PURIFICAZIONE AL DI LA' DEI RITI

Tutte le scritture religiose prescrivono atti pii,
questi tuttavia non sono sufficienti per ottenere la liberazione.

Conferenza tenuta nel corso del Kumbhamela ad Allahabad, India, il 16 gennaio 1977
da Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada
FondatoreAcarya dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna



na niskrtair uditair brahmaadhibhis
tatha visuddhyati aghavan vrataibhih
yatha harer namapadair udahrtais
tad uttamaslokagunopalambhakam

"Seguendo le cerimonie rituali vediche o sottoponendosi alle espiazioni, i peccatori non si purificano tanto quanto cantando una sola volta il santo nome di Sri Hari. Sebbene la penitenza tradizionale possa liberare dalle reazioni del peccato, essa non risveglia il servizio devozionale come fa il canto dei santi nomi del Signore che ci ricordano la Sua fama, le Sue qualità, i Suoi attributi, i Suoi divertimenti e tutto ciò che a Lui si riferisce".
(SrimadBhagavatam 6.2.11)

Si annoverano venti tipi di scritture religiose che trattano delle cerimonie rituali e tra queste la ManuSamhita è considerata la più elevata.
Queste scritture prescrivono molti metodi per liberarsi dalle reazioni delle attività colpevoli. Chiunque si impegni in attività karmiche, compie attività colpevoli.
E' chiamata karmi infatti la persona le cui attività sono volte ad ottenere un beneficio personale. Tutti lavorano faticosamente non per gli altri ma per il proprio tornaconto personale, il che è definito karma; impegnandosi quindi in attività karmiche si commettono necessariamente dei peccati. Il karmi perciò è un peccatore, questa è la cosa da capire: nessun karmi è esente dal peccato. Allora come è possibile agire, senza commettere nello stesso tempo attività colpevoli? Prendiamo l'esempio del governo. Il governo vi autorizza, diciamo, a fare affari. Ad ogni uomo d'affari viene data una licenza: si chiedono licenze al comune o alla camera di commercio e per ottenerle occorrono seguire determinate prescrizioni, perché questi uffici sanno bene che ogni uomo d'affari o karmi sicuramente si comporterà in modo disonesto. Esistono perciò tante prescrizioni proprio per tentare di porre un freno a queste probabili attività disoneste. Similmente esistono venti tipi di dharmasastra che insegnano come vivere secondo la fede e la religione. Tali direttive sono contenute nelle scritture compilate da Parasara, Manu, e da molti altri saggi.
Perciò qui viene detto: na niskrtair uditair brahmavadhibhi. Brahma-vadi indica coloro che cercano di guidare gli altri a realizzare il Brahman. Le ingiunzioni vediche hanno come scopo primario quello di portarci a comprendere questo punto: "Non sono questo corpo materiale; sono un'anima spirituale"; per arrivare a comprendere questa posizione reale vi sono molti precetti contenuti nel dharmasastra o nelle scritture religiose.
In uno degli ultimi capitoli di questo volume dello SrimadBhagavatam, Yamaraja dice: dharmam tu saksad bhagavatpranitam: "In origine questi principi religiosi furono stabiliti da Dio, la Persona Suprema." A volte perciò Krsna viene chiamato dharmasetu. Setu significa ponte. L'obiettivo che dobbiamo perseguire è attraversare l'oceano d'ignoranza in cui attualmente ci troviamo. L'esistenza materiale è un oceano d'ignoranza che bisogna attraversare. Allora troviamo la vera vita.
La vita attuale non è reale. La gente è talmente sciocca che non affronta seriamente questo discorso; infatti ignora la propria natura di eternità. Questa è ignoranza. La Bhagavad-gita inizia spiegando che l'anima è eterna: na hanyate hanyamane sarire, ma la gente vive nell'ignoranza. Crede che questa vita, questo corpo siano tutto. Poiché dopo la morte il corpo non esiste più, perché smettere di peccare? Anche questa è ignoranza. Esistono così molte scritture religiose che offrono queste direttive.
E' per questa ragione che è spiegato, dharmena hinah pasubhih samanah: "Colui che non segue i principi delle scritture religiose non è migliore di un animale." Non ha importanza che si segua la religione induista, la cristiana o la musulmana. Un essere umano civile deve seguire dei principi religiosi. Questo è lo scopo della vita umana. Chi non segue le ingiunzioni delle scritture è semplicemente un animale; questa è la situazione in cui viviamo attualmente. Sosteniamo di essere induisti, musulmani o cristiani ma nessuno tiene conto della religione. Siamo solo dei karmi e quindi tutti peccatori.
Qui il Visnuduta dice: "Le istruzioni contenute nelle scritture religiose, concepite per liberarci dalle reazioni dovute alle attività colpevoli, non sono sufficienti." Il cristianesimo per esempio stabilisce che quando si commettono peccati occorre confessarli ad un prete. Il prete, che si suppone rappresenti Dio o Cristo, perdonando il peccatore che ha confessato, annulla le conseguenze dei suoi peccati. Questo verso dice però che questo processo non può purificare il peccatore perché quello stesso uomo, subito dopo aver confessato, appena uscito dalla chiesa, ricomincerà a commettere gli stessi peccati. Ciò dimostra che non si è purificato.
Questo non avviene solo nella religione cristiana. Ogni religione prescrive dei metodi di purificazione, perché tutti gli uomini sono peccatori. Qui però il Visnuduta dice che questi metodi, benché siano autorizzati, non sono in grado di purificare il cuore del seguace di quella religione. Lo si può constatare anche negli induisti e nei musulmani che, sebbene seguano determinati rituali, non cessano di peccare. Sono simili a mascalzoni ammalati che vanno dal medico per farsi prescrivere medicine.
Il medico dice: "Prendi queste medicine, non fare questo, non mangiare queste cose, mangia invece queste altre." Il paziente prende le medicine e segue per un certo tempo le istruzioni del dottore. Ricomincia poi a fare il medesimo errore e torna dal dottore per chiedergli di prescrivergli altre medicine. Si va avanti così e questo tipo di trattamento non è accettato dal Visnuduta.
Perciò qui è affermato: "Tali prescrizioni ritualistiche non bastano a purificare una persona." Se però si canta anche una sola volta il santo nome del Signore, il mantra Hare Krsna, ci si purifica. L'effetto di questa purificazione dovuta al canto dell'harer-nama (il nome di Hari, Krsna) è immediato. Appena Lo si canta si vede la forma di Krsna, si realizzano le Sue qualità e si ricordano i Suoi divertimenti. Questo è il risultato del puro canto del mantra Hare Krsna.
Srila Jiva Gosvami dice che un puro devoto che canta il mantra Hare Krsna realizza subito il nome di Krsna, la Sua forma, i Suoi divertimenti, ecc. Basta cantare il nome di Krsna per comprendere la Sua forma: "Questo è Krsna, queste sono le Sue qualità. Krsna ha tutti i requisiti ed è così gentile, così magnanimo." Ricorderete molte Sue qualità, ricorderete i Suoi passatempi: "Krsna istruiva Arjuna. Krsna giocava con i pastorelli. Krsna conversava dolcemente con le gopi e Sua madre Yasoda." Si ricorderanno tutte queste cose.
Questa è la vera perfezione del canto. Sebbene Ajamila si fosse degradato negli ultimi anni della sua vita, da giovane era stato un brahmacari (studente celibe). Era stato istruito da suo padre e conosceva i divertimenti, la forma ed i nomi di Narayana. Tuttavia frequentando cattive compagnie in seguito aveva dimenticato tutto, ma gli bastò cantare il nome di Narayana per ricordare ogni cosa, la Sua forma, i Suoi divertimenti; così si salvò. Cercate di capire tutto questo.
Tutti dovrebbero sapere che cantare senza offese significa ricordare la forma di Krsna. I mayavadi, gli impersonalisti, non possono pensare né alla Sua forma né ai Suoi divertimenti, in cui non credono. Poiché sono impersonalisti, pensano che questi divertimenti siano maya (illusione). E' per questa ragione che Krsna dice: janma karma ca me divyam: "La Mia nascita e le Mie attività sono trascendentali". I mascalzoni non possono comprendere le Sue attività e i Suoi divertimenti e pensano che siano maya, illusori, mentre invece sono divyam, trascendentali; non appartengono alla natura materiale. Krsna dice che solo chi Lo comprende veramente viene immediatamente liberato. Questo verso afferma che cantando semplicemente: "Narayana, Narayana", se si ricorda subito la natura della forma del Signore, la natura dei Suoi divertimenti, quella di coloro che Lo accompagnano, si ottiene immediatamente la liberazione. Lo conferma la Bhagavad-gita:

janma karma ca me divyam
evam yo vetti tattvatah
tyaktva deham punar janma
naiti mam eti so rjuna

"O Arjuna, colui che conosce la natura trascendentale della Mia apparizione e delle Mie attività non dovrà più rinascere nel mondo materiale quando lascia il corpo, ma raggiungere la Mia dimora eterna." (Bhagavad-gita 4.9)

Cantare quindi è facile e sublime. Chi canta senza offese il mantra Hare Krsna ricorderà sempre la Sua forma, i Suoi divertimenti, le Sue qualità, i Suoi associati. Ricorderà tutto e questo ricordo lo renderà libero. Il canto privo di offese porta alla liberazione.
Dovremmo quindi prestare molta attenzione a non commettere offese; sarete liberi a condizione che continuiate a cantare il mantra Hare Krsna.
In realtà Srila Rupa Gosvami ha detto che solo per un'anima liberata è possibile cantare: ayi muktakulair upasyamanam. Quando glorifica il santo nome infatti dice: mukta kulair upasya: "Un'anima liberata può cantare il puro e santo nome del Signore" e Maharaja Pariksit afferma nello SrimadBhagavatam: nivrttatarsair upagiyamanat: "Il santo nome di Krsna può essere cantato dalle persone che sono 'nivrttatarsair'."
Nivrtta significa coloro che sono completamente liberi dai desideri materiali. Loro possono cantare. Il santo nome del Signore può essere cantato da persone completamente libere da qualsiasi desiderio materiale. Questo è il servizio devozionale allo stato puro.
Srila Rupa Gosvami afferma:

anyabhilasitasunyam
jnanakarmadyanavrtam
anukulyena krsnanu-
silanam bhaktir uttama

"Coloro che sono realmente liberi da qualsiasi desiderio materiale possono impegnarsi nel puro servizio devozionale." Jnana, coltivare la conoscenza e karma, compiere attività pie sono entrambe materiali. Diventare molto pii non significa essere liberati; anche una persona pia è un'anima condizionata e vincolata alla sua condizione. Un brahmana ad esempio ha acquisito ottime qualità, ma questo non significa che sia un devoto. Si incontrano molte brave persone ma raramente si incontra un puro devoto. Bisogna distinguere. Una brava persona è brava dal punto di vista materiale mentre un devoto è diverso da una persona pia.
L'attività di Arjuna per esempio consisteva nell'uccidere. "Arjuna non era buono; ha ucciso suo nonno e i suoi nipoti e ha distrutto tutta la sua famiglia. Non era certo una brava persona." A volte la gente fa questi commenti ma Krsna dice, bhakto 'si me sakha ceti: "Tu sei il mio più caro amico."
Cercate di capire. Arjuna nel mondo materiale non viene reputato una brava persona perché ha ucciso i suoi parenti. Per Krsna invece è un caro amico e Suo devoto. Questa è la differenza tra un devoto e una brava persona di questo mondo. Un devoto è naturalmente una persona molto santa, ma non cade quando agisce da cattivo per conto di Krsna: rimane sempre un puro devoto.
Ci sono delle persone chiamate sahajiya che pensano: "La rasalila di Krsna è molto piacevole mentre non è molto bello combattere e uccidere demoni." Non conoscono la Verità Assoluta. Krsna è buono in qualsiasi circostanza sia che goda della compagnia delle gopi sia che uccida i demoni. Questa è la Verità Assoluta.
Queste sono le cose da capire. Se ricordate la krsnalila, qualcuna delle Sue attività, col canto del mantra Hare Krsna, sarete liberati. Questo è quanto apprendiamo dalla descrizione autorevole dello SrimadBhagavatam.
D'altra parte qui si dice: coloro che sono molto ansiosi di realizzare il Brahman, i brahmavadi, prescrivono molte cerimonie rituali; esse però non sono sufficienti perché non possono elevare una persona al livello di un puro devoto.
Il Kumbhamela è prescritto dai brahmavadi. E' un precetto che ingiunge di vivere in questo periodo sulle rive della confluenza del Gange con la Yamuna per almeno tre giorni. In questo modo ci si qualifica per entrare nei pianeti superiori. La gente che è venuta qui ambisce ad entrare nei pianeti superiori, cosa che ad un devoto non interessa. I devoti non sono interessati ad alcun pianeta di questo mondo materiale; sanno benissimo che beneficio porta entrare nei pianeti superiori: nessuno.
Immaginate che io ottenga di vivere migliaia di anni a un elevato livello di vita, donne, denaro, vino e così via. Che beneficio ne otterrei? Nessuno. Sono molto soddisfatto di un articolo scritto da uno dei miei discepoli di Boston che dice: "Come sono la società e la famiglia? Infernali. Noi non vogliamo vivere senza Krsna." Questa è un'affermazione molto giusta.
E' vera realizzazione: "Non ci piace vivere senza Krsna." Chi pensa: "Bisogna prendere a calci qualsiasi genere di felicità materiale; mi interessa solo Krsna e come renderLo felice", questa persona è un puro devoto.
Anukulyena krsnanu silanam. Anukulyena significa 'favorevolmente'. Dobbiamo solo cercare di soddisfare Krsna in modo favorevole, non sfavorevolmente come fece Kamsa. Anche Kamsa era cosciente di Krsna, pensava sempre a Lui ma in modo sfavorevole. Pensava solo al modo di ucciderlo. Meditava su Krsna pensando: "Come posso ucciderlo?" Questo si chiama pratikula 'sfavorevole'.
Pratikula non è bhakti. Quando pensate a Krsna in contrasto con i Suoi desideri, contro il principio di soddisfarLo, non si tratta di bhakti, sebbene sia coscienza di Krsna.
Anche un nemico di Krsna pensa a Lui, ma questo non significa che sia un Suo devoto: è cosciente di Krsna in modo sfavorevole quindi la sua non è bhakti.
Dovete agire favorevolmente. Arjuna diventò un devoto perché agì in modo favorevole per soddisfare Krsna. Questo è il vostro compito: trovare il modo di soddisfare Krsna; la conclusione naturale è che dovete soddisfare il Suo rappresentante. Per questo abbiamo cantato, yasya prasadad bhagavatprasadah: se soddisfi il Suo rappresentante, soddisfi Krsna.
Il proprietario di un ufficio ha un capo reparto. Se voi soddisfate il capo reparto, soddisferete il proprietario. Il capo reparto fa rapporto al proprietario: "Questo impiegato è molto bravo." Così avrete una promozione e un aumento di stipendio.
Il compito del puro devoto è soddisfare Krsna.
Non appena canta il mantra Hare Krsna il devoto ricorda subito che il suo obiettivo consiste nel soddisfare Krsna. Perciò è liberato.
Molte grazie.
Hare Krsna.















