Biblioteca (lettura pubblicata dalla BBT the bhaktivedanta book trust international)



Ritorno a Krishna

La rivista del movimento Hare Krishna

volume 6 n. 3/4

marzo-aprile 1994

Dio è luce. L'illusione è tenebre. Dove c'è Dio non c'è illusione.















Sua Divina Grazia
A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada
fondatore-acarya dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna

Srila Prabhupada è arrivato dall'India in Occidente nel 1965, a sessantanove anni, per soddisfare la richiesta del suo maestro spirituale: insegnare la Coscienza di Krsna in Occidente.
In dodici anni ha pubblicato più di settanta volumi di traduzioni e commenti degli antichi testi vedici, ora distribuiti in tutto il mondo in circa quattrocento milioni di copie.
Viaggiando in Europa, America, Asia, Australia e Africa, Srila Prabhupada ha aperto in tutto il mondo asrama, scuole, templi, centri culturali e comunità agricole.
Ha lasciato questo mondo nel 1977 a Vrndavana in India, il luogo più caro a Sri Krsna.
I suoi discepoli continuano il movimento a cui egli ha dato vita.















La Rivista del Movimento Hare Krishna

RITORNO
A KRISHNA

FONDATA NEL 1944

FONDATORE (sotto la direzione di
Sua Divina Grazia Sri Srimad
Bhaktisiddhanta Sarasvati Prabhupada)
Sua Divina Grazia
A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

DIRETTORE RESPONSABILE:
A. D'Ambrosio  Ali Krsna devi dasi

REDAZIONE:
Parabhakti devi dasi

GRAZIE A:
Madhusevita Prabhu, Citraka Prabhu, Matsya Avatara dasa, Vijayamurti dasa, Govardhana Lila dasi, Kirtida dasi, Gaura Purnima devi dasi

HANNO COLLABORATO a questo numero:
Dinasraya dasa, Laksmi devi dasi, Tirtha dasa, bhakta Nicola

AMMINISTRAZIONE:
Nimai Pandita dasa

ABBONAMENTI E INFORMAZIONI:
Dananistha devi dasi
Per informazioni sugli abbonamenti contattate la B.B.T. Italia Ufficio Abbonamenti  Strada Bonazza 12  50028 Tavarnelle Val di Pesa (FI)  Tel. 055/8076414, Fax 055/8076630

PRONUNCIA. La translitterazione dei termini sanscriti contenuti in questa rivista è stata eseguita secondo un metodo adottato internazionalmente. La a si pronuncia a chiusa. La a si pronuncia a, aperta e lunga. La i si pronuncia i lunga. La u si pronuncia u lunga. La j si pronuncia g dolce. La r si pronuncia ri. La s si pronuncia sc (come in scena), altrettanto s ma più sibilante. La h è sempre aspirata. Krsna si pronuncia Krishna (il suono sc è dolce); Caitanya si pronuncia "Ciaitanya".

NOMI SPIRITUALI. I membri dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krsna, ricevono uno dei nomi di Krsna o di un Suo grande devoto seguito dal suffisso dasa (dasi per le donne) che significa "servitore". Per esempio il nome Krsna dasa significa "servitore di Krsna".

© Bhaktivedanta Book Trust  Tutti i diritti riservati

RITORNO A KRISHNA  Pubblicazione mensile registrata presso il tribunale di Milano n° 199 del 13/03/89

VOL. 6 N. 3/4 - marzo-aprile 1994

Bhaktivedanta Book Trust Italia

Strada Bonazza 12  50028 Tavarnelle Val di Pesa - FI

FOTOLITO: F.C.M.  Marcallo Con Casone (MI)

STAMPA: Grafiche Cometa, Magenta (MI)










SIAMO TUTTI DIO?
In una conferenza Srila Prabhupada ci spiega che Krsna, il seme di tutte le creazioni, è senza limiti.

SAVARANA SRI GAURA PADA PADME PRARTHANA
Dio è perfetto e si alimenta in modo perfetto, facciamolo anche noi

IL TRAPASSO DI SRILA HARIDA THAKURA
Gli ultimi momenti della vita di questo grande devoto di Krsna.

IL BRAHMANA SUDAMA VISITA SRI KRSNA
di Krsna e perché non lo diventi

SRIMAD BHAGAVATAM
Continua la pubblicazione del più antico classico della spiritualità che rivela gli insegnamenti essenziali dei Veda.

INCONCEPIBILMENTE UGUALI E DIFFERENTI
Introduzione alla filosofia acintyabhedabhedatattva

LA DIETA PERFETTA DELLA PERSONA PERFETTA
Dio è perfetto e si alimenta in modo perfetto, facciamolo anche noi

L'OSSERVATORE VEDICO
Psicosi, psicologia e psicoanalisi

L'ALBERO DEL SERVIZIO DEVOZIONALE
Sri Caitanya, la manifestazione più misericordiosa di Dio

I DIALOGHI DI SRILA PRABHUPADA
Basta con corpi da poco!

LA FESTA DELLA DOMENICA

CENTRI HARE KRSNA IN EUROPA



IN COPERTINA: Sri Krsna Caitanya Mahaprabhu, la forma di Krsna più misericordiosa. Mentre Sri Caitanya attraversava la foresta Jharikhanda, tutti gli animali erano immersi nell'estasi: le mucche lo seguivano, i pavoni danzavano e gli uccelli cantavano.















SIAMO TUTTI DIO?

Londra, agosto 1973, una conferenza di Sua Divina Grazia
A.C. BHAKTIVEDANTA SWAMI PRABHUPADA
fondatore acarya dell'Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna



avinasi tu tad viddhi
yena sarvam idam tatam
vinasam avyayasyasya
na kascit kartum arhati

"Devi sapere che ciò che pervade il corpo è indistruttibile. Nessuno può distruggere l'anima eterna" (Bhagavad-gita 2.17)