Una panoramica della città di Mayapur, una delle più grandi comunità del Movimento Hare Krsna del mondo. Situata sulle rive del Gange, ad un centinaio di chilometri da Calcutta, la comunità di Mayapur ospita centinaia di devoti.
Mayapur si sta sviluppando intorno ad un progetto che prevede la formazione di una vera e propria città, che avrà al suo centro una grandioso Tempio vedico dedicato al Pancatattva.

Come Sri Nrsimhadeva arrivò
a Mayapur

di Atmatattva dasa

I devoti desideravano adorare una Divinità del Signore
che rappresentasse la Sua forma più feroce
ma nessuno voleva scolpirla

Qui sotto la Divinità di Sri Nrsimhadeva nella Sua forma più feroce (ugra), è il centro dell'adorazione dei devoti che da tutto il mondo si recano a Mayapur a migliaia chiedendo la Sua protezione.

Il 24 Marzo del 1984, alle ore 12.20, trentacinque uomini armati di fucili e di bombe attaccarono il Sri Mayapur Chandrodaya Mandir, il centro dell'ISKCON a Mayapur, nel Bengala Occidentale. Quando i briganti cercarono di rubare la divinità di Srila Prabhupada e quella di Srimati Radharani i devoti coraggiosamente sfidarono gli aggressori. Come potevano tollerare che le Divinità di Srila Prabhupada e di Srimati Radharani fossero portate via? Si sparò da entrambe le parti e da entrambe le parti ci furono dei feriti. La divinità di Srila Prabhupada fu recuperata ma non fu così per quella di Srimati Radharani.
Questo incidente turbò enormemente i devoti. In altre occasioni avevano dovuto affrontare la violenza e adesso si doveva trovare una soluzione definitiva. Uno dei manager suggerì di installare una Divinità di Sri Nrsimhadeva, la feroce incarnazione di Sri Krsna metà uomo e metà leone, adorata specialmente come protettrice dei Suoi devoti. Il manager citò una situazione simile accaduta precedentemente: quando i briganti minacciarono i devoti allo YogaPitha, il vicino luogo di nascita di Sri Caitanya, Srila Bhaktivinoda Thakura e suo figlio Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati installarono prontamente una Divinità di Sri Sri Laksmi-Nrsimhadeva (Il Signore e la Sua compagna). In questo modo non ci furono ulteriori aggressioni. Ma altri devoti non erano molto inclini a seguire il loro esempio. Secondo le regole delle Scritture il pujari, o il sacerdote, che adora Sri Nrsimhadeva deve aver osservato il celibato della nascita e l'adorazione deve essere rigorosa e costante. Chi sarebbe stato in grado di adorarlo? Malgrado queste esitazioni i manager chiesero a me e a un artista, Bhaktisiddhanta dasa, di disegnare qualche bozza della Divinità. Ci dissero che le gambe della Divinità avrebbero dovuto essere piegate, come se fosse stata pronta a saltare, avrebbe dovuto guardarsi attorno ferocemente, le Sue dita avrebbero dovuto essere piegate e delle fiamme avrebbero dovuto sprigionarsi dalla Sua testa. Disegnammo lo schizzo di una Divinità che avesse queste sembianze, la quale è conosciuta con il nome di Ugra Nrsimha, "il feroce Nrsimha".
Ai devoti piacque e Pankajanghri dasa acconsentì ad adorare la Divinità. Radhapada dasa, un devoto di Calcutta si offrì di sponsorizzare la scultura e l'installazione della Divinità. Sembrava che l'apparizione di Sri Nrsimhadeva a Mayapur sarebbe stata un cosa semplice e immediata. Radhapada dasa prontamente offrì 130.000 rupie e noi pianificammo di avere la Divinità pronta da istallate nel giro di tre mesi. Io partii per il sud dell'India per cominciare il lavoro. Per la grazia di Krsna, subito trovai un famoso sthapati, uno scultore di Divinità. L'uomo fu cortese finché non menzionai che la Divinità che volevo fargli scolpire era Ugra Nrsimha rifiutandosi categoricamente di scolpire una simile Divinità. Dopo di che avvicinai molti altri scultori ma la risposta era sempre la stessa: no.
Dopo sei mesi e molti altri viaggi nel sud dell'India, Sri Nrsimhadeva non si era ancora manifestato in una Divinità. Radhapada dasa, ansioso di vedere Sri Nrsimhadeva istallato a Mayapur, mi chiese di visitare di nuovo il primo sthapati e di perorare, ancora una volta, la nostra causa. Questa volta lo sthapati fu più disponibile e si offrì di leggermi un capitolo dello Silpasastra, la scrittura vedica riguardante la scultura e l'architettura e l'ingegneria dei templi. Lesse ad alta voce alcuni versi che descrivono Sri Nrsimhadeva: la Sua criniera simile alle fiamme, il Suo sguardo inquisitore e la Sua postura: le ginocchia piegate e un piede in avanti pronto a saltare fuori dalla colonna.
Ero stupito. Quello era esattamente ciò che volevamo. Gli mostrai lo schizzo che avevo fatto. Egli ne fu impressionato e si offrì di disegnare uno schizzo basato sulla descrizione delle scritture. Avremmo potuto utilizzare lo schizzo come una guida per la scultura della Divinità. Comunque precisò che non avrebbe scolpito la Divinità personalmente.
Lo sthapati impiegò una settimana per disegnare lo schizzo e il risultato fu notevole. Ritornai a Mayapur per mostrare lo schizzo alle autorità del tempio. Tutti volevano che questo stesso sthapati scolpisse la Divinità. Ancora una volta fui mandato nel sud dell'India a cercare di convincerlo.
Andai direttamente a casa dello sthapati. Ero ansioso. Che cosa potevo fare se non pregare Sri Nrsimhadeva di essere misericordioso e di acconsentire a manifestarsi nel nostro tempio di Sridham Mayapur? Non avevo neanche detto un paio di frasi quando l'uomo mi disse che avrebbe scolpito la Divinità.
Lo stapathi aveva consultato il suo guru, il Sankaracarya di Kanchipuram, a proposito della nostra richiesta e il suo guru aveva immediatamente replicato: "Non farlo. La tua famiglia sarà distrutta." Ma in seguito, dopo un attimo di riflessione, gli chiese: "Chi ti ha chiesto di scolpire questa Divinità?" E quando apprese che erano gli Hare Krsna di Mayapur si preoccupò molto. "Vogliono Ugra Nrsimha? Sanno che cosa implicano la scultura e l'installazione di Ugra Nrsimha? La stessa Divinità fu scolpita più di tremila anni fa da alcuni sthapati molto elevati. Vi è un luogo, sulla strada che conduce a Mysore, dove è installato un Ugra Nrsimha molto feroce. Il demone Hiranyakasipu giace, aperto, sulle Sue ginocchia e le sue viscere sono riversate su tutto l'altare. Una volta il livello di adorazione era molto elevato e comprendeva una processione guidata da un elefante e una festa ogni giorno. Poi, gradualmente, l'adorazione declinò. Oggi quel luogo è una città fantasma. L'intero villaggio è deserto. Nessuno può vivere in pace là. Questo è ciò che vogliono per il loro progetto?"
Lo sthapati replico: "Sono insistenti. Vengono da me continuamente a parlarmi della Divinità. Sembra che abbiamo dei problemi con i banditi." Porgendo al guru uno schizzo della Divinità disse: "Questa è la Divinità che vogliono". Il guru prese lo schizzo e lo guardò con esperienza.
"Ah, questa Divinità rientra nella categoria Ugra", egli disse. "Ma una Divinità in questa particolare posizione è chiamata Sthanu Nrsimha.
Non esiste su questo pianeta.
Neppure i deva sui pianeti celesti adorano questa forma. Si, questa categoria appartiene alla categoria
Ugra. Ugra significa 'feroce, molto irato'. Vi sono nove diverse forme in questa categoria e sono tutte molto feroci. Quella che loro vogliono è Sthanu Nrsimha: che esce dalla colonna. No, non scolpire questa Divinità. Non sarà di buon augurio per te. Ne parleremo in seguito."
Qualche notte dopo lo sthapati ebbe un sogno nel quale il suo guru gli diceva: "Per loro puoi scolpire Sthanu Nrsimha."
La mattina seguente ricevette una lettera, consegnata a mano, da Kanchipuram. La lettera, proveniente dal Sankaracarya, dava alcune istruzioni riguardanti la ristrutturazione dei templi. In fondo si trovava una nota: "Per l'ISKCON puoi scolpire Sthanu Nrsimha."
Lo sthapati mi mostrò la lettera del guru e disse: "Ho le benedizioni del mio guru. Scolpirò la tua Divinità."
Ero felicissimo. Gli pagai l'anticipo e gli chiesi quanto tempo avrebbe impiegato a scolpire la Divinità e lui disse che la Divinità sarebbe stata pronta per l'installazione dopo sei mesi. Ritornai a Mayapur. Dopo quattro pacifici mesi a Mayapur, decisi di andare nel sud dell'India per acquistare accessori in ottone richiesti per l'adorazione di Sri Nrsimhadeva e poi per ritirare la Divinità. Il viaggio fu ben organizzato e senza complicazioni fino a quando non visitai lo sthapati. Gli spiegai che avevo comprato gli accessori per l'adorazione e che ero venuto a ritirare la Divinità.
Egli mi guardò come se fossi pazzo ed esclamò: "Quale Divinità? Non ho ancora trovato la pietra adatta!"
Non potevo credere alle mie orecchie.
"Ma tu avevi detto che la Divinità sarebbe stata pronta dopo sei mesi."
"Manterrò la mia promessa", disse, "Sei mesi dopo che avrò trovato la pietra, la Divinità sarà pronta per l'installazione." La sua risposta fu enfatica ma io non potevo proprio accettare il ritardo quindi, frustrato, lo sfidai: "Ci sono grandi lastre di pietra dappertutto nel sud dell'India. Qual è il problema?"
Mi guardò nel modo in cui l'insegnante guarda uno studente un po' lento e disse deliberatamente: "Non sto facendo un mortaio, sto facendo una Divinità e le Scritture dicono che solamente una pietra viva può essere adoperata per scolpire una Divinità di Visnu. Quando una lastra di pietra viene colpita in sette punti e ognuno di questi produce il suono indicato dalle Scritture, la pietra potrebbe essere adatta. Ma c'è anche una seconda prova che indica se la pietra e una pietra viva. C'è un animaletto che mangia il granito. Se mangia la pietra da una parte all'altra e lascia dietro di sé una scia completa e visibile, la pietra ha superato la seconda prova. Tale pietra è una pietra viva e l'espressione può manifestarsi da essa. Solamente da una pietra simile potrò scolpire il tuo Nrsimhadeva. Tale pietra emana poesia.
Tutti i lineamenti di una Divinità scolpita da tale pietra saranno pienamente espressivi e belli. Per favore sii paziente. Io ho cercato sinceramente la tua lastra di pietra."
Ero sorpreso e un po' ansioso. I devoti a Mayapur si aspettavano che la Divinità arrivasse da un momento all'altro. Come avrei spiegato loro la ricerca della "pietra viva"? Avrebbero potuto decidere di scolpire Nrsimhadeva nel marmo. Ripiegai su quello che ritenevo un argomento facile: "Per favore scusami ma ho dimenticato di dirti che vogliamo anche una Divinità di Prahlada. Vogliamo adorare PrahladaNrsimha. Cosa ne pensi?"
"Non penso che sia possibile", replicò lo sthapati. Lo guardai incredulo senza sapere cosa dire. Egli sorrise e continuò: "Tu vuoi che tutto sia svolto secondo le scritture. Il tuo Nrsimhadeva sarà alto 120 cm e facendo una proporzione il tuo Prahlada avrà le dimensioni di un'ameba."
"Ma noi vorremmo che Prahlada fosse alto 30 cm", lo interruppi.
"Va bene", replicò lo sthapati, "questo significa che il tuo Nrsimhadeva dovrà essere alto 365 metri."
Cominciammo a discutere sulle dimensioni di Prahlada Maharaja e finalmente lo sthapati, rassegnato, acconsentì a scolpire un Prahlada Maharaja che fosse alto 30 cm. Almeno adesso avrei avuto qualcosa di positivo da dire quando sarei tornato a Mayapur.
Dopo due mesi tornai nel sud dell'India; non vi era stato alcuno sviluppo. Cominciai a viaggiare avanti e indietro da Mayapur al sud dell'India ogni mese. Finalmente fu trovata la pietra giusta e lo sthapati diventò un'altra persona. Per oltre una settimana quasi non tornò a casa.
Semplicemente sedeva per ore e ore di fronte alla lastra di pietra ad osservarla con il gesso in mano senza disegnare niente. Non permise ai suoi aiutanti di fare altro che rimuovere l'eccesso di pietra per far si che la lastra assumesse una forma rettangolare. Quando lo visitai la volta seguente aveva disegnato uno schizzo sulla pietra. Nient'altro. Ero preoccupato. I manager a Mayapur stavano diventando impazienti.
"Sei sicuro che la Divinità verrà ultimata nel giro di sei mesi?", chiesi disperato.
"Non ti preoccupare, il lavoro verrà ultimato."
Tornai a Mayapur solamente per venir rimandato, dopo breve tempo, nel sud India a controllare alcuni dettagli della Divinità. Trovai lo sthapati che scolpiva con grande cura e dedizione. Si incominciava ad intravedere la forma. Lo sthapati aveva cominciato la scultura partendo dai bracciali. Impiegò due settimane a scolpirli. Ogni tratto era perfettamente rifinito e delicato. Ne fui impressionato e felice.
Lo sthapati impiegò poco più di un anno per ultimare la Divinità e quando la finì non mi informò subito ma decise di visitare alcuni amici per qualche giorno. Era la stagione monsonica e c'erano alcuni visitatori quindi egli ritenne più sicuro chiudere Sri Nrsimhadeva in una capanna di foglie. Dopo due giorni i suoi vicini corsero ad avvisarlo che la capanna era in fiamme. Nonostante le piogge insistenti, il tetto, costruito con palme da cocco, aveva preso fuoco. Lo sthapati si precipitò sul luogo trovando la capanna ridotta in cenere ma Sri Nrsimhadeva intatto.
Mi telefonò immediatamente: "Per favore vieni subito a prendere la tua Divinità perché sta bruciando tutto. Ha mostrato chiaramente che adesso vuole andare via".
Mi diressi con entusiasmo verso il sud dell'India, noleggiai un camion e lo riempii per metà di sabbia. Giunsi allo studio dello sthapati pensando che l'ultima parte sarebbe stata relativamente semplice. Avevo scioccamente dimenticato che Sri Nrsimhadeva è una persona molto pesante: pesava una tonnellata! Dopo alcune ore riuscimmo a sollevare, senza danni, la Divinità sul camion.
Per oltrepassare il confine del Tamil Nadu senza problemi avevamo bisogno di un permesso della Polizia insieme con dei documenti firmati dalla Finanza, dalla Sopraintendenza archeologica e dalle Belle Arti.
Tutti i funzionari chiesero di vedere la Divinità e quando videro Sri Nrsimhadeva divennero tutti molto gentili ed efficienti.
Avemmo tutti i documenti necessari nel giro di 24 ore, un vero miracolo conoscendo le usuali complicazioni della burocrazia indiana. Anche il viaggio verso Mayapur fu sorprendentemente pacifico e senza problemi. Il nostro protettore era certamente presente con noi.
Di solito lo sthapati è presente durante la cerimonia di installazione, si reca nella stanza della Divinità e le scolpisce gli occhi. Questa cerimonia è chiamata netranimilanam, "apertura degli occhi". Ma il nostro sthapati aveva già scolpito gli occhi di Sri Nrsimhadeva. Aveva anche celebrato il pranapratistha (l'installazione della forza vitale) e aveva già adorato la Divinità. Io sono sicuro che questa fu la ragione per cui tutti i documenti vennero preparati così prontamente e che il trasporto del Signore Supremo fu così semplice. Il Signore era già presente. E chi avrebbe osato dire di no a Sri Nrsimhadeva?
L'installazione di Sri Nrsimhadeva durò tre giorni, dal 28 al 30 Luglio 1986. Mi ricordo di essere stato preoccupato che l'installazione fosse troppo semplice. La seria ammonizione del Sankaracarya di Kanchipuram mi aveva profondamente impressionato. Ma le mie preoccupazioni furono presto placate dal suono dinamico del kirtana. Il sankirtanayajna, l'unica vera ricchezza del kaliyuga, dominava la scena.
Mi sentii soddisfatto e pieno di vita. Sri Nrsimhadeva, il protettore della missione del sankirtana aveva finalmente deciso di manifestarsi al Sri Mayapur Chandrodaya Mandir.















Tra tutte le scritture vediche il più illuminante testo che descrive la Personalità di Sri Krsna

SRIMADBHAGAVATAM

'UNDICESIMO CANTO'



Scritture Vediche

SRIMADBHAGAVATAM

Abbiamo un grande piacere nel pubblicare la versione inedita in lingua italiana dello SrimadBhagavatam, undicesimo canto, la parte conclusiva del grande classico della spiritualità compilato cinquemila anni fa da KrsnaDvaipayana Vyasa, tradotto dall'originale sanscrito da Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, e completato dai suoi discepoli.
Lo SrimadBhagavatam, l'essenza di tutte le Scritture Vediche, è la scienza spirituale che ci permette di conoscere non solo la sorgente ultima di ogni cosa, l'Essere Supremo, ma anche la relazione che ci unisce a Lui, e spiega inoltre che il nostro dovere è di agire per migliorare la società umana sulla base di questa conoscenza infallibile.
Chi fosse interessato all'intera opera può contattare la Bhaktivedanta Book Trust Italia.



CANTO 11

CAPITOLO 1


LA MALEDIZIONE CONTRO LA DINASTIA YADU

SPIEGAZIONE AL VERSO 8


(Continua) Da questo episodio è dato di capire che quando un uomo mostra rancore o schernisce i devoti di Visnu, il suo brahmanyata, le sue elevate qualifiche spirituali, vengono distrutte insieme al suo rispetto nei confronti di Sri Krsna. Il disprezzo e lo scherno diretti verso le persone rispettabili e i veri brahmana distruggono tutte le buone qualità. Quando si manca di rispetto nei confronti dei Suoi devoti, il Signore Supremo diventa poco benevolo perfino verso i Suoi parenti e i Suoi amici, e provvede a distruggere coloro che si oppongono ai Suoi devoti. Se qualche sciocco nei panni di un parente della famiglia personale di Krsna esprime ostilità nei confronti dei vaisnava, le sue offese fanno sì che egli non possa più essere giustamente chiamato un discendente della dinastia di Krsna. Questa è la suprema equanimità di Dio, la Persona Suprema.



VERSO 9


yan-nimittah sa vai sapo
yadrso dvija-sattama
katham ekatmanam bheda
etat sarvam vadasva me

yat-nimittah: dovuto a quale causa; sah:
quella; vai: veramente; sapah:
maledizione; yadrsah: di quale tipo;
dvija-sat-tama: tu che sei il più puro tra i
brahmana nati due volte; katham: come;
eka-atmanam: di coloro che
condividevano la stessa anima (Sri
Krsna); bhedah: la discordia; etat:
questa; sarvam: tutto; vadasva: ti prego
di dire; me: a me.



TRADUZIONE

Il re Pariksit di nuovo si informò:
Quale fu il motivo di questa
maledizione? E in che cosa
consisteva? E come fu possibile che
una simile discordia sorgesse tra gli
Yadu, che condividevano tutti lo
stessa meta nella vita? Ti prego, tu
che sei il più puro tra i nati due volte,
spiegami tutte queste cose.



SPIEGAZIONE

Ekatmanam significa che tutti gli Yadu
condividevano la stessa opinione, cioè
che Krsna, Dio, la Persona Suprema,
era la meta della loro vita. Per questo
motivo Maharaja Pariksit non riusciva a
vedere alcuna ragione ovvia per una
contesa così distruttiva tra i componenti
della dinastia Yadu, ed era ansioso di
conoscerne la vera causa.



VERSO 10


sri-badaraya nir uvaca
bibhrad vapuh
sakala-sundara-sannivesam
karmacaran bhuvi su-mangalam
apta-kamah
asthaya dhama ramamana
udara-kirtih
samhartum aicchata kulam
sthita-krtya-sesah

sri-badarayanih : Sukadeva Gosvami, il figlio di
Badarayana; uvaca: disse; bibhrat: portava;
vapuh: un corpo divino; sakala: di tutte;
sundara: le cose belle; sannivesam: la fusione;
karma: le attività; acaran: compiendo; bhuvi:
sulla Terra; su-mangalam: molto propizie;
apta-kamah: soddisfatto in tutti i suoi desideri;
asthaya: che risiede; dhama: nella Sua dimora
(Dvaraka); ramamanah: che gode della vita;
udara-kirtih: le cui glorie sono molto generose
in sé; samhartum: distruggere; aicchata: Egli
desiderò; kulam: la Sua dinastia; sthita: che
rimaneva; krtya: di ciò che doveva fare; sesah:
la fine.



TRADUZIONE

Sukadeva Gosvami disse:
Il Signore, che manifestava il Suo corpo
come la sintesi di tutto ciò che è bello, compì
coscienziosamente le attività più propizie
mentre Si trovava sulla Terra, benché in
effetti fosse già perfettamente soddisfatto
nei Suoi desideri senza alcuno sforzo.
Mentre abitava nella Sua dimora e godeva
della vita, il Signore, la cui glorificazione è
in se stessa magnanima, volle ora
annientare la propria dinastia, perché una
piccola parte della Sua missione non era
stata ancora compiuta.



SPIEGAZIONE

Questo verso risponde alla domanda di Pariksit
Maharaja sulle ragioni che avevano spinto i
brahmana a maledire i potenti familiari della
dinastia Yadu, inducendoli a distruggersi l'un
l'altro in una guerra fratricida. Con l'espressione
samhartum aicchata kulam si afferma
chiaramente che Sri Krsna stesso desiderava
ritirare la propria dinastia, e che per questo
aveva fatto in modo che i brahmana si
comportassero come Suoi strumenti. Visvanatha
Cakravarti Thakura fa notare qui che Krsna
aveva chiaramente dimostrato l'insuperabile
bellezza e potenza della Sua forma personale,
dei Suoi divertimenti e dei Suoi piaceri a tutti gli
abitanti della Terra. Così la Sua apparizione che
doveva distruggere i demoni, salvare i devoti e
ristabilire i princìpi religiosi si era compiuta con
perfetto successo. Quando Sri Krsna notò che
la Sua missione era ormai completa, e tutto era
stato fatto in modo perfetto, desiderò tornare
nella Sua dimora trascendentale, insieme con i
Vrsni. Perciò il Signore organizzò
personalmente l'episodio in cui la dinastia Yadu
sarebbe stata maledetta dai brahmana.
Secondo Visvanatha Cakravarti Thakura,
apta-kamah significa che Krsna è sempre
soddisfatto in Se stesso, ma per eseguire i Suoi
divertimenti trascendentali organizzò la
distruzione della propria dinastia per tre motivi
specifici: ristabilire sui pianeti celesti quei deva
che erano nati
in mezzo agli Yadu per assisterLo, ristabilire le
proprie espansioni plenarie di Visnu nelle Loro
dimore, come Vaikuntha, Svetadvipa e
Badarikasrama, e sottrarre i Suoi compagni
eterni e Se stesso alla vista del mondo materiale.
A questo proposito, Bhaktisiddhanta Sarasvati
ha lasciato diverse osservazioni importanti sulla
distruzione della dinastia Yadu. Egli afferma che
molte persone cosiddette religiose sono cadute
per aver commesso la seconda offesa contro il
canto del santo nome, cioè visnau
sarvesvarese tad-itara-sama-dhih:
considerare un altro essere vivente uguale a Sri
Visnu, che è il Signore dei signori.
Una persona che ha la mente soggiogata dalla
tendenza impersonalista della filosofia Mayavada
pensa scioccamente che l'energia esterna,
materiale, del Signore sia uguale alla Sua
potenza interna, spirituale. In questo modo, si
finisce col porre sullo stesso piano i comuni
esseri viventi e Dio, la Persona Suprema,
considerando Krsna come un altro aspetto di
maya. Questo è un fraintendimento davvero
sfortunato, perché rovina ogni possibilità di
comprendere Dio nella sua realtà. Senza dubbio
le persone che si sentono attratte verso questa
concezione illusoria della vita arriveranno a
considerare i componenti della dinastia Yadu
uguali a Krsna sotto ogni aspetto, e ad adorare i
futuri discendenti della famiglia di Krsna come
Krsna stesso. Così la presenza continua della
dinastia Yadu sulla Terra sarebbe certamente
stata un grosso ostacolo sulla via della
comprensione spirituale e un enorme fardello per
la Terra. Per neutralizzare il pericolo che
avrebbe costituito per il mondo l'idea offensiva
di porre Visnu al medesimo livello della famiglia
di Visnu, il Signore decise di annientare la
dinastia Yadu.
Il Signore Supremo, Sri Krsna, è sempre
affettuoso verso i Suoi devoti, ma ogni volta che
i discendenti della Sua famiglia diventano ostili o
indifferenti verso di Lui, e cessano di amare i
Suoi puri devoti o di fare amicizia con i Suoi
servitori, questi cosiddetti membri della famiglia
del Signore diventano ostacoli per la Sua
volontà. Si verifica quindi il tangibile pericolo che
gli esseri ignoranti rivolgano la propria
adorazione verso queste persone ostili,
onorandole come compagni intimi di Krsna.
Considerare per esempio Kamsa lo zio materno
di Krsna e quindi un Suo fedele servitore,
sarebbe una conclusione completamente errata.
Un simile equivoco porterebbe a considerare
come compagni intimi del Signore uomini
malvagi che si oppongono al Signore stesso, e le
persone ostili a Krsna Suoi sottomessi
dipendenti, apparsi nella Sua stessa famiglia. Lo
scopo della distruzione della dinastia Yadu era
dunque quella di sradicare la falsa logica dei
Mayavadi che desiderano vedere l'unità totale di
tutte le cose, e suppongono erroneamente che i
nemici dei devoti di Krsna possano essere Suoi
intimi familiari.



VERSI 11-12

karmani punya-nivahani su-mangalani
ayaj-jagat-kali-malapaharani krtva
kalatmana nivasata yadu-deva-gehe
pindarakam samagaman munayo nisrstah

visvamitro 'sitah kanvo
durvasa bhrgur angirah
kasyapo vamadevo 'trir
vasistho naradadayah

karmani: rituali interessati; punya: la virtù;
nivahani: che conferiscono; su-mangalani: di
grande buon augurio; gayat: cantando (di
questo); jagat: per il mondo intero; kali: di
quest'epoca degradata; mala: le impurità;
apaharani: che portano via; krtva: dopo aver
compiuto; kala-atmana: da Lui, che è la
personificazione stessa del tempo; nivasata: che
risiede; yadu-deva: del signore degli Yadu (il re
Vasudeva); gehe: nella casa; pindarakam: al
luogo di pellegrinaggio conosciuto come
Pindaraka; samagaman: andarono; munayah: i
saggi; nisrstah: congedati; visvamitrah asitah
kanvah: i saggi Visvamitra, Asita e Kanva;
durvasah bhrguh angirah: Durvasa, Bhrgu e
Angira; kasyapah vamadeva atrih: Kasyapa,
Vamadeva e Atri; vasisthah narada-adayah:
Vasistha, Narada e altri ancora.



TRADUZIONE

Una volta i saggi Visvamitra, Asita, Kanva,
Durvasa, Bhrgu, Angira, Kasyapa,
Vamadeva, Atri e Vasistha, insieme con
Narada e altri ancora, compirono dei rituali
che permettevano di ottenere una grande
abbondanza di risultati virtuosi, grande
felicità, e potevano inoltre distruggere i
peccati del Kali-yuga per il mondo intero
soltanto per il fatto di essere narrati. I saggi
eseguirono accuratamente questi rituali
nella casa del capo degli Yadu, Vasudeva, il
padre di Sri Krsna. Dopo che Sri Krsna,
che viveva là come la personificazione
stessa del tempo, li ebbe congedati
rispettosamente alla conclusione delle
cerimonie, i saggi si diressero verso il luogo
santo chiamato Pindaraka.