La natura dell'anima è descritta qui molto chiaramente. Ogni persona sensibile può capire, da questo verso, che all'interno del corpo c'è un'anima eterna. Sri Krsna dice avinasi tu tad viddhi yena sarvam idam tatam. "Ciò che pervade il corpo è indistruttibile". La coscienza. Lo possono capire tutti. Se si pizzica una qualsiasi parte del corpo, si sente dolore. Perché? Perché c'è la coscienza. Finché la coscienza è presente nel corpo si può provare piacere e dolore. A volte si perde coscienza a causa di droghe, intossicanti o anestetici e non si sente nulla.
Ci sono tre stadi di coscienza: jagrati, svapna e susupti. Il primo è lo stadio di veglia, il secondo di sonno ed il terzo di sonno profondo. Quando si è svegli, la coscienza è molto acuta, molto forte. Nello stato di sonno la coscienza c'è, ma non è molto attiva. E nello stato di sonno profondo la coscienza è smorzata, non funziona.
Morte significa essere privi di coscienza per un lungo periodo. Dato che l'anima è eterna, come spiega Krsna, per l'anima non c'è né nascita né morte. Quando il corpo muore, l'anima rimane priva di coscienza per un certo periodo di tempo: sei mesi e mezzo per gli esseri umani. In altre parole, l'anima rimane priva di coscienza per sei mesi e mezzo nel grembo della madre e poi la coscienza riprende.
Alcuni di voi avranno sperimentato lo stato di incoscienza sotto anestesia. Non si sente alcun dolore, pur subendo un intervento chirurgico, perché si è privi di coscienza. Poi, gradualmente, si comincia a sognare. Dallo stato non cosciente si entra nello stato del sogno. E dopo aver sognato ci si sveglia. Come dallo stato di veglia si scende a quello di sogno e da quello di sogno allo stato privo di coscienza; così si sale dallo stato privo di coscienza a quello di sogno e dallo stato di sogno allo stato di veglia, di piena coscienza.
Quindi, quando si muore, si perde il corpo grossolano e l'anima resta con il corpo sottile costituito dall'intelligenza, dalla mente e dall'ego.
Questo corpo sottile trasporta l'anima in un altro corpo grossolano. Chi non è intelligente non riesce a comprendere che cosa sia il corpo sottile, anche se la Bhagavad-gita (7.4) spiega chiaramente che il corpo sottile è composto da mente, intelligenza e falso ego. Ma, siccome la mente e l'intelligenza non si possono vedere, alcuni presuntuosi credono che, quando si muore, finisca tutto.
Tutti sanno di avere una mente e un'intelligenza. Io so che tu hai la tua mente e io la mia, e che tu hai la tua intelligenza ed io la mia. Ma non le vedo: sono troppo sottili. Per esempio, l'aria c'è, davanti a me in questo momento, ma non riesco a vederla. E' chiaro che i sensi grossolani non possono percepire tutte le cose materiali sottili. Figuriamoci se possono percepire l'anima spirituale. L'anima è così sottile che non la si può percepire con i sensi materiali. Ma alcuni presuntuosi sostengono che, dato che non riescono a vedere l'anima, tutto finisca con la morte.
Ma come si può vedere l'anima? Non si può. E' così minuscola e così sottile che non la si può vedere, nemmeno con il microscopio più potente. In questo verso Krsna spiega che la coscienza, il sintomo dell'anima, è avinasi, indistruttibile. In precedenza aveva detto ad Arjuna: "Tu, Io, e tutti gli altri esistevamo in passato, esistiamo ora e continueremo a esistere in futuro". Ciò significa che tutti siamo eternamente esseri individuali. Eravamo individui nel passato, siamo individui nel presente e continueremo a essere individui nel futuro. Non c'è nulla di vero nell'idea degli arroganti filosofi mayavadi secondo cui, dopo la liberazione, ci fondiamo tutti diventando una massa omogenea. In realtà, anche dopo aver raggiunto la liberazione, resteremo particelle individuali di coscienza.
Come Krsna spiega nel secondo capitolo della Bhagavad-gita, l'anima spirituale non può essere divisa. Ciò significa che noi tutti siamo eternamente anime spirituali individuali. Non eravamo una massa unica, tutti fusi insieme, e poi siamo stati divisi per diventare individui. Questa teoria mayavadi è falsa. Noi siamo eternamente esseri individuali.
Più avanti nella Bhagavad-gita (15.7) Krsna spiega: mamaivamso jivaloke jiva-bhutah sanatanah. "Gli esseri viventi, nel mondo delle condizioni, sono Miei frammenti eterni.". Le Upanisad confermano: nityo nityanam cetanas cetananam. "Tra tutti gli esseri viventi coscienti ed eterni, ce n'è uno che è Supremo".
Ieri abbiamo consultato il dizionario per il significato della parola Dio e una delle definizioni era "L'essere supremo". Quindi noi siamo esseri viventi, ma non siamo i supremi: siamo subordinati. Anche Dio è un essere vivente, ma è l'Essere Supremo. Questa è la differenza. E' una cosa molto semplice. Non potete dire di essere l'essere supremo. Eppure alcuni presuntuosi credono di essere Dio. Come si può credere di essere Dio? Siamo supremi? No. Quindi come si potrebbe mai essere Dio?
"Essere supremo" significa  e anche questo l'abbiamo cercato sul dizionario - "l'autorità più elevata". E qualcuno di noi è forse l'autorità più elevata nel mondo materiale? Ci sono presuntuosi che credono di esserlo. Cose da furfanti. Meditano così, pensano, sbagliando, di essere i supremi. Credono di controllare tutto. Credono che il sole sorga per loro. Che i mari si muovano per loro. Questa è la meditazione degli impersonalisti.
Cercate di capire quanto sono sciocchi. Una qualsiasi persona sana di mente può mai pensare di far sorgere il sole o la luna, di far muovere il mare? Direbbe così una persona sana di mente? No. C'è qualcuno qui che può muovere il sole o la luna? C'è qualcuno? Eppure questi furfanti dicono di essere Dio. Questa filosofia atea e meschina ha danneggiato il mondo intero. Numerose "incarnazioni", molti "dei" predicano falsità. Tutti mascalzoni.
Credetemi: chiunque parli contro i principi della Bhagavad-gita è un mascalzone di prima categoria. Ecco tutto. Non dategli alcun credito. Chiedetegli in faccia se accetta Krsna come Dio, la Persona Suprema. Se dice di no ditegli che è un presuntuoso. Ecco tutto.
E' necessario sapere che questi così detti "dei" non sono che dei mascalzoni, perché sappiamo che Krsna è Dio, il Supremo (isvarah paramah Krsnah saccid-anandavigrahah). Krsna è accettato come Dio da tutti gli acarya (maestri spirituali e coloro che insegnano con l'esempio) e da tutte le Scritture vediche. E quando Egli stesso era presente sulla Terra, diede la prova di essere Dio. Nessuno era uguale a Krsna quando era presente personalmente. Se leggete tutto il Mahabharata e lo Srimad Bhagavatam troverete che nessuno era uguale a Krsna o più grande di Lui. Moltissimi demoni vennero per lottare con Lui, ma Egli li uccise tutti. Quando era bambino, la strega Putana cercò di ucciderLo avvelenandoLo. Si spalmò il veleno sul seno e quando Krsna lo succhiò, le succhiò via anche la vita. Ma Krsna è così gentile che le diede la liberazione, le diede la posizione di madre nel mondo spirituale. Krsna, la coscienza suprema, è molto gentile. Egli pensò: "Questa strega è ignorante, era venuta per ucciderMi senza sapere che era impossibile. Ma ho succhiato il suo seno come se fosse stata mia madre. Perciò le dev'essere riconosciuta la stessa posizione di Mia madre, Yasodamayi". Questa è la misericordia di Krsna. Si sentiva obbligato verso Putana per il servizio che lei Gli aveva reso. Una madre offre il suo servizio al figlio senza pretendere niente in cambio. Offre servizio al bambino fin dall'inizio della sua esistenza nel grembo materno, nutrendolo. E' un processo naturale secondo il quale la madre nutre il bambino. Quando è incinta, una madre non dovrebbe mangiare cose piccanti perché farebbero male al bambino. Dovrebbe mangiare solo cibi molto semplici.
Ma al giorno d'oggi le donne non hanno coscienza. Anziché prendersi cura dei bambini nel modo migliore, pensando di dover provvedere a tutte le comodità del bimbo che hanno nel ventre, li uccidono con l'aborto. C'è poco affetto materno in questo kaliyuga (l'era della discordia). Nel mondo materiale l'affetto materno è considerato la forma d'amore più elevata. Ma il kaliyuga è così inquinato che le madri rinunciano anche all'amore per i loro figli.
Immaginate la posizione di questa era! Come dice il Bhagavatam (1.1.10), mandah sumandamatayo mandabhagya hy upadrutah: "In kaliyuga tutti sono pigri, disorientati, sfortunati e turbati". Perciò in questa era quasi nessuno è interessato alla vita spirituale. Lo scopo della vita è diventare immortali, non essere più soggetti alle quattro condizioni di sofferenza: nascita, vecchiaia, malattia e morte. Ma ben pochi sono interessati. La gente in questa era è così svogliata. Per questo è descritta come manda "cattiva" o "pigra". Non è interessata a sapere qual è lo scopo della vita.
E poi sumandamatayah "sviata". Se qualcuno vuole mostrarsi molto religioso, accetta qualche furfante come "guru" e, pur continuando a comportarsi come un selvaggio, crede di essere diventato uno "spiritualista". Ed il suo "guru" mascalzone gli dice di mangiare ciò che vuole e di comportarsi come vuole, che non è importante. Le cose vanno così.
La Bibbia ordina di non uccidere. Ma i cristiani uccidono. Eppure proclamano con orgoglio di essere cristiani. Ma che razza di cristiani sono? Disobbediscono regolarmente agli ordini di Cristo e si considerano cristiani?
Sono tutti diventati presuntuosi, i così detti cristiani, musulmani e indù. E' così, è il kaliyuga. Le persone si sono inventate i loro principi religiosi immaginari. E non si rendono conto di aver condannato loro stesse. Lo scopo della vita umana è realizzare Dio. Ma al giorno d'oggi la gente è talmente confusa dai sensi incontrollati che sta raggiungendo le regioni più oscure dell'esistenza materiale.
Come dice il Bhagavatam (7.5.30), adantagobhir visatam tamisram: "Chi non sa controllare i propri sensi raggiunge le regioni più oscure". Nel kaliyuga la gente non sa controllare i propri sensi. E' diventata così sfortunata che non riesce a fare un piccolo sforzo né affrontare una piccola austerità per controllare i sensi.
Le persone stanno dimenticando lo scopo della vita. Perché? Perché sono sventurate (mandabhagya). Solo coloro che sono fortunati possono capire di essere eterni e imperituri. Capiscono di essere in questa condizione effimera a causa del corpo materiale. E come se ne può uscirne? Il primo passo da fare è capire che siamo coscienza. Krsna è così gentile che ce lo spiega molto chiaramente nella Bhagavad-gita. Ci aiuta a comprendere che cos'è l'anima. Chi non potrebbe capire che il corpo è pervaso dalla coscienza? Come dice Krsna: yena sarvam idam tatam.
Gli impersonalisti saltano alla conclusione che yena sarvam idam tatam significa che loro sono il Dio Supremo. "Dato che la coscienza di Dio si espande in tutto l'universo (yena sarvam idam tatam)  e Krsna qui dice che noi siamo yena sarvam idam tatam  io sono il Signore Supremo". Ma la nostra coscienza pervade tutto l'universo? Sia Dio che noi siamo coscienti ma solo Lui è supremamente cosciente. Perciò la Sua coscienza si espande per tutto l'universo, per tutta la creazione.
Nel tredicesimo capitolo della Bhagavad-gita (13.3) Krsna dice ksetrajnam capi mam viddhi sarvaksetresu bharata: "Sono il conoscitore di tutti i corpi". In altre parole, Egli è l'Anima Suprema. Qual è la differenza tra l'anima individuale e l'Anima Suprema? La coscienza dell'anima si espande in un particolare corpo. Tu sei un'anima, quindi la tua coscienza si espande per tutto il tuo corpo. Io sono un'anima, quindi la mia coscienza si spande per tutto il mio corpo. Ma la mia coscienza non si espande nel tuo corpo, né la tua coscienza nel mio. Ma la coscienza di Dio  di Krsna  si espande nel mio corpo, nel tuo, e in quello di tutti. Quindi Krsna è l'Essere Supremo perché la Sua coscienza si espande per tutto l'universo.
Non si può nascondere niente a Krsna. Non è possibile. Krsna dice sarvasya caham hrdi sannivistah "Sono presente nel cuore di ognuno". Tu fai i tuoi piani nel cuore. Ma Krsna è dentro al tuo cuore e quindi non puoi nasconderGli i tuoi piani. In altre parole, Krsna ha una supercoscienza.
Uno yogi famoso cercò di raggiungere la supercoscienza. Ma è impossibile. Non è possibile perché solo Krsna è supercosciente. "Conosco ogni cosa, passata, presente e futura". Anche lo Srimad Bhagavatam (1.1.1) dice: janmady asya yato 'nvayad itaratas carthesv abhijnah: "La Verità Assoluta è ciò da cui tutto emana, ed Egli conosce ogni cosa, direttamente ed indirettamente".
Sono cosciente ma non so neppure che cosa c'è nel mio corpo, come è fatto, quante vene ci sono, come mai il sangue è rosso. Non so nulla. Non so che cosa ci sia all'interno di questo dito. Posso dire che è il mio dito, ma non so di che cosa è fatto il mio dito. Perciò non sono abhijnah, onnisciente. Sebbene io sia cosciente, non sono abhijnah, supercosciente. Solo Krsna è supercosciente.
E Krsna non solo è abhijnah, è anche svarat, indipendente. Noi dobbiamo consultare qualcuno per ricevere la conoscenza, ma Dio è talmente indipendente che non deve ricevere la conoscenza da altri. Anche i testi vedici descrivono Krsna come svabhaviki jnana-bala-kriya ca. La Sua conoscenza ed le Sue attività sono naturali. Per esempio, supponiamo che io abbia prurito: immediatamente la mia mano gratterà. Non ho bisogno di pensare che ho prurito e devo fare qualcosa. E' svabhaviki, naturale, automatico. Così, durante la creazione, non appena Dio pensa: "E la creazione sia", la creazione c'è. Non deve pensare che cosa fare, ideare piani su come creare, cercare il materiale. No. Le Sue energie sono così perfette che non appena Egli desidera qualcosa, si realizza. Questo è Dio.
Nella Bhagavadgita (9.10) Krsna dice mayadhyaksena prakrtih suyate sacaracaram: "Sotto la Mia direzione, la natura materiale genera tutti gli esseri, mobili ed immobili". Krsna può ordinare a Prakrti (la natura) di produrre subito una rosa, e Prakrti immediatamente lo fa. Viene il colore, la bellezza, il profumo, ogni cosa. Gli sciocchi dicono che i fiori si sono creati per caso. Non è il caso. C'è dietro una coscienza esperta ed appartiene a Dio.
Utilizziamo la nostra minuscola coscienza per conoscere la coscienza suprema, Dio. Noi siamo coscienti, ma non supremamente coscienti, mentre Dio lo è. Quindi c'è sempre una differenza tra Dio e noi. Non potremo mai essere uguali a Dio. E' impossibile. Capire questo è la vera intelligenza. Hare Krsna. Grazie.