SPIEGAZIONE

In questo verso Sukadeva Gosvami comincia a
narrare la storia della maledizione dei brahmana
lanciata contro la dinastia Yadu secondo il
desiderio del Signore. Sridhara Svami spiega
che alcuni rituali religiosi, come
l'asvamedha-yajna, generano reazioni virtuose;
invece altre attività come l'occuparsi dei propri
figli danno un piacere immediato soltanto nel
presente, mentre i rituali celebrati come
espiazione distruggono le reazioni del peccato.
Tuttavia le attività religiose menzionate
nell'undicesimo verso, indicate dalle parole
karmani punya-nivahani su-mangalani
gayaj-jagat-kali-malapaharani , erano
virtuose sotto ogni aspetto, e producevano
grande gioia e risultati virtuosi in grande
abbondanza. Erano così potenti che la semplice
glorificazione di questi rituali può liberare da
tutte le reazioni peccaminose del Kali-yuga.
I saggi chiamati nella casa di Vasudeva per
celebrare queste attività religiose così propizie
furono soddisfatti con doni adeguati, e furono
poi inviati da Krsna a Pindaraka, un luogo santo
poco distante, situato a circa due miglia dal
Golfo Arabico, sulla costa del Gujarat. Ancora
oggi questo luogo si chiama Pindaraka.
E' significativo che Sri Krsna sia menzionato in
questo verso col nome kalatmana, la forma del
tempo, o l'Anima Suprema. Nell'undicesimo
capitolo della Bhagavad-gita Dio, la Persona
Suprema, Si rivela ad Arjuna come la
personificazione del tempo, apparsa sul campo
di battaglia di Kuruksetra per distruggere tutti i
re e gli eserciti che costituivano un fardello per la
Terra. Similmente troviamo qui kalatmana
nivasata yadu-deva-gehe: Krsna viveva nella
casa di Suo padre Vasudeva come la
personificazione del tempo, il che indica che si
stava avvicinando l'ora della distruzione della
Sua stessa dinastia, secondo il Suo volere.



VERSI 13-15

kridantas tan upavrajya
kumara yadu-nandanah
upasangrhya papracchur
avinita vinita-vat

te vesayitva stri-vesaih
sambam jambavati-sutam
esa prcchati vo vipra
antarvatny asiteksana

prastum vilajjati saksat
prabrutamogha-darsanah
prasosyanti putra-kama
kim svit sanjanayisyati

kridantah: giocando; tan: essi (i saggi);
upavrajya: avvicinando; kumarah: i ragazzi;
yadu-nandanah: i figli della dinastia Yadu;
upasangrhya: afferrando i piedi dei saggi;
papracchuh: chiesero; avinitah: non umili;
vinita-vat: ma comportandosi come se fossero
stati umili; te: essi; vesayitva: avendo vestito;
stri-vesaih: con abiti e ornamenti da donna;
sambam jambavati-sutam: Samba, il figlio di
Jambavati; esa: questa donna; prcchati: chiede;
vah: a voi; viprah: o brahmana eruditi;
antarvatni: gravida; asita-iksana: dagli occhi
neri; prastum: di chiedere; vilajjati: è
imbarazzata; saksat: direttamente, lei stessa;
prabruta: vi prego, dite; amogha-darsanah: voi
che non siete mai confusi nella visione delle cose;
prasosyanti: lei che è quasi sul punto di dare
alla luce; putra-kama: e che desidera avere un
figlio; kim svit: che cosa in realtà (un maschio o
una femmina); sanjanayisyati: partorirà.



TRADUZIONE

I ragazzi della dinastia Yadu portarono in
quel luogo santo il figlio di Jambavati,
Samba, vestito con abiti femminili. Poi i
ragazzi si avvicinarono scherzosamente ai
grandi saggi là riuniti, si gettarono ai loro
piedi e chiesero sfacciatamente, con falsa
umiltà: "O brahmana eruditi, questa donna
incinta dagli occhi neri vuole chiedervi una
cosa, ma si sente troppo imbarazzata per
chiedervelo direttamente. Tra breve
partorirà, ed è ansiosa di avere un figlio
maschio. Poiché voi tutti siete grandi saggi
dalla visione infallibile, vi preghiamo di dirci
se il neonato sarà maschio o femmina."



SPIEGAZIONE

Srila Bhaktisiddhanta Sarasvati ha lasciato il
seguente commento: "Il comportamento
impudente dei giovani Yadu nei confronti dei
saggi guidati da Narada, che erano tutti brahmana e
devoti del Signore, era una dimostrazione della
loro deviazione dalla via di Sri Krsna.
Similmente, benché i prakrta-sahajiya pensino
di essere compagni intimi di Krsna, la
determinazione del Signore supremamente
misericordioso è perfettamente corretta quando
agisce per distruggere questi falsi devoti. Simili
impostori in realtà non accettano mai il vero
servizio a Krsna. L'inganno degli yadu-kumara
viene definito "apparentemente umile", e ciò
significa che in effetti essi erano tutt'altro che
umili. Perciò il fatto che la famiglia del Signore
avesse messo in ridicolo i Vaisnava risultò una
grave offesa nei confronti dei devoti del
Signore."
Un episodio simile accadde durante i
divertimenti di Sri Caitanya Mahaprabhu,
quando la Sua stessa madre offese Sri Advaita
Acarya. Sri Caitanya Mahaprabhu rettificò
personalmente questa offesa nei confronti di un
grande Vaisnava, mostrando così la Sua
magnanimità. Anche il divertimento di Sri Krsna
della distruzione della dinastia Yadu è una
dimostrazione della Sua misericordia verso i
devoti.
Credendo che i brahmana, i Vaisnava e i rsi
fossero degli sciocchi privi di conoscenza
riguardo alla gratificazione materiale dei sensi, gli
yadu-kumara travestirono da donna Samba, il
figlio di Jambavati, cercando di farsi beffe della
santa assemblea. Sri Krsna volle insegnare che
una simile offesa commessa contro grandi devoti
dal Suo associato Samba sarebbe stata la causa
della distruzione della dinastia Yadu. Tutto
questo faceva parte del Suo lila.
Nei tempi moderni una simile impudenza si è
manifestata anche nella comunità dei Gaudiya
Vaisnava. Persone prive di autorità hanno preso
l'abitudine di travestire con vesti femminili i loro
seguaci maschi: tale pratica dev'essere
annoverata tra le aparadha, le offese verso
Krsna. Un simile tentativo di ridicolizzare e
minimizzare il servizio devozionale a Krsna è
certamente motivato dall'invidia verso i veri
Vaisnava, che sono fedelmente impegnati nel
servizio di devozione secondo le regole
prescritte dalla letteratura vedica. Rupa Gosvami
ha detto:

sruti-smrti-puranadi-
pancaratra-vidhim vina
aikantiki harer bhaktir
utpatayaiva kalpate

"Se una persona vuole dimostrare la sua grande
devozione al Signore Supremo, ma il suo
metodo di servizio devozionale trasgredisce le
regole stabilite nelle Scritture rivelate come le
sruti, le smrti, i Purana e il Narada-pancaratra, allora il suo preteso amore
per Dio non farà altro che disturbare la società,
sviando la gente dal sentiero propizio del
progresso spirituale." (B.r.s. 1.2.101) Il fatto che
un uomo si travesta da donna nella krsna-lila
voleva sottolineare questo fatto. Una simile
azione era intesa ad ingannare e a ridicolizzare i
devoti di Krsna. Samba è un compagno
personale del Signore, ma agendo come l'araldo
della sventura che i falsi seguaci di Sri Caitanya
Mahaprabhu avrebbero creato successivamente,
nel corso del Kali-yuga, Samba esibì questo
divertimento istruttivo perché gli esseri viventi
fossero benedetti seguendo il giusto sentiero del
servizio devozionale.
I ragazzi dissero ai saggi: "O rsi, o brahmana, o
Narada, e voi grandi personaggi, potete dirci se
sarà un maschio o una femmina a nascere dal
grembo di questa donna gravida?" Rivolgendosi
ai puri Vaisnava in questo modo, essi
anticipavano le sampradaya fraudolente
dell'epoca moderna e la loro pratica detta
sakhi-bheka, che consiste nel vestire gli uomini
come compagne delle gopi. Questa attività non
autorizzata costituisce un atto di scherno e di
disprezzo nei confronti dei puri devoti del
Signore.
Molti falsi yogi, immaginando di distribuire la
devozione più sublime a livello liberato, cercano
di conferire la posizione di "puro devoto" a
candidati che ignorano totalmente i gusti
trascendentali del madhura-rati, l'amore
coniugale del Signore nel mondo spirituale.
Benché sappiano che la massa è inadatta a
imitare i compagni liberati del Signore, decidono
di decorare artificialmente persone comuni con
gli ornamenti della perfezione spirituale, come le
lacrime, un cuore intenerito, e il rizzarsi dei peli
sul corpo. In tal modo, questi falsi yogi
introducono un procedimento che tende a sviare
il mondo intero. Poiché aveva compreso che nel
Kali-yuga sarebbe stato impossibile contrastare
la terribile sfortuna causata da questi falsi yogi, o
kuyogi, Sri Caitanya Mahaprabhu li infettò con
desideri insensati per gli oggetti della lussuria
materiale, in modo che le persone comuni
potessero facilmente identificare questi falsi yogi
e comprendere quanto essi si fossero allontanati
dal sentiero del puro servizio devozionale. Lo
scherno mostrato verso i brahmana e i
Vaisnava dai ragazzi della dinastia Yadu che
avevano vestito Samba in abiti femminili, e la
distruzione della dinastia Yadu che ne risultò,
dimostrano definitivamente l'inutilità delle
sahajiya-sampradaya.
Srila Jiva Gosvami ha confermato che la
mancanza di umiltà mostrata dai figli della
dinastia Yadu fu un piano del Signore stesso. In
altre parole, i membri della dinastia Yadu sono in
ultima analisi compagni di Sri Krsna, e agirono
in modo apparentemente contrario all'etica, allo
scopo di facilitare gli istruttivi divertimenti del
Signore.
(Continua sul prossimo numero)















SRILA PRABHUPADA
LILAMRTA

La Biografia di un Santo del XX Secolo

di Satsvarupa dasa Gosvami

Prosegue la pubblicazione integrale della biografia di A.C. Bhaktivedanta Swami, così come presentata nel volume intitolato Srila Prabhupada Lilamrita.



Terza Puntata

Abhay desiderava possedere un carro e celebrare il suo Rathayatra, e naturalmente si rivolse al padre per essere aiutato. Gour Mohan fu d'accordo ma vi erano difficoltà. Quando portò suo figlio in un negozio di carpenteria, Gour Mohan si accorse che non poteva permettersi di far costruire un carro per il figlio. Sulla via verso casa Abhay cominciò a piangere, e vedendolo piangere una donna bengali gli si avvicinò e gli chiese perché piangesse. Gour Mohan spiegò che il ragazzo voleva un carro del Rathayatra, ma egli non aveva la possibilità di accontentarlo. "Oh, io ho un carro", disse la donna, e invitò Gour Mohan a casa sua per mostrarglielo. Il carro appariva in cattivo stato, ma sembrava che potesse funzionare, ed era proprio delle dimensioni adatte, alto circa un metro.
Gour Mohan lo comprò e aiutò a restaurarlo e a decorarlo. Padre e figlio costruirono insieme sedici colonne di sostegno e in cima a queste posero un baldacchino, simile per quanto era possibile ai grossi carri di Puri. Essi vi attaccarono anche il tradizionale cavallo di legno, e il guidatore sulla parte anteriore del carro. Abhay insisteva affermando che doveva sembrare autentico. Gour Mohan comprò i colori e Abhay dipinse personalmente il carro sul modello di quelli originali. Con il suo grande entusiasmo egli diventò un organizzatore costante dei vari aspetti del festival. Tuttavia, quando tentò di fare i fuochi artificiali per l'occasione, seguendo le descrizioni illustrate di un libro per imparare il procedimento, Rajani intervenne. Abhay impegnò i suoi compagni per aiutarlo, in particolare sua sorella Bhavatarini, e diventò il loro naturale leader. Rispondendo alle sue richieste, divertite, le madri dei dintorni furono d'accordo nel cuocere vivande speciali in modo che potesse distribuire il prasadam al suo Rathayatra.
Come il festival di Puri, il Rathayatra andò avanti per otto giorni consecutivi. I membri della sua famiglia si radunarono, e i ragazzi del vicinato si unirono alla processione spingendo il carro, suonando tamburi e karatala e cantando. Indossando soltanto un dhoti e senza camicia, nel caldo dell'estate, Abhay guidò i ragazzi nel canto del mantra Hare Krishna e cantando il bhajana bengali, ki kara rai kamalini.

Che stai facendo Srimati Radharani? Ti prego, vieni fuori a guardare.
Stanno rubando il tuo grande tesoro Krishna, la gemma nera. Se ogni ragazza lo sapesse! Krishna, il giovane ragazzo, Tesoro del suo cuore, Ora La sta abbandonando.

Abhay aveva imitato tutto ciò che aveva potuto osservare durante le funzioni degli adulti, compreso il modo di vestire le Divinità, l'offerta del cibo, l'offerta dell'arati con una lampada di ghi, l'incenso e il modo di fare omaggi prostrandosi a terra. Da Harrison Road la processione entrò nel viale circolare all'interno del cortile del tempio di RadhaGovinda, e sostò per un po' di tempo di fronte alle Divinità. Vedendo il divertimento, gli amici di Gour Mohan lo avvicinarono: "Perché non ci hai invitati? Stai compiendo una grande cerimonia, e non ci hai invitati? Che cosa succede?"
"Sono soltanto bambini che giocano", rispose il padre.
"Oh, un gioco di bambini!" scherzò l'uomo, "ce ne privi dicendo che questo è solo un gioco da bambini?"
Mentre Abhay era estaticamente assorto nella processione del Rathayatra, Gour Mohan spese denaro per otto giorni consecutivi, e Rajani cucinò varie vivande da offrire, insieme ai fiori per il Signore Jagannatha. Benché tutto ciò che Abhay fece in quell'occasione fosse un'imitazione, la sua ispirazione e la sua guida sicura per lo svolgimento del festival erano genuine. Il suo spirito spontaneo sostenne per otto giorni il festival dei bambini, e da allora ogni anno successivo portò un nuovo festival che Abhay celebrò sempre nello stesso modo.
Quando Abhay ebbe circa sei anni, chiese a suo padre di avere una Divinità da adorare. Poiché nell'infanzia aveva visto suo padre che celebrava il puja nella casa e aveva assistito con regolarità all'adorazione di RadhaGovinda, aveva pensato: "Quando sarò in grado di adorare Krishna così?" Su richiesta di Abhay, il padre comprò una coppia di Murti piccole di RadhaKrishna e gliele regalò. Da quel momento ogni volta che mangiava Abhay offriva prima il cibo a Radha e Krishna e, imitando suo padre e i sacerdoti di RadhaGovinda, offriva alle Divinità una lampada di ghi e poi Le metteva a riposare per la notte.
Abhay e sua sorella Bhavatarini si dedicarono ad adorare le piccole Divinità di RadhaKrishna impiegando molto del loro tempo nel vestirLe e nell'adorarLe, e talvolta nel fare bhajana. I fratelli e le sorelle ridevano e li prendevano in giro dicendo loro dispettosamente che non sarebbero vissuti a lungo perché s'interessavano più delle Divinità che della loro educazione, ma per tutta risposta Abhay dichiarava di non preoccuparsene. Un giorno un vicino chiese alla madre:
"Quanti anni ha vostro figlio?"
"Sette", rispose la madre, mentre Abhay ascoltava con interesse. Non aveva mai sentito nessuno parlare della sua età prima, ora capiva per la prima volta di avere sette anni.
Oltre all'educazione che Abhay aveva ricevuto al giardino d'infanzia, dove in un primo tempo era stato trascinato a forza, ricevette anche un'istruzione privata a casa, dai cinque agli otto anni di età.
Imparò a leggere in bengali e cominciò lo studio del sanscrito. Poi, nel 1904, all'età di otto anni, Abhay entrò alla Mutty Lall Seal Free School. La scuola era vicina, sull'angolo delle vie Harrison e Central.
Mutty Lall era una scuola per ragazzi fondata nel 1842 da un ricco vaisnava appartenente alla suvarnavanik. La costruzione di pietra a due piani era circondata da un muro di cinta. Gli insegnanti erano indiani, e gli studenti erano bengalesi, discendenti dalle famiglie suvarnavanik del luogo. Vestiti con dhoti e kurta, i ragazzi lasciavano i genitori il mattino e camminavano insieme in piccoli gruppi portando con sé ciascuno la propria colazione. Nel recinto della scuola essi discutevano insieme e giocavano finché la campanella non li chiamava in classe. I ragazzi entravano nell'edificio scolastico saltando attraverso le sale, correndo su e giù dalle scale, uscendo nell'ampia veranda sulla facciata anteriore del secondo piano, finché gli insegnanti li riunivano tutti davanti ai loro banchi di legno e alle panche per ricevere lezioni di matematica, di scienze, di storia, di geografia e di religione e cultura vaisnava.
Le lezioni si svolgevano con disciplina e precisione. Ogni panca ospitava quattro ragazzi che si dividevano un banco comune con quattro calamai. Se un ragazzo era disubbidiente, il maestro gli ordinava di restare in piedi vicino al suo banco. Il libro di lettura bengali usato dai ragazzi era il ben noto "Racconti popolari del Bengala", una raccolta di racconti popolari della tradizione bengali, storie che una nonna del luogo raccontava ai suoi nipotini  racconti di streghe, fantasmi, spiriti tantrici, animali parlanti e brahmana santi (o talvolta malvagi), guerrieri eroici, ladri, principi, principesse, rinuncia spirituale e matrimonio virtuoso.
Nelle loro passeggiate giornaliere per recarsi a scuola, Abhay e i suoi amici venivano a conoscere, almeno secondo la loro ottica infantile, tutta la gente che era possibile incontrare regolarmente nelle strade di Calcutta: i loro superiori britannici che viaggiavano nei dintorni, generalmente sui loro calessini, i cocchieri di vetture da nolo, i bhangi, gli spazzini che pulivano la strada con scope di saggina, e anche i locali borsaioli e le prostitute ferme agli angoli delle vie.
Abhay aveva compiuto dieci anni l'anno in cui in Harrison Road furono messe in opera le rotaie della tramvia elettrica. Egli osservava gli operai che posavano i binari, e quando vide per la prima volta il trolley della carrozza tramviaria che toccava la linea elettrica sovrastante, si divertì molto.
Sognava a occhi aperti di avere un bastone che gli permettesse di toccare la linea elettrica e di correre grazie all'elettricità. Benché la corrente elettrica fosse nuova a Calcutta e non fosse diffusa (soltanto i ricchi potevano disporne nelle loro case), con il tram elettrico arrivarono le nuove linee elettriche sulle strade e le lampade ad arco rimpiazzarono le vecchie luci a gas. Abhay e i suoi amici avevano l'abitudine di scendere sulle strade per cercare sul terreno i pezzetti di carbone usato che il sorvegliante abbandonava. Quando Abhay vide il primo grammofono, pensò che nella scatola che cantava fosse nascosto un uomo elettrico o un fantasma.
Ad Abhay piaceva guidare la bicicletta per le strade affollate di Calcutta. Benché, quando a scuola era stato istituito il club del calcio, Abhay fosse stato richiesto per la posizione di portiere, e quindi non avrebbe dovuto correre, Abhay era molto amante del ciclismo.
La sua passeggiata favorita consisteva nell'andare a sud, verso Dalhousie Square, dotata di un'ampia fontana che spruzzava acqua nell'aria. La piazza era vicina a Raj Bhavan, la residenza del viceré, che Abhay poteva intravedere attraverso i cancelli. Continuando verso sud egli passava gli archi del Maidan, il più importante parco pubblico di Calcutta con le sue belle e lisce superfici erbose che si stendevano verso Chowranghee e verso le signorili costruzioni e gli alberi del quartiere britannico. Il parco offriva anche luoghi eccitanti per le biciclette: la pista da corsa, il Fort William, lo stadio. Il Maidan costeggiava il Gange (conosciuto con il nome Hooghly) e talvolta Abhay tornava a casa in bicicletta lungo le sue rive. Qui egli poteva vedere numerosi luoghi adatti per il bagno (ghata) con i gradini di pietra che portavano giù fino al Gange, e spesso la sommità dei gradini ospitava un tempio. Qui vi erano anche ghata da cremazione, dove venivano bruciati i corpi e, molto vicino a casa sua, un ponte di barche attraversava il fiume fin dentro la città di Howrah.
A dodici anni, sia pure senza riceverne una profonda impressione, Abhay fu iniziato da un guru di professione. Il guru gli parlò del suo maestro, un grande yogi che una volta gli aveva chiesto: "Che cosa vuoi mangiare?"
Il guru di famiglia di Abhay aveva risposto: "Melograne fresche provenienti dall'Afghanistan."
"Va bene", aveva risposto lo yogi, "va nella stanza vicina." Là egli aveva trovato un ramo di melograne mature, come se fossero state colte di fresco dall'albero. Uno yogi che era venuto a far visita al padre di Abhay aveva affermato che una volta egli se ne stava seduto con il suo maestro quando, toccandolo, era stato trasportato in pochi istanti alla città di Dvaraka, grazie ai poteri dello yoga di cui il maestro era dotato.
Gour Mohan non aveva un'opinione elevata del numero sempre crescente di cosiddetti sadhu in Bengala - filosofi impersonalisti privi di devozione, adoratori di esseri celesti, fumatori di ganja, mendicanti - ma era così caritatevole che invitava i ciarlatani a casa sua. Ogni giorno Abhay poteva vedere numerosi cosiddetti sadhu, e anche sadhu genuini, che venivano a mangiare a casa sua come ospiti del padre, e grazie alle loro parole e attività Abhay diventò consapevole di un gran numero di cose, inclusa l'esistenza dei poteri dello yoga. Visitando un circo, Abhay e suo padre videro un giorno uno yogi con mani e piedi legati che era stato sistemato in un sacco. Il sacco sigillato fu posto in una scatola, tuttavia l'uomo ne uscì; Abhay, comunque, non attribuì mai eccessiva importanza a questo genere di cose a paragone del servizio devozionale che suo padre gli aveva insegnato, all'adorazione di Radha e Krishna e alla celebrazione del Rathayatra.
Indù e musulmani vivevano pacificamente a Calcutta e non era cosa insolita per loro assistere reciprocamente a funzioni sociali e religiose. Vi erano differenze, ma l'armonia si era sempre mantenuta. Quando scoppiò il tumulto, la famiglia di Abhay comprese che ciò era dovuto all'agitazione politica inglese. Abhay aveva circa tredici anni quando tra gli Indù e i Musulmani scoppiò la rivolta. Egli non poteva capire esattamente cosa fosse, ma in qualche modo vi si trovò coinvolto.
Srila Prabhupada: Da ogni parte, nei dintorni di Harrison Road vi erano musulmani.
La casa Mullik e la nostra casa erano rispettabili, ma per il resto ci si trovava in quella che è definita kasba o basti. Perciò il tumulto era là, e io ero andato a giocare. Non sapevo che la rivolta fosse scoppiata a Market Square. Stavo tornando a casa quando uno dei miei amici disse: "Non andiamo a casa tua. Là è scoppiata una rivolta. "Noi vivevamo nel quartiere maomettano e la lotta tra i due partiti continuava. Io pensavo però che si trattasse di qualcosa di simile alla lotta di due gunda (teppisti).
Una volta avevo visto un gunda colpire con il pugnale un altro gunda e avevo visto i borsaioli. Erano uomini del vicinato. Io pensavo che si trattasse di qualcosa di simile che si stava verificando.
Quando però giunsi all'incrocio di Harrison Road con Holliday Street, vidi un negozio saccheggiato. Ero solo un bambino, un ragazzo. Pensai: ''Che cosa accade?" Nel frattempo la mia famiglia, mio padre e mia madre, pieni di paura, a casa pensavano: "Il ragazzo non è tornato." Erano così turbati che uscirono davanti alla casa ad aspettare. "Da che parte tornerà il ragazzo?"
Così, che cosa potevo fare? Quando vidi la rivolta cominciai a correre verso casa, e un Musulmano mi voleva uccidere. Prese un coltello e mi corse dietro. Tuttavia riuscii a passare. Ero salvo. Così, appena giunsi trafelato alla porta di casa, i miei genitori ritrovarono la vita.
Senza dir nulla andai nella camera da letto. Era inverno. Senza dir parola mi sdraiai coprendomi con una trapunta. Più tardi mi alzai chiedendo "E' finito, è finito il tumulto?"
Quando Abhay ebbe quindici anni contrasse il beriberi e sua madre, che era stata anche lei colpita dalla malattia, doveva regolarmente strofinare un po' di polvere di calcio clorato sulle sue gambe per ridurre la tumefazione. Presto Abhay recuperò la salute, e sua madre, che non aveva mai cessato di svolgere i suoi doveri, si ristabilì.
Soltanto un anno più tardi, tuttavia, all'età di quarantasei anni, la madre di Abhay improvvisamente morì.
La sua dipartita fu come l'improvviso abbassarsi di un sipario che si chiudeva sulla scena della sua tenera infanzia: le affettuose cure di sua madre, le sue preghiere e i suoi mantra destinati a proteggerlo, il suo desiderio di nutrirlo e pulirlo, i suoi doverosi rimproveri. La sua scomparsa colpì le sue sorelle più ancora di lui, benché egli si rivolgesse maggiormente verso le affettuose cure di suo padre. Aveva già diciassette anni; ora era costretto a crescere e a prepararsi ad assumere le sue responsabilità materiali.
Suo padre lo consolò. Egli insegnò ad Abhay che non vi era ragione di lamento: l'anima è eterna e ogni cosa accade per la volontà di Krishna; perciò si deve avere fede e dipendere da Lui. Abhay ascoltò e comprese.















Maestri in Cucina



L'insalata

di Kurma dasa



Fresca, colorata e ricca di fibre per salutare l'estate con un tocco di estro e di fantasia. Tre nuovi modi di portare in tavola i mix freddi di verdure.



Insalata indiana di patate

Cubetti di patate accarezzati da una crema vellutata allo yogurt e insaporite da piccoli semi di mostarda e foglie di menta. Un fresco assaggio della cucina indiana ideale come piatto forte per un pranzo leggero e gustoso.

Preparazione: qualche minuto

Cottura: 15 minuti

Raffreddamento: 1/2 ora

Ingredienti per 6 persone:
8 patate medie con la buccia
1 cucchiaio di succo di limone fresco
1 cucchiaino e 1/2 di sale
3 cucchiai di panna
1/2 cucchiaino di peperoncino verde privato dei semi e sminuzzato
1 cucchiaio di olio di oliva
1 cucchiaino di semi di mostarda nera
1 cucchiaio di foglie di menta fresca tritata
Foglie di lattuga per guarnire

1. Bollite le patate in acqua poco salata fino a quando saranno diventate tenere. Sbucciatele e tagliatele a cubetti di 2,5 cm.

2. Prima che le patate si raffreddino mescolate in una terrina lo yogurt, la panna, il succo di limone, il sale e il peperoncino.

3. Fate soffriggere a fuoco moderato i semi di mostarda in un padellino fino a quando inizieranno a scoppiettare. Unite alla miscela precedentemente preparata l'olio, i semi di mostarda tostati e tre quarti delle foglie di menta. Condite l'insalata con la crema di yogurt che avete preparato. Fate raffreddare per mezz'ora e servite sulle foglie di lattuga guarnendo con la menta fresca rimasta.







Insalata deliziosa

Una deliziosa combinazione di verdure da poter servire come piatto unico.

Preparazione: 15 minuti

Ingredienti per 6 persone:
2 carote medie tagliate a bastoncini
2 gambi di sedano tagliati a pezzetti
400 gambi di cuori di carciofo in salamoia scolati e tagliati in quattro parti
2 mozzarella tagliate a cubetti
5 o 6 foglie di lattuga affettate a striscioline
125 g di pomodorini dimezzati
1/2 tazza di mais sgocciolato
3 fette di pane tagliato a cubetti
1 tazza di rucola tagliata sottile
125 g di olive snocciolate
sale
olio extra vergine di oliva
succo di mezzo limone

1. Fate tostare il pane tagliato a cubetti in una teglia appena unta assicurandovi che si dori su tutti i lati.

2. Mettete in una terrina tutta la verdura lavata e tagliata e il pane tostato a cubetti.

3. Condite con sale olio e limone.







Insalata messicana di avocado e fagioli

Preparazione: 10 minuti

Ingredienti per 4 persone:
300 g di fagioli rossi bolliti o in scatola
150 g di mais in scatola o bollito
1 avocado
1 cucchiaio di maionese (come da ricetta che segue)
olio extravergine di oliva
sale
pepe

1. Potrete preparare in 10 minuti una deliziosa maionese senza uova seguendo questo semplice metodo: mettete nel bicchiere del frullatore a immersione 100 ml di latte, 200 ml di olio di semi, il succo di mezzo limone, un pizzico di curcuma e sale e pepe a piacere. Frullate e vedrete che dopo pochi secondi la mistura sarà diventata solida e cremosa. La maionese è pronta.

2. Tagliate l'avocado a cubetti e mettetelo in una terrina con il mais e i fagioli. Condite con olio, sale e pepe.

3. Trasferite il tutto in un piatto da portata e condite con la maionese.







Insalata greca

La preparazione dell'insalata greca richiede una certa accuratezza e costituirà in questo modo un centro tavolo attraente per un buffet importante.