SAVARANA SRI-GAURA-PADA-PADME PRARTHANA

Preghiera ai piedi di loto di Sri Gaurnaga



1

srikrsnacaitanya prabhu doya koro more
toma bina ke doyalu jagatsamsare

Mio caro Signore, Ti prego mostrami la Tua misericordia, perché chi altri può essere più misericordioso di Te in questi tre mondi?







2

patitapavanahetu tava avatara
mo sama patita prabhu na paibe ara

Tu sei disceso solo per salvare le anime cadute condizionate, ma ti assicuro che non troverai un'anima più caduta di me.







3

ha ha prabhu nityananda, premananda sukhi
krpabolokana koro ami boro duhkhi

Mio caro Signore Nityananda, Tu sei sempre immerso nella felicità trascendentale. Poiché Tu sembri sempre molto felice, sono venuto da te perché provo una grande infelicità. Anch'io potrò diventare felice se tu posi su di me il Tuo sguardo misericordioso.







4

doya koro sitapati advaita gosai
tava krpabale pai caitanyanitai

Mio caro Advaita Prabhu, marito di Sita, Tu sei così buono. Sii gentile con me, e per la Tua misericordia naturalmente otterrò la misericordia di Sri Caitanya e Nityananda.







5/6

ha ha swarupa, sanatana, rupa, raghunatha
bhatta-juga, sri jiva ha prabhu lokanatha
doya koro sriacarya prabhu srinivasa
ramacandrasanga mage narottamadasa

O Svarupa Damodara, o Sanatana Gosvami, Rupa Gosvami, Raghunatha dasa Gosvami, Raghunatha Bhatta Gosvami, Sri Jiva Gosvami, o Lokanatha Prabhu! O Srinivasa Acarya, vi prego di concedere la vostra grazia a me, che senza tregua cerco la compagnia di Ramacandra.















IL TRAPASSO DI
SRILA HARIDASA THAKURA

Gli ultimi giorni della vita del grande santo e devoto incarnazione dei Santi Nomi del Signore

di DRUTAKARMA DASA

Se visitate la città di Puri nel Golfo del Bengala, troverete, tra alberi di palma e piccole case, un santuario di pietra che segna il luogo dove il grande santo Haridasa Thakura si sedeva da solo o con un amico devoto e adorava Krsna. Là egli trascorreva quasi tutto il giorno e la notte cantando soltanto il mahamantra Hare Krsna. Ripeteva dolcemente le sacre sillabe ora dopo ora, tenendo il conto sul suo japa, fino a che, molte ore dopo il tramonto del sole, i santi nomi avevano attraversato le sue labbra non meno di trecentomila volte.
Non lontano dall'eremitaggio isolato di Haridasa Thakura, vivevano Sri Caitanya e i Suoi seguaci, che cantavano a voce alta il mahamantra, diffondendo le glorie di Sri Krsna. La gente onorava Sri Caitanya come un devoto straordinario, e solo poche persone scelte sapevano che era un'incarnazione di Krsna, Dio la Persona Suprema, e che era venuto in questo mondo per diffondere il canto del mahamantra. Dato che Haridasa era pienamente dedito al canto del mahamantra, Sri Caitanya si sentiva particolarmente affezionato a lui e lo accolse nella Sua cerchia di compagni più intimi. Spesso Sri Caitanya e i Suoi seguaci facevano visita ad Haridasa Thakura.
Un giorno il servitore personale di Sri Caitanya, Govinda, portò in dono ad Haridasa del prasada (cibo vegetariano offerto prima a Krsna e che viene poi distribuito). In India i devoti del Signore, per tradizione, dividono il prasada tra loro per esprimere amicizia spirituale. Govinda voleva offrire questo prasada ad Haridasa, ma vide che era disteso e stava cantando Hare Krsna molto lentamente.
"Per favore, alzati e mangia prasada", disse Govinda.
"Oggi digiuno", disse Haridasa. "Non ho ancora adempiuto il mio voto quotidiano di recitare trecentomila nomi. Come potrei mangiare in buona coscienza?". Un attimo dopo, però, Haridasa riconsiderò la faccenda. "Tu mi hai portato del maha-prasada", disse, "perciò non posso certo rifiutarlo?" Allora offrì alcune preghiere e prese una piccola parte del prasada.
Il giorno successivo Sri Caitanya stesso andò a far visita ad Haridasa. Con grande premura, Egli gli chiese: "Haridasa, stai bene?"
Haridasa si chinò davanti al Signore e rispose, "Il mio corpo sta bene, ma la mia mente ed intelligenza non stanno bene. Il mio problema è che non riesco a finire il numero di Santi Nomi che mi sono impegnato a cantare".
Sri Caitanya cercò di consolare Haridasa. "Ora sei anziano", disse, "puoi ridurre il canto. Hai già fatto più che a sufficienza per diffondere le glorie dei Nomi di Krsna in questo oscuro mondo materiale".
Ma Haridasa rimase triste. Aveva qualcos'altro in mente. "Mio Signore", egli disse, "Ti prego, ascolta la mia supplica. Sento nel cuore che metterai presto termine ai Tuoi passatempi in questo mondo e tornerai alla Tua dimora spirituale.
Prima che venga quel momento, permetti gentilmente al mio povero corpo di cadere morto ai Tuoi piedi di loto. Non voglio essere testimone dei Tuoi ultimi giorni".
Sri Caitanya rispose gravemente, "Mio caro Haridasa, Krsna è così misericordioso che farà qualsiasi cosa tu voglia  ma la felicità, è tutta dovuta alla tua presenza con Me, qui a Puri, e non va affatto bene che tu te ne vada lasciandoMi qui".
Haridasa non era ancora dissuaso. Afferrando i piedi di Sri Caitanya, piangeva, "Mio Signore non illudermi. Tu hai milioni di devoti più utili di me. Se un insignificante insetto come me muore, che perdita sarà mai? Inoltre, Tu sei sempre affezionato ai Tuoi devoti, e sebbene io sia solo un'imitazione di un devoto, spero ancora che soddisferai il mio desiderio".
Poi Sri Caitanya abbracciò Haridasa Thakura e, dopo aver concordato che sarebbe tornato il giorno successivo, partì per svolgere i Suoi doveri di mezzogiorno.
Il giorno successivo il Signore tornò con tutti i Suoi associati e vedendoli Haridasa Thakura si inchinò con profonda umiltà.
Sri Caitanya chiese, "Mio caro Haridasa quali sono le buone notizie?"
Haridasa replicò, "Mio Signore, la buona notizia è qualsiasi misericordia Tu mi possa concedere".
Sentendo questo, Sri Caitanya iniziò un grande canto collettivo del mantra Hare Krsna e tutti i Suoi devoti circondarono Haridasa Thakura e si unirono al canto. Allora Sri Caitanya iniziò a lodare Haridasa Thakura per le sue sante qualità. Più il Signore lodava Haridasa e più provava piacere. Tutti i devoti erano meravigliati e si chinarono ai piedi di loto di Haridasa.
Poi Haridasa chiese a Sri Caitanya di sedersi davanti a lui e fissò gli occhi sul volto del Signore simile alla luna. Mise anche i piedi di loto di Sri Caitanya sul proprio petto. Mentre cantava i Nomi del Signore, gli scendevano lacrime dagli occhi. In breve tempo morì: l'anima abbandonò il corpo.
In quello stesso istante tutti stavano pronunciando i Santi Nomi di Krsna, e Sri Caitanya fu sopraffatto dall'estasi spirituale e dall'amore per il Suo devoto defunto. Sollevò il corpo di Haridasa e, tenendolo in grembo, danzò in estasi nel cortile. Tutti i devoti si unirono a Lui nel canto e nella danza.
In seguito i devoti sollevarono il corpo di Haridasa su una portantina che portarono a spalle verso il mare. Cantarono per tutta la strada e Sri Caitanya danzava davanti a Loro. Raggiunta la riva, Sri Caitanya bagnò il corpo di Haridasa nelle onde e disse: "Da oggi, questo mare è un importante luogo di pellegrinaggio".
I devoti scavarono una fossa sulla spiaggia e vi collocarono il corpo di Haridasa. Poi Sri Caitanya cominciò a coprire il corpo con manciate di sabbia cantando "Hari bol! Hari bol!"  "Cantate il Santo Nome del Signore". I devoti presero a cantare e gettarono ancora più sabbia, poi costruirono una piattaforma per segnare il posto. Sri Caitanya cantò e danzò tutto intorno alla piattaforma e tutto l'universo si riempì della vibrazione del Nome di Krsna. Dopo di che Sri Caitanya e i Suoi devoti nuotarono e giocarono nel mare.
Infine Sri Caitanya andò al tempio di Jagannatha ("il Signore dell'universo" Krsna), per prendere il prasada da tutti i negozianti vicino al cancello principale.
"Sto elemosinando del prasada per un festival che celebra la morte di Haridasa Thakura", disse il Signore. "Per favore dateMi l'elemosina".
Intensamente compiaciuti della richiesta del Signore, tutti i negozianti si facevano avanti con grandi ceste di prasada. Ma Svarupa Damodara, uno dei principali devoti del Signore, li fermò e dopo che furono tornati ai loro negozi, lui e gli altri devoti fecero il giro raccogliendo tutto il prasada e alcuni servitori lo portarono a Sri Caitanya.
Allora, dopo aver chiesto a tutti i devoti di sedersi in fila, Sri Caitanya in persona cominciò a distribuire il prasada. Dato che non aveva l'abitudine di mangiare poco, in ogni piatto mise tanto quanto era sufficiente per cinque persone. Dopo un po' i devoti pregarono il Signore di sedersi e di lasciare che fossero loro a servire.
Quando il prasada fu servito, tutti i devoti aspettarono che Sri Caitanya iniziasse a mangiare, per poi cominciare a loro volta. Tutti erano completamente sazi perché Sri Caitanya invitava continuamente i servitori a distribuire di più.
Quando tutti ebbero terminato, Sri Caitanya offrì ai devoti ghirlande di fiori. Poi, con gioia, informò i devoti che chiunque avesse assistito alla festa per la morte di Haridasa Thakura, chiunque avesse cantato e danzato, chiunque avesse gettato sabbia sul corpo di Haridasa Thakura e chiunque avesse mangiato, avrebbe ricevuto presto la misericordia di Krsna.
Il Signore lodò Haridasa Thakura dicendo: "Essendo misericordioso con Me, Krsna mi ha dato la compagnia di Haridasa Thakura, ma ora ci ha separati. Quando Haridasa volle lasciare questo mondo, non potei fermarlo: lasciò la vita, se ne andò e basta. Ora, senza di lui, questo mondo ha perso il gioiello più prezioso".
Sri Caitanya ordinò poi a tutti: "Dite 'Tutte le glorie ad Haridasa Thakura' e cantate il Santo Nome di Krsna". Dopo di che Sri Caitanya ricominciò a danzare e tutti cantarono e danzarono con Lui. Infine Sri Caitanya si accomiatò da tutti i devoti e, con un sentimento misto di felicità e tristezza, andò a riposare.
Certamente Sri Caitanya e i Suoi associati erano addolorati per la morte di Haridasa Thakura, ma sapevano anche che era tornato da Krsna, nel mondo spirituale, e per questo ne gioivano.
Vicino a Puri, in un boschetto sulla riva del mare, si erge un piccolo tempio grigio di Krsna: il tempio di Tota Gopinatha. Andando da questo tempio verso il mare, lungo la via troverete il samadhi (tomba) di Haridasa Thakura. Là i devoti tengono ogni anno una festa per onorare il suo trapasso. Su un muro del samadhi una lastra di marmo porta un verso del grande devoto Bhaktivinoda Thakura (18381914). Esso spiega perché Sri Caitanya e i Suoi devoti potevano gioire per la morte di un grande vaisnava, un grande devoto del Signore:
Sbaglia chi afferma che i vaisnava muoiono quando tu vivi ancora nel suono.
I vaisnava muoiono per vivere e vivendo diffondono ovunque il Santo Nome.