Preparazione: 20 minuti

Ingredienti per 68 persone:
1 lattuga media
2/3 di tazza di olio extravergine di oliva
1/2 tazza di succo di limone
1 cucchiaino di sale
1/2 cucchiaino di pepe nero appena macinato
500 g di feta tagliata a cubetti di 1,25 cm
1 cucchiaio di origano essiccato
1 cetriolo medio, non sbucciato tagliato a fettine di 0,5 cm di spessore
500 g di pomodorini
250 g di olive nere greche (Kalamata)
1 peperone verde piccolo, privato dei semi e affettato

1. Ricoprite con le foglie esterne di un cespo di lattuga un piatto ovale. Collocate in modo decorativo anche le foglie rimanenti e conditele con un quarto dell'olio d'oliva a disposizione, con metà del succo di limone e con metà del sale e del pepe.

2. Versate un altro quarto dell'olio d'oliva e metà dell'origano sui pomodorini e sulla fetta tagliata a cubetti.

3. Salate e pepate le fettine di cetriolo e collocatele formando un anello intorno al bordo esterno del piatto.

4. Mettete tre quarti dei pomodorini tra le fettine di cetriolo.

5. Nella parte interna dell'anello, collocate la feta tagliata a cubetti e metà delle olive. Poi impilate i pomodorini rimasti assieme alle olive rimaste.

6. Decorate con dadini di peperone e finite di condire con il succo di limone e l'olio e il sale rimasto, il pepe e l'origano.







Insalata francese di verdure bollite

Adatta a un delizioso pasto estivo, questa insalata va servita accompagnata da una minestra e da pane fresco croccante.

Preparazione: 10 minuti

Cottura: 10 minuti

Raffreddamento: 2 ore

Ingredienti per 68 persone:
2 grosse patate novelle lavate, sbucciate
e tagliate a cubetti di 1,25 cm
3 grosse carote lavate, pelate e tagliate
a cubetti di 1,25 cm
2 tazze di piselli freschi
1/2 cavolfiore piccolo diviso a cimette
1 cetriolo grande sbucciato, privato dei semi.
diviso a fette tagliate in quattro
1/2 cucchiaino di sale
1 tazza e 1/4 di condimento per insalata alla francese
2 cucchiai di prezzemolo fresco per guarnire

1. Cuocete le patate, le carote, i fagiolini e i piselli in acqua salata fino a completa cottura delle verdure (67 minuti). Togliete le verdure e scolatele tenendo da parte l'acqua di cottura che userete per far bollire il cavolfiore che scolerete quando sarà cotto.

2. Fate raffreddare le verdure. Collocatele in una insalatiera con il cetriolo e il sale. Insaporite con il condimento per insalata alla francese.

Fate insaporire per due ore. Mescolatela nuovamente e guarnite con il trito di prezzemolo.















I DIALOGHI DI SRILA PRABHUPADA

Paroloni Altisonanti

Dialogo tra Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Svami Prabhupada e il suo Discepolo Bhaktisvarupa Damodara Svami, scienziato in fisica, ad Atlanta, nel Marzo 1975.



Bhaktisvarupa Damodara: Gli scienziati moderni stanno lavorando duramente per creare la vita in laboratorio.
Srila Prabhupada: Cerca di capire questo. Proprio come Dio già esiste anche gli esseri viventi, essendo parte e particelle di Dio, già esistono eternamente.
Perciò tu non devi "creare". Questa è stupidità, perché gli esseri viventi sono eterni, essi non sono mai creati. Semplicemente si manifestano nel mondo materiale in quattro modi diversi.
Alcuni si manifestano per mezzo dei semi, alcuni per mezzo della fermentazione, alcuni per mezzo delle uova e altri per mezzo di embrioni. Ma gli esseri viventi esistono già, perciò non c'è questione di "creazione". Questa è la scienza dell'essere vivente.
Ci sono milioni e miliardi di esseri viventi, ciò nonostante gli scienziati materialistici tengono grandi conferenze su come creare qualcosa. Guarda che propositi infantili. Perdono tempo ingannando la gente e sprecando il denaro di tutti.
Per questo io dico che sono dei mascalzoni. Stanno cercando di "creare". Cosa creeranno? Tutto esiste già. Ma loro non lo sanno. Neanche con la loro elevata istruzione. Perciò la BhagavadGita li descrive come mudha, mascalzoni.
Ora, tu dì a questi mudha: "Mio caro signore, tu non puoi creare, né alcuna cosa può essere creata. Semplicemente scopri da dove vengono gli esseri viventi, qual è la loro origine e chi è l'intelligenza dietro a tutta la natura. Scopri questo. Questa è vera conoscenza. Se ti sforzi per questa conoscenza e cerchi di trovare la sorgente originaria di tutto, allora un giorno potrai raggiungere la piattaforma di vasudevah sarvam iti sa mahatma sudurlabhah: capirai che Dio è l'origine di tutto e la tua conoscenza sarà perfetta."
Guarda questo bel fiore, pensi che si sia fatto da solo, senza la direzione di un'intelligenza? Questa è una filosofia senza senso. Questi cosiddetti scienziati usano tanti paroloni altisonanti, ma in realtà quante cose spiegano? Nessun altro può comprenderli; si comprendono solo fra loro. Presentano qualche linguaggio complicato in modo che, se non è spiegato da loro, nessuno ci capirà nulla.
Dicono che tutto è automaticamente compiuto "dalla natura". Non è così.

La natura è uno strumento. Proprio come un computer meraviglioso.
Però c'è un operatore. Questi mascalzoni non hanno un po' di buon senso. Dov'è la macchina che funziona senza un operatore? Esiste una macchina tale nella loro esperienza? Come possono suggerire che la natura funziona automaticamente? La natura è una macchina meravigliosa, ma l'operatore è Dio, Krsna. Questa è vera conoscenza.
Solamente perché la macchina funziona meravigliosamente, significa che non c'è alcun operatore? Per esempio, anche l'harmonium è una macchina. Se un suonatore esperto lo suona, produrrà suoni melodiosi e piacevoli. "Oh, che grazioso." Ma è in grado l'harmonium di suonare da solo e produrre suoni melodiosi? Quindi loro non hanno neanche un po' di buon senso, ciò nonostante si dichiarano scienziati. Questo è il nostro rincrescimento, che questi scienziati non hanno neanche un po' di buon senso, però sono creduti scienziati.
Bhaktisvarupa Damodara: Pensano che siccome attraverso la chimica sono capaci di sintetizzare alcuni aminoacidi primitivi.
Srila Prabhupada: Quella è abilità non conoscenza. Per esempio, diciamo che dipingi un quadro di una rosa. Tu sei un pittore, non un uomo di conoscenza. "Uomo di conoscenza" significa qualcuno che sa come avvengono le cose.
Un pittore semplicemente imita quello che vede, tutto lì. Perciò scienza e arte sono due cose differenti.
Bhaktisvarupa Damodara: Perciò se creano qualcosa di sintetico, è solo un'arte.
Srila Prabhupada: Si. Per esempio, un buon cuoco sa come mescolare le spezie e i condimenti per preparare gustose pietanze. Quindi puoi definire un chimico un buon cuoco.
La chimica non è altro che l'arte di mischiare differenti elementi chimici, tutto lì. C'è l'olio, ci sono gli alcali, mischiali professionalmente e ne esce il sapone, molto utile.
Bhaktisvarupa Damodara: Ma gli scienziati sono convinti che in qualche modo saranno capaci di creare la vita e perfino un essere umano.
Srila Prabhupada: Questo non è un problema poiché anche se non crei la vita il mondo non andrà all'inferno. La vita esiste già.
Per esempio, ci sono molte automobili, se io ne costruisco un'altra, ci sarà qualche merito speciale da parte mia? Ci sono già così tante automobili! Quando non c'erano automobili il primo che ne costruì una ebbe qualche merito. "Si. tu hai fatto qualcosa di bello, una vettura senza cavalli. La gente ne trarrà beneficio, una comodità, va bene." Ma quando ci sono milioni e milioni di automobili che causano semplicemente incidenti e io costruisco un'altra automobile, qual è il mio merito? Qual è il mio merito?
Bhaktisvarupa Damodara: Zero.
Srila Prabhupada: Zero. E per ottenere questo "zero" organizzano grandi conferenze, arriva moltissima gente e spende soldi.
Bhaktisvarupa Damodara: Vogliono creare un essere umano migliore, vogliono rendere migliore la vita.
Srila Prabhupada: Si. Questa è la nostra intenzione. Noi diciamo agli scienziati: "Non sprecate tempo cercando di creare la vita. Cercate di migliorare la vostra vita. Cercate di capire la vostra vera identità spirituale, in modo che potrete essere felici in questa vita. Questa ricerca deve essere fatta."
La prima cosa che devono imparare è che c'è un autista, ovvero l'anima, nell'automobile del corpo. A meno che non si capisca questa semplice cosa si è solamente degli asini.
L'autista, l'anima, muove l'automobile di questo corpo. Se l'autista è istruito, potrà muoversi per la realizzazione del se, in modo da poter tornare a casa, da Dio.
Quindi diventerà perfetto.
Noi stiamo istruendo l'autista, non stiamo cercando di costruire un'altra automobile di latta.
Questa è coscienza di Krsna.















RAMANUJA E IL MANTRA

UN DONO SENZA PRECEDENTI

Ramanuja Acarya donò a tutti gli uomini incondizionatamente
la preziosa opportunità di liberazione attraverso il canto dei nomi di Dio

Le storie che ci raccontavano da piccoli spesso parlavano di fate, maghi, streghe ed eroi che conoscevano delle formule magiche il cui potere permetteva di compiere prodigi inauditi. Ma come potremmo definire una formula magica? Si tratta di una sequenza di parole, o addirittura di semplici suoni, intrisi però di una forza o di un'energia tale di renderli capaci di cambiare lo stato delle cose. Dietro le fiabe, si sa, c'è sempre un fondo di verità. Scrutando le culture della terra nella loro storia, sovente si scorge, l'abitudine di enunciare, sussurrare, cantare, gridare parole asserendo che queste cambino lo stato delle cose. Vecchi sciamani soffiano nelle orecchie del malato certe cantilene al fine di liberarlo dalle malattie, antichi ritmi tribali inducono ad una trance collettiva, i sufi, nel loro volteggiare, lasciano che le melodie dei loro canti li innalzino alla contemplazione della luce divina, i frati, confinati in eremitaggi dimenticati dal mondo, sommessamente cadenzano il loro rosario snocciolando i grani tra le dita.
Approdando in India, girando tra i vicoli di villaggetti costellati di santuari, penetrando nei templi, visitando le case degli anziani al mattino presto, non sarà difficile osservare questa gente intenta a mormorare tra sé e sé parole e suoni infinitamente ripetuti.
Ma qual è il senso di questa pratica? Cosa cercano, cosa vogliono, cosa ottengono?
La recitazione del mantra, non più come mezzo magico, ma come pratica spirituale, come appuntamento di preghiera, è uno delle occasioni più immediate di entrare in contatto con il Dio amato.
I vaisnava, devoti della Persona divina, evocano la Sua presenza recitando o cantando le Sue lodi o semplicemente nominandoLo.
Il Signore Krsna, Visnu o Narayana, così come negli altri nomi a Lui riferiti, sentendo l'affettuosa invocazione dei Suoi adoratori, acconsente a presentarsi nel Suo stesso nome impregnandolo della Sua potenza.
Questa importante considerazione è stata sottolineata da Sri Caitanya quando ricorda nei Suoi Siksastaka, che nel nome di Dio sono contenute tutte le categorie di potenze, sarva sakti.
I mantra, soprattutto quelli considerati più efficaci e potenti, erano spesso tenuti segreti, credendo che il loro utilizzo fosse esclusivo di una ristretta casta sacerdotale.
La tradizione vaisnava si è però distinta in molte delle sue diramazione per una assoluta liberalità nell'accesso alle pratiche spirituali.
Tante volte la liberalizzazione del culto è stata una conquista difficile in tempi ancora legati da ristrette convenzioni sociali.
Emblematica è la venuta di Krsna, nelle sembianze di Sri Caitanya, col preciso fine di estendere alla totalità dei viventi la possibilità di donare e di donarsi a Dio. La storia del vaisnavismo ci riserva però altre figure, che prepararono il terreno per una diffusione del servizio d'amore al Signore. Oggi in particolare desideriamo narrarvi un esplicativo, ma anche divertente, aneddoto riferito alla figura del famoso acarya Ramanuja.
Ramanuja, nato nel 1017 da famiglia tamil brahminica nel Sud dell'India, è ricordato come fondatore di una delle principali sampradaya vaisnava, noto per aver saputo fondere ad una robusto impegno culturale, la delicatezza dei sentimenti spirituali verso il signore Narayana.
Ramanuja aveva preso rifugio nel guru Mahapurna, che a sua volta lo indirizzò da un altro sacerdote per apprendere la pratica del mantra vaisnava.
Ramanuja, da fedele discepolo, accolse immediatamente la proposta di intraprendere il lungo viaggio fino alla dimora di Gosthipurna.
Fu così che presentatosi dall'uomo che gli era stato indicato dal suo guru, Ramanuja presentò a questi la richiesta di venire a conoscenza di un mantra estremamente segreto che solo lui conosceva. La risposta fu secca: ciò non era assolutamente possibile!
Per ben diciotto volte alla stessa richiesta fu elargita la medesima risposta. Una volta non bastò nemmeno l'intervento dello stesso Visnu, che apparve a Gosthipurna per intercedere per il supplicante; il sacerdote spiegò al suo Signore che 'quello straniero' non gli appariva sufficientemente purificato per poter apprendere un tale segreto.
Ramanuja, vistosi sconfitto nella sua richiesta, e in definitiva impossibilitato a esaudire l'istruzione che il suo maestro gli aveva impartito, arrivò alla conclusione che la sua vita non era che un inutile peso al quale bisognava porre termine.
Quando Gosthipurna venne a conoscenza di una tale risoluzione, finalmente ammorbidì la sua posizione, e mandato a chiamare il mesto Ramanuja, si predispose alla grande rivelazione.