La storia del trapasso di Srila Haridasa Thakura è più pienamente descritta nella Sri CaitanyaCaritamrta, tradotta e commentata da Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada e pubblicata in Italiano dalla Bhaktivedanta Book Trust.















IL BRAHMANA SUDAMA
VISITA SRI KRSNA

La narrazione che segue è una parafrasi dei versi contenuti nell'ottantesimo e nell'ottantunesimo capitolo del Decimo Canto dello Srimad Bhagavatam.
Questi due capitoli parlano della visita di Sudama brahmana a Sri Krsna, che allora viveva a Dvaraka con le Sue regine. I due amici erano vissuti insieme nella casa di Sandipani Muni, il loro guru, al quale era stato affidato il compito di trasmettere la conoscenza vedica ai due ragazzi. Ne Il Libro di Krsna Srila Prabhupada scrive:
"Le istruzioni date da Krsna durante la conversazione col Suo amico sono preziose per l'umanità".

a cura di KIRTIDA DASI



Sri Krsna aveva un amico brahmana, di nome Sudama, che era veramente erudito nella conoscenza vedica ed era distaccato da ogni piacere dei sensi: la sua mente infatti era serena, e i suoi sensi soggiogati. Lui e sua moglie si mantenevano solo con ciò che arrivava spontaneamente. La moglie di Sudama era molto casta, poveramente vestita e dava al marito qualunque cibo riuscisse ad ottenere. Era quindi sfibrata a causa della fame.
Un giorno la moglie di quel brahmana in miseria, col volto inaridito, si avvicinò al marito piena di timore e gli parlò. Era timorosa perché sapeva che suo marito era disposto a chiedere elemosine solo per devozione verso il Signore Supremo. Queste furono le sue parole: "Non è forse vero che il marito della dea della fortuna, il più grande degli Yadava, Krsna, il Signore Supremo, è compassionevole verso i brahmana e desidera garantire loro il Suo rifugio? O fortunato, ti prego, avvicinaLo, Lui che è il vero rifugio di tutti i santi; certamente Egli offrirà abbondante ricchezza a un marito che soffre come te. Sri Krsna è ora il governante dei Boja, dei Vrsni e degli Andhaka e risiede a Dvaraka. Poiché Egli dà perfino Se Stesso a chiunque ricordi i Suoi piedi di loto, che dubbio può esserci che Lui, il maestro spirituale del mondo intero voglia concedere al Suo sincero adoratore prosperità e piacere materiale che non sono nemmeno molto desiderabili?
Quando sua moglie lo ebbe ripetutamente implorato, il brahmana pensò tra sé: "Vedere Sri Krsna è sicuramente il più grande conseguimento della vita". Decise quindi di andare, ma prima le disse: "Mia buona moglie, se abbiamo qualcosa in casa che io possa portare in dono, per favore, dammelo".
La moglie di Sudama elemosinò quattro manciate di riso dai brahmana dei dintorni, legò il riso in un pezzo di tessuto consunto e lo consegnò al marito come dono per Sri Krsna.
Prendendo con sé il riso, il santo brahmana partì per Dvaraka chiedendosi come avrebbe potuto essere ricevuto da Krsna. Presumeva anche che i custodi lo avrebbero fermato.
Dopo essere arrivato a Dvaraka, giunto nelle vicinanze del palazzo, Sudama in compagnia di qualche brahmana del luogo poté entrare; superò tre cancelli, poi camminò lungo le case dei fedeli devoti di Krsna, cosa che, ordinariamente, nessuno può fare.
Infine entrò in uno degli opulenti palazzi appartenenti alle sedicimila regine di Sri Hari, e in quel momento si sentì come se stesse per raggiungere la felicità della liberazione.
In quel momento Sri Acyuta era seduto sul letto di Rukmini, la Sua consorte. Avendo riconosciuto il brahmana da una certa distanza, Sri Krsna si alzò, gli andò incontro per riceverlo e con grande piacere lo abbracciò. Toccando il corpo del Suo amico, il Signore Supremo dagli occhi di loto provò una suprema estasi e versò lacrime d'amore. Sri Krsna fece sedere il Suo amico sul letto. Poi il Signore, che purifica il mondo intero, gli offrì personalmente vari doni di rispetto e lavò i suoi piedi. Dopo essersi spruzzata quell'acqua sulla testa, Krsna cosparse Sudama con polpa di sandalo divinamente profumata e lo adorò con file di fiamme e con incenso aromatico. Infine, dopo avergli offerto noci di bethel e avergli dato in dono una mucca, pronunciò parole di benvenuto. In seguito, la divina dea della fortuna, Rukmini, sventagliandolo col Suo camara servì quel povero brahmana, la cui veste era sdrucita e sporca. Era così magro che le sue vene trasparivano su tutto il corpo.
La gente del palazzo era stupefatta nel vedere Krsna, il Signore la cui fama è immacolata, che onorava tanto amorosamente quel brahmana così malvestito. Meravigliati, i residenti del palazzo dicevano: "Quali attività pie ha compiuto questo brahmana così misero e impoverito? La gente lo giudica insignificante e disprezzabile, eppure il maestro spirituale dei tre mondi, il rifugio della dea Sri lo sta servendo con reverenza e lo ha abbracciato come un fratello maggiore.
In seguito, tenendosi per mano, Krsna e Sudama rievocarono gli anni trascorsi insieme quando vivevano nella scuola del loro guru. Il Signore Supremo disse: "Mio caro brahmana, tu conosci bene le vie del dharma. Dopo aver offerto il dono remunerativo al nostro guru, ed aver fatto ritorno a casa, hai sposato una moglie adatta oppure no? Anche se tu sei molto coinvolto nella vita di famiglia, la tua mente non è contagiata dai desideri materiali, e grazie alla tua erudizione non trovi nemmeno molto piacere nella ricerca della ricchezza. Sono ben consapevole di ciò. Avendo rinunciato alle tendenze materiali che derivano dall'energia illusoria del Signore, alcune persone compiono i loro doveri mondani con la mente indisturbata dai desideri materiali. Essi agiscono, come faccio Io, per istruire la massa.
Amico Mio, ricordi come vivevamo insieme nella casa del nostro maestro spirituale? Quando uno studente nato due volte ha appreso dal suo guru tutto ciò che deve essere appreso, egli può godere della vita spirituale che è al di là di ogni ignoranza. Chi dà a una persona la sua nascita fisica è il primo maestro spirituale, e chi lo inizia come brahmana nato due volte e lo impegna nei doveri religiosi, è il maestro spirituale in modo più diretto. Tuttavia la persona che elargisce la conoscenza trascendentale ai membri di tutti gli ordini sociali è il maestro spirituale supremo. In realtà egli equivale al Mio Stesso Sé.
Certamente, o brahmana, tra tutti i seguaci del varnaasrama, coloro che si avvantaggiano delle parole che Io dico nella forma di maestro spirituale  e attraversano quindi facilmente l'oceano dell'esistenza materiale  capiscono bene qual è il loro vero benessere.
Io, l'Anima di tutti gli esseri viventi, non sono così soddisfatto dall'adorazione rituale, dall'iniziazione brahminica, dall'austerità e dal controllo di sé, quanto lo sono per il fedele servizio che un devoto offre al proprio maestro spirituale.
Ricordi, brahmana, ciò che avvenne mentre stavamo vivendo con il nostro maestro? Una volta la moglie del nostro guru ci mandò a cercare legna da ardere e, dopo che fummo entrati nella grande foresta, una tempesta fuori stagione si levò con vento furioso e tuoni violenti. Poi, mentre il sole tramontava, la foresta fu coperta dall'oscurità in tutte le direzioni e a causa di quell'alluvione non si potevano distinguere le terre alte da quelle basse. Costantemente assediati dal vento furioso e dalle piogge, perdemmo la strada tra le acque fluenti. Ci limitammo a tenerci per mano e, disperati, vagavamo senza meta nella foresta. Comprendendo la nostra difficile situazione Sandipani Muni, il nostro guru, al sorgere del sole venne a cercarci, noi, i suoi discepoli, e ci trovò sfiniti. Allora Sandipani disse: "Ragazzi miei avete sofferto tanto per il mio benessere! Per ogni essere vivente il corpo è la cosa più cara, ma voi siete così dediti a me che avete trascurato le vostre comodità. Questo è, in realtà, il dovere di ogni discepolo autentico: ripagare il debito al proprio maestro spirituale con l'offerta di sé, donando a lui con cuore puro la propria ricchezza e la propria vita. Entrambi siete brahmana di prima categoria e io sono molto soddisfatto di voi. Possano i vostri desideri essere adempiuti e possano i mantra vedici, non perdere mai il loro significato per voi.
Sri Krsna continuò: "Abbiamo avuto molte esperienze simili mentre vivevamo nella casa del maestro.
Solo per la sua grazia una persona
può raggiungere il fine dell'esistenza e ottenere la pace completa".

Sudama brahmana rispose allora:
"Che cosa posso io aver mancato di
ottenere, o Signore dei signori, o
maestro universale, da quando ho
potuto vivere personalmente con Te
nella casa del maestro spirituale, Tu
che puoi vedere esaudito ogni Tuo
desiderio? O Signore Onnipotente,
il Tuo corpo comprende la Verità
Assoluta nella forma dei Veda, ed è
quindi la fonte di tutte le mete propizie della
vita. Il fatto che Tu sia stato alla scuola di un
maestro spirituale è soltanto uno dei Tuoi
divertimenti, in cui reciti la parte di un essere
umano".
Mentre il Signore Supremo, la meta di tutte
le persone sante, conversava così col migliore dei nati due volte, sorridendo e guardandolo con affetto, rivolse le seguenti parole al
Suo caro amico, il brahmana Sudama: "Quale
dono mi hai portato da casa? Io considero
grande anche il più piccolo dono fattoMi da
un devoto con amore puro, mentre una pur
grande offerta presentata da un nondevoto,
mi lascia indifferente.
Sebbene interrogato così gentilmente, il
brahmana si sentiva troppo imbarazzato per
offrire al marito della dea della fortuna il
poco riso portato da casa. Con la testa china,
egli era pieno di vergogna.
Poiché è il testimone diretto nel cuore degli
esseri viventi, Sri Krsna aveva perfettamente compreso la ragione della visita di Sudama. Così pensò: nel passato il Mio amico non Mi ha mai adorato col desiderio di opulenze materiali, ma ora viene da Me per soddisfare la sua casta e devota moglie. Io gli darò ricchezze che nemmeno gli esseri celesti immortali possono ottenere. Così pensando, il Signore estrasse il fagotto dalla veste del brahmana e s'impossessò dei chicchi di riso legati in un brandello di vecchio tessuto esclamando: "Che cos'è questo? Amico Mio, hai portato questo per Me? Ciò mi darà un immenso piacere. In realtà questi pochi chicchi di riso soddisferanno l'intero universo".
Così dicendo il Signore mangiò una manciata di riso, ed era sul punto di prenderne una seconda quando Rukmini, la dea a Lui devota, prese la Sua mano e disse: "O Anima dell'universo, questo è più che sufficiente per assicurargli la più varia abbondanza di ricchezze in questo mondo e nel prossimo. Dopo tutto la prosperità di qualcuno dipende solo dalla Tua soddisfazione".
Dopo aver mangiato e bevuto fino alla sua piena soddisfazione, Sudama passò la notte nel palazzo di Acyuta. Gli sembrava di essere giunto nel mondo spirituale.
Il giorno dopo Sudama, dopo esser stato onorato da Sri Krsna, partì per tornare a casa. Il brahmana si sentiva deliziato mentre camminava lungo la strada. Sebbene, apparentemente, non avesse ricevuto alcuna ricchezza da Sri Krsna, il brahmana si era vergognato troppo di chiedere di sua iniziativa. Egli si accontentò di tornare a casa, perfettamente soddisfatto di aver ottenuto l'udienza del Signore Supremo. Pensava: Sri Krsna è noto per essere devoto dei brahmana e io ora ho visto di persona questa devozione. In realtà, Colui che porta sul petto la dea della fortuna ha abbracciato il povero mendicante. Chi sono io? Un peccatore, il povero amico di un brahmana. E chi è Krsna? Dio, la Suprema Personalità, completa nelle sei perfezioni. Eppure Egli mi ha stretto tra le Sue braccia e ha massaggiato i miei piedi di loto come se io stesso fossi un essere celeste.
Il Signore compassionevole non mi ha assicurato nemmeno la più piccola ricchezza pensando: se questa povera persona improvvisamente diventa ricca Mi dimenticherà, travolto dalla sua inebriante felicità. Riflettendo così, Sudama finalmente giunse al luogo in cui si trovava la sua casa. Quel luogo ora era occupato da palazzi celesti che rivaleggiavano con la brillantezza combinata del sole, del fuoco e della luna. Intorno vi erano splendidi cortili e giardini pieni di stormi di uccelli tubanti e arricchiti da pozze d'acqua in cui crescevano i fiori di loto. Uomini benvestiti e donne dagli occhi di cerbiatta prestavano servizio in quel luogo. Sudama si domandò: "Che cosa vedo mai? Di chi è questa proprietà? Come è potuta avvenire questa trasformazione?" Mentre egli meditava, servitori e servitrici radiosi come esseri celesti, avanzarono per accogliere il loro fortunatissimo maestro al suono di strumenti musicali e canti. Quando la moglie del brahmana sentì che il marito era arrivato, uscì dalla casa in gioiosa eccitazione. Sembrava la dea della fortuna in persona che esce dalla sua divina dimora. Quando vide suo marito la casta signora aveva gli occhi pieni di lacrime d'amore e di bramosia. Ad occhi chiusi si inchinò solennemente dinanzi a lui e nel suo cuore lo abbracciò. Sudama fu stupito nel vedere sua moglie che appariva radiosa come una dea del cielo. Con piacere prese sua moglie con sé ed entrò nella casa, dove vide centinaia di colonne costellate di gemme proprio come nella casa di Sri Mahendra.
Sudama pensò: sono sempre stato molto povero, certamente la sola maniera possibile che una persona sfortunata come me possa improvvisamente diventare ricca è che Sri Krsna, il più opulento e supremo della dinastia Yadu, abbia posto il Suo sguardo su di me. Evidentemente il mio amico, il beneficiario di illimitata ricchezza, ha preso nota che io segretamente intendevo elemosinare da Lui e in realtà ha elargito su di me la più copiosa ricchezza, anche se non ha parlato affatto quando mi trovavo alla Sua presenza. Egli ha agito proprio come una misericordiosa nuvola di pioggia.
Il Signore considera insignificanti anche le Sue più grandi benedizioni, mentre magnifica anche il più piccolo servizio reso dai Suoi devoti. Perciò il Signore ha accettato con piacere anche una sola manciata di riso. Egli è la riserva compassionevole di tutte le qualità trascendentali; possa io servirLo di vita in vita con amore, amicizia e simpatia e possa coltivare questo stabile attaccamento per Lui, grazie alla compagnia preziosa dei Suoi devoti.
A un devoto che manchi di intuizione spirituale il Signore Supremo non assicurerà le meravigliose opulenze di questo mondo: il potere di un re e i beni materiali. In realtà nella Sua infinita saggezza, il Signore non-nato sa bene che l'ebbrezza dell'orgoglio può causare la caduta del ricco.
Fu così che Sudama, rendendo stabile la propria determinazione per la sua intelligenza spirituale, restò assolutamente devoto a Sri Krsna, il rifugio di tutti gli esseri viventi. Libero dall'avarizia, egli godette insieme con sua moglie del piacere dei sensi che era stato elargito su di lui, fisso nell'idea di rinunciare per sempre a questa gratificazione. Così, vedendo che l'inconquistabile Signore Supremo è comunque conquistato dai Suoi devoti, l'amico brahmana caro al Signore sentì che i nodi dell'attaccamento rimasti all'interno del suo cuore erano stati tagliati dalla forza della sua costante meditazione sulla Sua Persona, e in breve raggiunse la suprema dimora di Sri Krsna, la destinazione dei grandi santi.















Scritture Vediche

SRIMAD BHAGAVATAM

Primo Canto: La Creazione

Continua la pubblicazione dello SrimadBhagavatam, il grande classico della spiritualità scritto cinquemila anni fà da Krsna Dvaipayana Vyasa, tradotto dall'originale sanscrito da Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada Lo SrimadBhagavatam, l'essenza di tutte le Scritture Vediche, è la scienza spirituale che ci permette di conoscere non solo la sorgente ultima di ogni cosa, l'Essere Supremo, ma anche la relazione che ci unisce a Lui, e spiega che il nostro dovere è di agire per migliorare la società umana in base a questa conoscenza infallibile. Chi fosse interessato all'intera opera può contattare la Bhaktivedanta Book Trust Italia.