L'anziano sacerdote pregò mille volte il fervente discepolo di non rivelare assolutamente quel mantra, perché dotato di un potere straordinario, capace di liberare dagli affanni dell'esistenza mondana chiunque l'avesse pronunciato o semplicemente udito.
Ramanuja, ottenuta la gemma dei suoi desideri, si illuminò più degli astri e decise quindi di intraprendere la via del ritorno.
Durante il suo percorso la gente si voltava rapita dal singolare splendore di quell'uomo trasfigurato dalla gioia.
Ma al momento di abbandonare la città, gli venne in mente un'idea.
Prontamente salì sulla torre più alta della città che fiancheggiava il tempio principale, e da lì cominciò ad urlare invitando tutti ad approssimarsi. La notizia si sparse rapidamente fin nei paesi vicini, e presto una gran folla si trovò riunita ai piedi della torre rimanendo incantata nel vedere l'effulgenza che emanava dall'insolito straniero. Quando la piazza sottostante fu satura, Ramanuja pronunciò solennemente ed a gran voce le seguenti parole: "Fratelli e sorelle, voi che mi siete più cari della mia stessa vita, se volete ottenere la liberazione dai tormenti e dalle afflizioni di questo mondo per sempre, allora ripetete tre volte con me la gemma dei mantra che ho procurato per voi. Fate questo e sarete benedetti."
Un brivido estatico percorse la folla che prese a ripetere, prima in modo lento e cadenzato, poi in maniera sempre più incalzante le sacre parole: 'Om Namo Narayanaya' (Om, ti rendo omaggio Narayana).
Per secoli quell'inno era stato tramandato con assoluto riserbo dalla diretta voce di un brahmana all'orecchio del suo fidato discepolo.
Ora in pochi istanti migliaia di persone, appartenenti ad ogni casta, ad ogni religione, ad ogni abitudine di vita, avevano appreso il mantra e lo stavano intonando felicemente in un pubblico canto collettivo. Gosthipurna, trafelato per la corsa e l'indignazione, giunse alla piazza facendosi largo tra quella gente che aveva acquisito così gratuitamente la salvezza eterna. Giunto innanzi a Ramanuja, lo travolse con un'ondata di ingiurie e di previsioni devastanti riguardo la dannazione che lo aspettava per il sacrilegio che aveva compiuto.
Ramanuja non si scompose, ma dopo avergli sorriso dolcemente asserì di essere perfettamente consapevole che l'atto che aveva compiuto l'avrebbe condotto all'inferno. D'altra parte aveva valutato che l'immolazione di una sola anima, per giunta misera come la sua, era assai conveniente se questo avesse garantito la salvezza di milioni di persone. Gosthipurna non poté che inchinarsi dinanzi ad una così nobile generosità d'animo con la richiesta di farsi suo umile allievo.
Questo stesso spirito di magnanimità e compassione è stato presentato anche dalla nobile figura di Sri Caitanya Mahaprabhu, a pochi secoli di distanza da Ramanuja.
Sri Caitanya con lo stesso vigore diffuse il canto del mahamantra, Hare Krsna Hare Krsna Krsna Krsna Hare Hare Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare, tra la gente del Suo tempo senza discriminare chi fosse o meno idoneo alla recitazione di questi nomi di Dio. Le porte della liberazione e del servizio d'amore a Dio si spalancarono, grazie alla misericordia senza causa dei grandi Maestri.
Questa storia rende forse l'idea del sentimento che anima i vaisnava ed i devoti a recitare i loro mantra, ma spiega anche perché talvolta questi vaisnava si rechino per le strade perfino delle grandi metropoli occidentali, intonando con esotici strumenti le loro preghiere sanscrite.
Essi fanno questo per condividere con tutti e donare a tutti, senza alcuna distinzione di sorta, la stessa grazia e la stessa gemma di inestimabile valore che i loro maestri e precettori elargirono molti anni fa.















MAHA-BHARATA

Il più grande trattato epico della Storia
compilato in lingua sanscrita

Tradotto dal sanscrito da Hrdayananda Gosvami,
e reso in lingua italiana dallo staff del Centro Studi Bhaktivedanta
coordinato da Matsya Avatara Dasa



Prosegue la pubblicazione dell'Adiparva del
MahaBharata. In questo numero vengono
riportati i capitoli dal XXIV al XXVII.



Capitolo 24


Suta Gosvami proseguì:

"Dopo aver ascoltato la richiesta dei serpenti Garuda disse a sua madre: "Va bene, andrò a procurarmi il nettare, ma io intanto vorrei sapere di cosa posso nutrirmi, qual è il cibo adatto a me?"
Vinata rispose:

"In una costa isolata dell'oceano c'è un posto dove principalmente abitano i Nisada. Essi sono organizzati in tribù selvagge e vivono perseguitando e depredando gli innocenti. Là ne troverai a migliaia. Puoi prenderli come cibo e procurarti il nettare. Ma attento! Non devi mai far del male ai Brahmana! Non lo fare mai, in nessuna circostanza. Non devi neppure pensarlo! Un Brahmana non deve mai venire ucciso o maltrattato da nessuna creatura perché i Brahmana sono puri, proprio come il fuoco. Un Brahmana arrabbiato è veramente come il sole, il veleno, o un'arma mortale. Il Brahmana quando il cibo è servito, mangia prima degli altri perché è il membro più importante della società, il padre e la guida spirituale delle persone.
Garuda chiese ancora:

"Per favore, madre, in che modo io posso capire con certezza, da quali segni beneauguranti potrò riconoscere un Brahmana?"
Vinata rispose:

"Se, inghiottendo qualcuno, ti sentirai lacerare la gola come da un gancio appuntito e ti sentirai ustionare come se bruciato da un carbone ardente, allora figlio mio sappi che si tratta di un eminente Brahmana."
Suta Gosvami proseguì:

"Vinata, pur conoscendo l'ineguagliabile forza di suo figlio, mossa dall'affetto, lo benedì con queste parole: "Caro figlio, che il vento ti protegga le ali! Che la luna ti protegga il dorso! Che il fuoco ti protegga la testa! Che il sole ti protegga ogni parte del corpo! Figlio mio, io penso sempre alla tua serenità e al tuo benessere. Và per la via più sicura, caro figlio, e che i tuoi sforzi siano coronati da successo!"
Ascoltate le parole di sua madre, il possente Garuda sollevò le ali e si librò nel cielo. Si diresse affamato verso la terra dei malvagi Nisada, piombando su di loro come la forza immane del tempo che mette fine a tutto ciò che è materiale. Ammassandoli tutti, Garuda sollevò al cielo grandi nubi di polvere e prosciugò le acque di questa baia oceanica, facendo tremare tutte le colline circostanti. Il re degli uccelli espanse enormemente la testa e bloccò ogni possibilità di fuga ai Nisada. Costoro, voraci mangiatori di pesci, cercavano di sfuggire veloci al becco famelico dell'avido divoratore di serpenti, ma questo era così ampio che i Nisada, accecati dalla polvere e sospinti dal vento, vi rotolarono dentro a migliaia, come uccelli che in una foresta agitata dalla tempesta volino disperatamente verso il cielo. Così il potente indomito uccello, tormento dei nemici e dominatore dei cieli, chiuse la bocca vorace ed inghiottì i Nisada."







Capitolo 25


Suta Gosvami proseguì:

"A causa della tempesta da lui creata entrarono in bocca a Garuda anche un Brahmana e la sua moglie. Il santo cominciò a bruciargli in gola come se fosse stato un tizzone ardente. Così Garuda, il viaggiatore dello spazio, disse al Brahmana: "Migliore dei Brahmana, per favore, vieni subito fuori! Aprirò la bocca per te, non potrei mai uccidere un Brahmana, anche se caduto dai suoi voti e coinvolto nel peccato." Visto che Garuda lo esortava in questo modo, il Brahmana rispose: "Anche mia moglie è una Nisada, però deve essere liberata con me."
Garuda rispose:

"Prendi la tua Nisada e vieni fuori prima che puoi! Presto, mettiti in salvo, prima che il fuoco del mio stomaco ti dissolva."
Suta Gosvami proseguì:

"Il colto Brahmana e la moglie Nisada uscirono svelti dalla bocca di Garuda e, dopo averlo benedetto con gratitudine e avergli augurata una fortuna sempre crescente, fecero per andarsene."
Garuda allora chiese al Brahmana: "Come hai fatto a venire in questa terra? I Nisada evitano sempre coloro che eseguono i sacrifici santi. Dimmi la verità o Brahmana".
Il Brahmana rispose: "Ho lasciato la mia casa in Madhyadesa ed ho vagato senza meta in cerca di fortuna. Quando sono arrivato nella terra dei Nisada mi sono innamorato di una di loro. I Nisada mi hanno offerto mucche, oro, denaro, grano ed altre ricchezze perché rimanessi e li beneficassi. Inoltre essendo la mia casta ed amorevole moglie nata fra i Nisada, o migliore degli uccelli, e amandola io molto, non sono più riuscito a lasciare questo luogo. Adesso però devo partire altrimenti non riuscirò più ad andarmene."
Partiti il Brahmana e la moglie, il signore degli uccelli stese le ali e volò dritto nel cielo alla velocità del pensiero.
Successivamente Garuda incontrò suo padre, il quale gli chiese se si stesse nutrendo bene. Garuda così gli rispose: "I serpenti mi hanno incaricato di impadronirmi del nettare e sono determinato a farlo per liberare mia madre dalla schiavitù. Lo farò oggi stesso. Mia madre mi ha anche detto di mangiare i Nisada ma, dopo averne ingoiati migliaia, non sono ancora sazio, perciò, mio signore, consigliami un altro tipo di cibo con cui io possa nutrirmi per avere forza sufficiente ad impadronirmi del nettare."
Kasyapa rispose:

"C'era una volta un saggio di altissimo livello, che si chiamava Vibhavasu ed aveva un pessimo carattere. Vibhavasu aveva un giovane fratello di nome Supratika, un grande asceta.
A Supratika non piaceva avere ricchezze in comune con il fratello e continuamente gli chiedeva di dargli la sua parte. Finché un giorno Vibhavasu gli disse. "Esistono degli sciocchi che vogliono dividere proprietà in comune, ma una volta avvenuta la divisione ognuno cura solo la propria parte mancando di rispetto verso l'altro. Alla fine la gente si separa come conseguenza dell'aver prima separato i beni. Ecco perché i nemici, intuendo la situazione, mascherati da amici, fomentano contrasti e separazioni nell'ambito della comunità. Constatando che le persone sono divise, altri ancora traggono vantaggio e rubano nella comunità; così le persone non unite arrivano ben presto alla rovina totale".
Per questo, caro fratello, chi è saggio non incoraggia la divisione delle ricchezze fra coloro che seguono strettamente le scritture e i loro santi maestri e sinceramente desiderano il bene di tutti. Proprio perché desideri ancora avere la tua parte di ricchezza personale, anche a rischio di dividere la nostra famiglia, ti giudico tanto testardo, Supratika, da non poter essere frenato. Per questo ti maledico e ti condanno a diventare un elefante."
Supratika, sentendosi maledetto ribatté a suo fratello Vibhavasu: "E tu diventerai una tartaruga marina!"
Dunque le loro menti, annebbiate dall'avidità, li indussero a maledirsi vicendevolmente per diventare un elefante l'uno e una tartaruga marina l'altro. La rabbia malvagia fu causa della loro rinascita come animali. Orgogliosi della loro nuova dimensione e della loro forza, la reciproca inimicizia è andata avanti. In questa zona lacustre infatti questi due nemici dal corpo smisurato continuano il loro antagonismo. Uno di loro è quell'elefante grande e sproporzionato che sta venendo verso di noi. Non appena emette il suo barrito potente la testuggine gigante che riposa nell'acqua si solleva facendo ribollire l'intero lago. Allora, vedendola, il potente elefante arrotola la proboscide e, coordinando la forza delle zanne, della proboscide, della coda e dei piedi, si precipita su di lei. Mentre il pachiderma calpesta qua e là l'acqua, in cui nuotano molti pesci, la potente tartaruga alza la testa e si prepara a combatterlo.
L'elefante è alto circa quarantotto miglia e lungo il doppio, e la tartaruga, alta ventiquattro miglia, ne misura ottanta di circonferenza. Questi due, a furia di combattere senza sosta, sono diventati completamente pazzi e continuavano a lottare ognuno per sopraffare l'altro. Devi immediatamente distruggerli per liberarli da questa situazione insensata; dopo porterai avanti la tua missione.
Suta Gosvami proseguì:

"Dopo aver ascoltato le parole di suo padre, l'uccello spaziale dalla forza terrificante afferrò l'elefante con un artiglio, la tartaruga con l'altro e, serrandoli, velocemente volò alto nel cielo. Volando sulla sacra terra di Alamba si abbassò verso i sui alberi celesti, ma il forte vento provocato dalle sue ali scosse queste piante che impaurite gli gridarono: "Per favore, non troncarci!"
Vedendo agitarsi i rami degli alberi le cui radici e i cui germogli potevano soddisfare tutti i desideri, Garuda, il viaggiatore del cielo, si avvicinò ad alcuni che erano giganti con le forme e i colori più affascinanti, alberi dai rami ingioiellati che davano frutti incastonati d'oro e d'argento. Fra questi splendori, circondati dalle acque del mare, un albero baniano molto grande e antico disse a Garuda, il migliore tra gli uccelli, che volava verso di lui alla velocità del pensiero: "Guarda i miei grandi rami che si stendono per ottocento miglia. Puoi posarti su di essi e mangiare sia l'elefante che la tartaruga". Ma non appena il potente capo degli uccelli discese sull'albero che ospitava migliaia di uccelli sulla sua struttura mastodontica, quell'albero grande cominciò a tremare e i robusti rami, coperti da molte foglie, scricchiolarono sotto il peso eccezionale di Garuda."