VERSO 34


sibiraya ninisantam
rajjva baddhva ripum balat
praharjunam prakupito
bhagavan ambujeksanah

sibiraya: sulla strada del campo militare; ninisantam: portandolo; rajjva: con delle corde; baddhva: legato; ripum: il nemico; balat: con forza; praha: disse; arjunam: ad Arjuna; prakupitah: in un sentimento di collera; bhagavan: il Signore Supremo; ambujaiksanah: guardando con i Suoi occhi di loto.



TRADUZIONE

Legato Asvatthama, Arjuna si appresta a condurlo sul luogo del suo accampamento militare. In un sentimento di collera il Signore Supremo, Sri Krsna, osservando la scena con i Suoi occhi di loto, gli rivolge queste parole:



SPIEGAZIONE

Questo verso e quello precedente descrivono Arjuna e Sri Krsna entrambi in collera; ma gli occhi di Arjuna sono come due rosse sfere di rame, mentre quelli del Signore sono simili al loto. Ciò sta a indicare che la collera di Arjuna e quella del Signore non sono sullo stesso piano. Il Signore è la Trascendenza stessa, e rimane dunque assoluto in ogni circostanza. La Sua collera non è affatto paragonabile a quella dell'anima condizionata che vive sotto l'influenza della natura materiale. Poiché è assoluto, la Sua collera e la Sua gioia hanno un valore uguale. La Sua collera non si manifesta sotto l'effetto delle tre influenze della natura materiale, ma è piuttosto l'espressione della simpatia che prova verso i Suoi devoti. Questa è la Sua natura assoluta. Perciò anche colui che suscita la Sua collera ne è benedetto. Il Signore rimane uguale in ogni circostanza.



VERSO 35


mainam partharhasi tratum
brahmabandhum imam jahi
yo 'sav anagasah suptan
avadhin nisi balakan

ma enam: mai verso di lui; partha: o Arjuna; arhasi: tu dovresti; tratum: rilasciare; brahmabandhum: il parente di un brahmana; imam: lui; jahi: ha ucciso; yak: egli; asau: quelli; anagasah: senza alcuna colpa; Suptan: durante il sonno; avadhit: uccise; nisi: di notte; balakan: i bambini.



TRADUZIONE

"O Arjuna, non dovresti avere compassione di questo 'parente di brahmana, (brahmabandhu) e rilasciarlo, perché egli è colpevole di aver ucciso dei bambini innocenti nel loro sonno.



SPIEGAZIONE

Soffermiamoci sulle parole brahmabandhu, "parente di un brahmana". Chiunque nasca in una famiglia di brahmana ma trascuri di acquisirne le qualità merita quest'appellativo e non quello di brahmana. Non è il figlio di un giudice a svolgere le funzioni di giudice, ma non c'è nulla di male nel rivolgersi a lui sottolineando il suo legame di parentela con l'onorevole magistrato. Come non è sufficiente nascere nella casa di un giudice per diventare giudice, così non si diventa brahmana semplicemente per diritto ereditario, bensì sviluppando le qualità del brahmana. Proprio come l'incarico di giudice è conferito solo a un uomo che possiede le qualità necessarie, così le funzioni di brahmana si ottengono solo coltivando le qualità proprie dei brahmana. Gli sastra c'ingiungono di riconoscere come brahmana chiunque ne mostri le qualità, anche se nato in una famiglia appartenente a un altro varna. Viceversa, se il figlio di un brahmana è privo di qualità brahminiche deve senz'altro essere trattato come un nonbrahmana, o più precisamente come il parente di un brahmana. Sri Krsna stesso, l'autorità suprema in materia dei Veda (che racchiudono tutti i codici della religione), ha messo in rilievo queste distinzioni, e negli sloka che seguono c'illuminerà sulla loro ragione d'essere.



VERSO 36


mattam pramattam unmattam
suptam balam striyam jadam
prapannam viratham bhitam
na ripum hanti dharmavit

mattam: distratto; pramattam: ubriaco; unmattam: insano; suptam: addormentato; balam: ragazzo; striyam: donna; jadam: debole di mente; prapannam: sottomesso; viratham: che ha perso il suo carro; bhitam: terrorizzato; na: non; ripum: nemico; hanti:
uccide; dharmavit: colui che conosce i principi della religione.



TRADUZIONE

"Chi conosce i principi della religione non uccide un nemico che è distratto, ubriaco, insano, addormentato, atterrito o privo del suo carro. Non uccide neppure un bambino, una donna, un debole di mente o un'anima sottomessa a lui.



SPIEGAZIONE

Ai tempi vedici si combatteva secondo i principi della religione e non secondo la soddisfazione dei propri sensi. Se un nemico non opponeva resistenza o non era in grado di difendersi, se era ubriaco, addormentato o in una qualsiasi delle condizioni menzionate nel verso, secondo i codici della guerra nobile - combattuta secondo i principi della religione - non si poteva ucciderlo. Queste guerre non erano mai condotte secondo i capricci di qualche capo politico egoista, bensì solo in funzione dei principi della religione, che sono esenti da ogni contaminazione. Tale violenza, applicata secondo i principi della religione, vale sempre più di ogni cosiddetta nonviolenza.



VERSO 37


svapranan yah parapranaih
prapusnaty aghrnah khalah
tadvadhas tasya hi sreyo
yad dosad yaty adhah puman

sva-pranan: la propria vita; yah: colui che; para-pranaih: costo della vita altrui; prapusnati: assicura convenientemente; aghrnah: crudele; khalah: miserabile; tatvadhah: l'uccisione di una tale persona; tasya: il suo; hi: certamente; sreyah: bene; yat: per cui; dosat: le colpe; yati: va; adhah: verso il basso; puman: un uomo.



TRADUZIONE

"La persona miserabile e crudele che assicura la propria esistenza a spese di quella altrui, nel suo stesso interesse dovrebbe essere condannata a morte. Altrimenti le sue azioni la faranno sprofondare.



SPIEGAZIONE

"Occhio per occhio, dente per dente", si dice talvolta. Se si vuole applicare questo principio sarà bene farlo contro colui che crudelmente e impudentemente sacrifica la vita altrui per assicurare la propria sussistenza. La vera giustizia sociale consiste nel condannare tale miserabile alla pena di morte, e questo al fine di risparmiargli l'inferno. La condanna a morte di un assassino da parte dello Stato è un beneficio per il colpevole, perché egli non avrà così a soffrire per il suo crimine nella vita successiva. La pena di morte è in realtà la condanna minima per un tale assassino, e gli smrtisastra dichiarano che ricevendo dal re un tale castigo, secondo il principio di "occhio per occhio, dente per dente", il colpevole diventa purificato da ogni sua colpa al punto da poter essere elevato ai pianeti celesti.
Assassino è anche colui che uccide un animale. Questo è il verdetto di Manu, l'illustre autore del trattato che racchiude tutti i codici civili e i principi religiosi per la società umana. La carne animale, infatti, non è destinata all'uomo civilizzato, il cui primo dovere è quello di prepararsi per ritornare a Dio. Sempre secondo Manu, l'atto di uccidere un animale s'inserisce in una vasta cospirazione condotta da un gruppo di peccatori, tutti ugualmente colpevoli e passibili di essere puniti per assassinio, esattamente come un gruppo di cospiratori che attentino, con uno sforzo congiunto, alla vita di un uomo. Chi permette che si uccida l'animale e chi compie l'atto cruento, chi vende la carne dell'animale così abbattuto e chi la cucina, chi distribuisce tale cibo e infine chi lo mangia sono tutti assassini, tutti ugualmente passibili delle punizioni inflitte dalle leggi della natura.
Nonostante i progressi della scienza materiale nessuno è in grado di creare un essere vivente; nessuno ha dunque il diritto di uccidere un essere vivente a suo capriccio. A coloro che sono incapaci di rinunciare alla carne animale le Scritture permettono alcuni sacrifici di animali, ma soltanto su base restrittiva, perché tale licenza non ha lo scopo d'incoraggiare l'uccisione bensì di frenare il moltiplicarsi dei mattatoi. Il metodo di sacrificio permesso dalle Scritture a questo scopo va a vantaggio sia dell'animale sacrificato sia di colui che ne consuma la carne. Infatti l'animale sacrificato sarà elevato alla forma umana dopo la sua immolazione sull'altare, e colui che ne mangia la carne si mette al riparo da colpe più gravi ancora, come il consumo di carni provenienti dai mattatoi, luoghi orribili, che sono causa per l'uomo, la società e la nazione d'innumerevoli afflizioni materiali. L'universo materiale è già un luogo di estrema angoscia, ma là dove si favorisce l'abbattimento degli animali l'atmosfera si contamina ancora di più col concatenarsi di guerre, malattie e numerose altre calamità.