Capitolo 26


Suta Gosvami proseguì:

"Non appena Garuda toccò con le zampe il ramo più robusto dell'albero questi si schiantò, ma lui lo sorresse e quando sorridendo osservò l'enorme ramo spezzato, vide i celesti Valakhilya che pendevano a testa in giù. Il capo degli uccelli, temendo di far loro del male, si lanciò in picchiata reggendo il ramo con il becco. Impaziente di metterli in salvo, Garuda volò nel cielo il più dolcemente possibile, ma ogni qual volta cercava di atterrare in quella zona montuosa le montagne si frantumavano. Per compassione verso i Valakhilya sorvolò molte terre, con l'elefante e la tartaruga stretti negli artigli, senza trovare un posto dove posarsi.
Infine si diresse verso la montagna più imponente, l'imperitura vetta conosciuta come Gandhamadana. Là vide suo padre Kasyapa impegnato nelle sue ascesi. Kasyapa vide suo figlio, il signore dello spazio, che splendeva di bellezza divina. Prorompente di forza eroica ed indomita, si muoveva veloce come il pensiero e con la potenza del vento; sembrava il picco di una grande montagna perché teneva la testa come se fosse lo scettro di Brahma; era inconcepibile, inavvicinabile e incuteva paura a tutte le creature. Dotato di poteri sovrannaturali, era inesorabile come il fuoco divampante e non poteva essere minacciato o vinto né dai deva né dai demoni. Era capace di spaccare i picchi delle montagne e poteva prosciugare i fiumi e far tremare i pianeti con il solo sguardo, terrificante come il volto della morte.
Vedendo l'arrivo di suo figlio e intuendo le sue intenzioni, l'eminente Kasyapa pronunciò queste parole: "Figlio, non fare niente di avventato se non vuoi trovarti improvvisamente nei guai. Non far andare in collera i Valakhilya, che vivono assorbendo la luce, altrimenti ti inceneriranno."
Kasyapa, per scagionare suo figlio e placare i Valakhilya spiegò le ragioni del comportamento di Garuda a questi saggi che avevano raggiunto la perfezione per mezzo di ascesi. "Asceti la cui ricchezza è l'austerità; le azioni di mio figlio in definitiva hanno come scopo il bene di tutte le creature. Perciò, vi prego, lasciategli compiere la sua missione."
Alle parole del glorioso Kasyapa, i saggi abbandonarono il ramo ed insieme si diressero verso la pura regione dell'Himalaya in cerca di ascesi. Quando furono partiti, il figlio di Vinata, con il becco impegnato dal ramo, disse a suo padre Kasyapa: "Mio signore, dove posso deporre
questo ramo? Signore mio, indicami una terra dove non ci siano Brahmana."
Allora Kasyapa parlò al figlio di una montagna disabitata le cui valli e caverne erano completamente sepolte dalla neve, dove nessuno poteva avventurarsi, nemmeno col pensiero. Dapprima Garuda raggiunse quella immensa regione montuosa col pensiero, poi vi andò in volo rapidamente portando con sé il ramo, l'elefante e la tartaruga. L'enorme ramo che Garuda si portò in volo non si sarebbe potuto legare neanche con una cinghia ricavata da centinaia di pelli.
In breve tempo Garuda, l'essere alato per eccellenza, percorse ottocentomila miglia raggiungendo la montagna indicata da suo padre. Vedendo quella vasta regione, lasciò cadere dal cielo il pesante ramo che precipitò con un sibilo acuto.
La montagna venne sferzata dal vento provocato dalle ali di Garuda e i suoi alberi, sradicati, rotolarono giù per le pendici con una pioggia di fiori. Picchi che contenevano in abbondanza pietre preziose, oro e minerali, si sbriciolarono ricadendo in ogni direzione e facendo brillare la possente montagna. Molti alberi, i cui rami erano adorni di fiori dorati, furono scossi da altri rami che cadevano fulgidi come le nubi cariche di pioggia quando scintillano di luce. Splendenti come l'oro e mischiati ai minerali della montagna, quegli alberi brillavano come se fossero dipinti dai raggi rosati del sole che sorge.
Allora Garuda, il migliore tra i viaggiatori dello spazio, mangiò l'elefante e la tartaruga, poi volò via dalla vetta della montagna alla velocità del pensiero. Subito dopo comparvero segni di cattivo augurio che indicavano pericolo per i deva. Il fulmine, l'arma più cara a Indra, fu attivato e lampeggiò generando dolore. Meteore fumanti e fiammeggianti piombarono dal cielo in pieno giorno. Tutte le armi personali dei Vasu, dei Rudra, degli Aditya, dei Sadhya, dei Marut e di tutti gli altri deva, iniziarono a scagliarsi l'una contro l'altra. Questo non era mai successo prima, neanche in grandi guerre fra deva e demoni. Venti ciclonici frustavano i pianeti e dappertutto cadevano meteore.
Il cielo, pur essendo senza nubi, tuonò minaccioso e Indra, il re dei deva, poteva solo far piovere sangue. Le ghirlande dei deva appassirono e il loro potere fiammeggiante si estinse. Nuvole di cattivo auspicio, scatenate, rovesciarono una densa pioggia di sangue e turbini di polvere rovinarono le ghirlande degli esseri celesti.
Persino il Signore Indra, lui che aveva compiuto cento grandi sacrifici, fu disturbato ed impaurito vedendo tutti questi brutti e pericolosi presagi. Insieme agli altri deva si recò dal sacerdote dei pianeti celesti, Brhaspati, e gli chiese:
"Mio signore, perché si sono sollevati questi spaventosi e cattivi presagi? Non riesco a vedere nessun nemico che possa sconfiggerci in battaglia."
Brhaspati rispose:

"Migliore dei deva, tu che hai eseguito cento sacrifici, è a causa di un tuo errore e della tua noncuranza, nonché per le ascesi compiute dai Valakhilya, che è nato quell'essere meraviglioso. E' il figlio di Kasyapa Muni e di Vinata, un potente viaggiatore del cielo che può prendere qualsiasi forma secondo il suo desiderio ed è colui che adesso è venuto a sottrarci la celeste bevanda dei pianeti superiori. Quell'essere alato è il più forte tra i forti ed è capace di rubare il Soma, il nettare dell'immortalità. Penso che per lui veramente tutto sia possibile. Lui può compiere l'impossibile.
Suta Gosvami proseguì:

Sentite queste parole Indra disse ai guardiani del nettare celeste: "Un audace e potente uccello stà cercando di rubare il Soma. Ve lo sto dicendo apertamente perché evitiate che lo prenda con la forza. Brhaspati mi ha detto che il nostro nemico possiede una potenza incomparabile."
A queste parole i deva si stupirono e ben determinati rimasero in piedi ai loro posti, circondando il prezioso nettare. Lo stesso Indra rimase all'erta con loro, impugnando il suo fulmine. Gli abili deva, con indosso preziosissime armature dorate abbellite di gioielli, alzarono le loro armi affilate e taglienti. Impugnarono armi fulgenti e folgoranti che sibilavano e fumavano con forza. Sollevarono dischi ruotanti, mazze e tridenti, lance di battaglia, ogni sorta di lancia infuocata e spade impeccabili, insieme a clave da combattimento molto ben tornite. Ogni arma era perfettamente adattata al corpo del proprietario.
Impugnando queste armi ardenti, la fulgida schiera dei deva, adorna di gioielli celesti, rimase di guardia senza timore in uno stato d'animo di purezza e di bontà. Quegli esseri celesti, fermi nella loro determinazione di sorvegliare il nettare, unici per la loro forza, per il loro coraggio e per la loro potenza, esseri che avevano ridotto in pezzi le città degli atei, stavano immobili con i loro corpi splendenti come il fuoco benevolo.
I deva erano pronti a combattere su quel grande campo di battaglia che si estendeva oltre l'orizzonte. Ammassandosi con le loro centinaia e migliaia di mazze devastanti, risplendevano luminosi sotto i piacevoli raggi del sole.







Capitolo 27


Saunaka chiese:

"Figlio di Romaharsana, quale fu l'errore di Indra e come mai fu così non curante da permettere che Garuda, il re degli uccelli, potesse nascere come figlio del saggio Kasyapa propiziato dalle austerità dei Valakhilya? Come poté Garuda diventare così potente che nessun essere vivente potesse sconfiggerlo? Come può questa grande creatura dello spazio assumere ogni forma che desidera? Come fa ad accrescere la sua forza semplicemente desiderandolo? Se ci sono le risposte a queste domande nelle antiche storie dei Purana, mi piacerebbe ascoltarle."

E Suta Gosvami:

"Nei Purana c'è anche la risposta alle tue domande. Sii cortese e ascolta, o Brahmana, l'intera storia che per sommi capi ti racconterò.
Una volta il progenitore Kasyapa, desiderando un figlio, si impegnò in un sacrificio con l'assistenza dei saggi, dei deva e dei Gandharva. Kasyapa chiese al signore Indra di procurare la legna per il fuoco sacro perché, dato che i saggi sapevano e i Valakhilya e gli altri deva vi erano già tutti impegnati.
Il possente Indra sollevò un carico commisurato alla sua forza per cui, senza difficoltà, di legna da ardere ne portò una montagna. Poi, sulla strada, notò un gruppo di saggi ognuno dei quali era sottile come la pelle ricurva alla base di un pollice. Tutti assieme trasportavano una piccola foglia con il suo stelo, ciononostante, per via del loro digiuno, i magri asceti erano quasi nascosti dalla foglia e così deboli da dibattersi nell'acqua contenuta nell'impronta lasciata dallo zoccolo di una mucca.
Il possente Indra, inebriato per la propria forza e per il proprio potere, con orgoglio rise di loro e li insultò, passando veloce sulle loro teste. Una collera terribile divampò fra i saggi che in un attimo dettero concretezza alla loro furia impegnandosi in un grande sforzo per incutere timore ad Indra. Quegli asceti realizzati cantarono con esattezza diversi mantra, offrendoli col fuoco del sacrificio. Senti cosa queste persone colte volevano ottenere. I saggi chiesero con determinazione: "Che esista un altro Indra, un nuovo capo dei deva, dotato di tutta la forza che desidera, che possa andare dovunque provocando paura nel re dei pianeti celesti. Ratto come il pensiero, con cento volte il valore e la forza di Indra, possa questo essere glorioso manifestarsi oggi come frutto delle le nostre austerità!"
Quando il re dei deva, colui che ha compiuto i cento sacrifici, sentì questo giuramento solenne, ne fu disturbato e andò immediatamente da Kasyapa impegnato nella sua vita rigorosa. Il progenitore Kasyapa, dopo aver ascoltato il re dei pianeti celesti, avvicinò i Valakhilya e gli chiese se il loro sacrificio avrebbe avuto successo.
Gli onesti Valakhilya gli risposero: "Deve averlo!"

Il progenitore Kasyapa, sperando di rabbonirli, disse: "E' per ordine di Brahma che Indra occupa il posto attuale. E voi tutti insistete perché sia creato un altro Indra. Esseri pii, non dovete interferire nel ruolo di Brahma. I vostri determinati progetti devono essere saggi e non dimostrarsi infondati. Appaia dunque nella razza degli uccelli un essere di eccelsa forza e gloria, un Indra delle creature alate, ma ci sia anche misericordia per il re dei deva che l'impetra." I Valakhilya, ricchi di austerità, cui si era rivolto Kasyapa, resero onore al migliore fra i saggi e poi gli dissero: "Progenitore, il nostro impegno nel creare un altro Indra aveva come scopo anche quello di farti avere un figlio. Dunque, ti prego, guida questo potente sacrificio nel modo che ti sembra più appropriato."
(Continua sul prossimo numero)















Calendario vaisnava

MESE DI MADHUSUDANA

23 Aprile - 22 Maggio

MAGGIO

2 Maggio, venerdì: Scomparsa di Vrndavana Dasa Thakura.
3 Maggio, sabato: Varuthini Ekadasi. Digiuno di legumi e di cereali.
6 Maggio, martedì: Apparizione di Gadhadara Pandita, uno dei componenti del Panca tattva.
9 Maggio, venerdì: Inizio del festival del Candana yatra, la celebrazione in si cosparge il corpo del Signore Jagannath con fresca polpa di sandalo. Il festival si protrae per 21 giorni.
15 Maggio, giovedì: Apparizione di Sita Devi, straordinario esempio di devozione per Dio e compagna di Sri Ramacandra. Apparizione di Jahnava Devi, consorte di Nityananda Prabhu, e guida della comunità vaisnava dopo la scomparsa di Sri Caitanya e di Nityananda.
18 Maggio, domenica: Mohini Ekadasi.
21 Maggio, mercoledì: Sri Nrsimha Caturdasi. Ricorre la celebrazione dell'apparizione di Nrsimhadeva, l'incarnazione di Krsna metà uomo e metà leone.
In questa affascinante forma il Signore accorda la Sua protezione ai Suoi puri devoti come Prahlada.
22 Maggio, giovedì: Si festeggia l'apparizione di Madhavendra Puri, il maestro spirituale di Sri Caitanya Mahaprabhu. E' inoltre l'apparizione di Srinivasa Acarya, un'importante seguace dei Gosvami di Vrndavana.



MESE DI TRIVIKRAMA

23 Maggio - 20 Giugno

GIUGNO

1 Giugno, domenica. Apara Ekadasi. Digiuno di legumi e di cereali.
2 Giugno, lunedì Apparizione di Vrndavana Dasa ThakuRA.
15 Giugno, domenica. Apparizione di Sri Gangamata Gosvamini, una delle più importanti donne che hanno svolto il ruolo di guida spirituale nella successione di Caitanya e scomparsa di Baladeva Vidyabhusana, prominente teologo e maestro della scuola vaisnava conosciuta come Gaudiya sampradaya.
16 Giugno, lunedì: Bhima Nirjala Ekadasi. Digiuno di legumi e di cereali.
20 Giugno, venerdì: Snana yatra. Festival del bagno del Signore Jagannath.
30 Giugno, lunedì: Yogini Ekadasi. Digiuno di legumi e di cereali.







Srila Vrndavana Dasa
Thakura

Vrndavana Dasa Thakura era il figlio di Narayani Devi, una delle nipoti di Srivasa Thakura, importante figura tra i principali compagni di Sri Caitanya Mahaprabhu. Quando
Narayani era ancora una ragazza, Sri Caitanya era
solito darle gli avanzi del Suo cibo. Un volta
il Signore le chiese di cantare il nome di Krsna, e sebbene lei avesse solo quattro anni la sua devozione
era talmente grande che fu pervasa da forti sintomi di estasi.
Srila Vrndavana Dasa nacque poco dopo la scomparsa di Sri Caitanya e, all'età di venti anni, accettò formalmente l'iniziazione da Sri Nityananda Prabhu.
Vrndavana Dasa si dedicò alla compilazione di quella che venne poi conosciuta come una delle più famose ed autorevoli biografie sulla vita di Caitanya: il Caitanya Bhagavata.
I devoti della successione Gaudiya considerano Srila Vrndavana Dasa come un'incarnazione di Srila Vyasadeva, il famoso autore dei Veda.















LA FESTA DELLA DOMENICA

Tutte le domeniche, dalle ore 16, siete invitati a una splendide festa completamente gratuita con conferenze, danze, canti trascendentali, cultura vedica, yoga e banchetti vegetariani in compagnia dei devoti di Krishna.



Venite
a trovarci!



Templi Principali

Bergamo: Villaggio Hare Krishna, Da Medolago strada per Terno d'Isola, 24040 Chignolo d'Isola (BG) - Tel. 0354940706
Bologna: Via Ramo Barchetta 2, Castagnolo Minore  40010 Bentivoglio (BO) - Tel. 051863924
Firenze: Villa Vrindavana, Via degli Scopeti 108, 50026 - San Casciano in Val di Pesa - Tel. 055820054
Roma: Sri Gaura Mandala, Pian del Pavone, via Mazzanese, Km. 0,700 - 01036 Nepi (VT) Tel. 0761527038-527251
Vicenza: Prabhupada-Desh, Via Roma, 9 - Albettone (VI) - Tel. 0444790573

Svizzera italiana
MENDRISIO: Centro Vedico Rama Keli, Grotto del Bosco - 6862 Rancate - Tel. 0041/91/6466616




Centri Culturali

Asti: Frazione Valle Reale 20, 10148 Roatto (AT) - Tel. 0141938406
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Milano: Centro Culturale Govinda, Via Valpetrosa 3/5, 20123 Milano - Tel. 02862417
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Terni: via Cesare Battisti, 155 - 05100 Terni - Tel. 0744/305129












Fine del numero di maggio-giugno 1997.