VERSO 38


pratisrutam ca bhavata
pancalyai srnvato mama
aharisye siras tasya
yas te manini putraha

pratisrutam: è promesso; ca: e; bhavata: da te; pancalyai: alla figlia del re di Pancala (Draupadi); srnvatah: che è stato udito; mama: da Me personalmente; aharisye: devo portare; sirah: la testa; tasya: di lui; yah: di cui; te: i tuoi; manini: considero; putraha: l'uccisore dei figli.



TRADUZIONE

"Inoltre, Io stesso ti ho sentito fare a Draupadi la promessa di portarle la testa di colui che ha ucciso i suoi figli.



VERSO 39


tad asau vadhyatam papa
atatayy atmabandhuha
bhartus ca vipriyam vira
krtavan kulapamsanah

tat: di conseguenza; asau: quest'uomo; vadhyatam: dev'essere ucciso; papah: il peccatore; atatayi: aggressore; atma: i tuoi; bandhuha: assassino dei figli; bhartuh: il maestro; ca: anche; vipriyam: non avendo soddisfatto; vira: o guerriero; krtavan: colui che l'ha fatto; kulapamsanah: colui che nella famiglia è paragonabile a rifiuti bruciati.



TRADUZIONE

"Quest'uomo è un omicida, ha assassinato i tuoi discendenti. Inoltre ha irritato il suo maestro. Non è che l'inutile rifiuto della sua famiglia. Uccidilo immediatamente" .



SPIEGAZIONE

Sri Krsna relega qui il figlio di Dronacarya al rango di superfluo residuo della sua famiglia. Il prestigioso nome di Dronacarya gode sempre di un grande rispetto, e sebbene egli si sia unito al campo nemico durante la battaglia di Kuruksetra, i Pandava, tra cui Arjuna, non hanno mancato di rendergli il loro omaggio prima d'impegnarsi nel combattimento. Dronacarya, dunque, non si è reso colpevole di nessun errore, ma suo figlio Asvatthama si è degradato abbandonandosi ad atti che uno dvija, un natoduevolte (cioè un uomo che appartiene al ceto superiore della società) non avrebbe mai commesso. Infatti si è reso colpevole di omicidio uccidendo nel loro sonno i cinque figli di Draupadi, gesto abominevole, che il suo maestro Duryodhana non approvò mai. Per aver assalito i componenti della famiglia di Arjuna, egli meritava che quest'ultimo lo castigasse. Secondo gli sastra, chiunque attacchi di sorpresa, uccida il suo nemico mentre gli volta la schiena, incendi la proprietà altrui o rapisca la moglie di un altro è considerato un aggressore (atatayi) e diventa subito passibile della pena di morte. Krsna ricorda queste leggi ad Arjuna in modo che egli le consideri e prenda le misure necessarie per punire il colpevole.



VERSO 40


suta uvaca
evam pariksata dharmam
parthah krsnena coditah
naicchad dhantum gurusutam
yadyapy atmahanam mahan

sutah: Suta Gosvami; uvaca: disse; evam: questo; pariksata: considerato; dharmam: il suo dovere; parthah: Sri Arjuna; krsnena: da Sri Krsna; coditah: essendo incoraggiato; na aicchat: non desiderava; hantum: uccidere; gurusutam: il figlio del suo precettore; yadyapi: anche se; atma-hanam: l'assassino dei suoi figli; mahan: molto grande.



TRADUZIONE

Suta Gosvami disse:
Nonostante Sri Krsna abbia istruito Arjuna sul suo dovere e lo abbia incoraggiato a uccidere l'infame omicida dei suoi parenti, ad Arjuna, anima generosa, ripugna l'idea di uccidere il figlio di Dronacarya.



SPIEGAZIONE

Non ci sono dubbi sulla grandezza d'animo di Arjuna e questo verso ce ne dà prova. Sebbene il Signore in persona lo inciti ora a uccidere Asvatthama, Arjuna desidera risparmiargli la vita, perché per quanto indegno sia, colpevole com'è di atti odiosi e inutili per il bene degli altri, Asvatthama rimane pur sempre il figlio di Dronacarya, il suo illustre precettore.
Se Sri Krsna esorta Arjuna a compiere tale atto è per mettere alla prova il suo senso del dovere. Ma non dobbiamo credere che Arjuna possa fallire nell'adempiere il suo dovere o che il Signore non sia consapevole del suo valore. Krsna ha messo alla prova numerosi dei Suoi puri devoti, e questo per accrescere ancor più il loro senso del dovere. Anche le gopi dovettero conoscere tale prova, come anche Prahlada Maharaja. I puri devoti escono sempre vittoriosi dalle diverse prove alle quali il Signore li sottopone.



VERSO 41


athopetya svasibiram
govindapriyasarathih
nyavedayat tam priyayai
socantya atma-jan hatan

atha: poi; upetya: avendo raggiunto; sva: il suo; sibiram: campo; govinda: Colui che anima i sensi (il Signore, Sri Krsna); priya: caro; sarathih: il conduttore di carro; nyavedayat: affidato a; tam: lui; priyayai: a colei che è cara; socantya: lamentandosi per; atma-jan: i suoi figli; hatan: assassinati.



TRADUZIONE

Raggiunto il suo accampamento in compagnia di Sri Krsna, il conduttore del suo carro e il suo amato amico, Arjuna consegna l'omicida alla sua cara sposa, afflitta dal dolore per la morte dei suoi figli.



SPIEGAZIONE

La relazione trascendentale che lega Arjuna a Krsna è una relazione di profonda amicizia. Questo afferma il Signore in persona nella Bhagavadgita quando dice che Arjuna è un amico molto caro a Lui. Come Arjuna, ogni essere è unito al Signore da una relazione d'affetto; qualcuno agirà come Suo servitore, qualcun altro come Suo amico o genitore, qualcun altro ancora come l'oggetto dei Suoi sentimenti amorosi. Così, tutti sono invitati a godere della compagnia del Signore nel mondo spirituale, è sufficiente manifestarne il desiderio e sforzarsi sinceramente con la pratica del bhaktiyoga.
(continua nel prossimo numero)















INCONCEPIBILMENTE
UGUALI E DIFFERENTI

liberamente tratto da una lezione
di MADHUSEVITA DASA ADHIKARI

di GOVARDHANA LILA DASI

"In seguito, accompagnato dalle Sue espansioni plenarie, Dio, la Persona Suprema e perfetta, che è pieno di buoni auspici per l'intero universo, fu trasferito dalla mente di Vasudeva alla mente di Devaki. Dopo essere stata così iniziata da Vasudeva, Devaki si illuminò di infinita bellezza perché portava Sri Krsna, la coscienza originale di tutti gli esseri, la causa di tutte le cause, dentro di sé nel profondo del suo cuore, proprio come l'oriente risplende di bellezza al sorgere della luna." (S.B., 10.2.18)



La possibilità di accogliere nel proprio cuore la presenza di Dio non è un fatto ordinario in questo mondo. Nell'ambito della natura materiale ogni trasmissione e relativa ricezione di informazioni necessita di strumenti adatti, ma vi siete mai chiesti se ci sia una cavità capace di portare la voce del Signore alle nostre orecchie o un'antenna sufficientemente sensibile da proiettarNe l'immagine su uno schermo? No, la Persona Suprema, origine tanto dei mondi spirituali quanto di quelli materiali, vive la Sua esistenza su un piano completamente trascendentale, del tutto indipendente dalla nostra realtà fatta di macchine e di congegni. Chi desideri conoscere il Signore deve dunque avvalersi di uno strumento che partecipi della Sua stessa natura; qualsiasi sistema appartenente a questo mondo materiale si rivelerà inutile.
"Bhaktya mam abhijanati" dice Krsna nella Bhagavad-gita, "Posso essere conosciuto solo attraverso il servizio devozionale" e solo un cuore puro, liberato da tutte le false identificazioni imposte dai sensi e dalla mente, diventa il mezzo adatto a ricevere la Sua immagine e a trasmetterla ad altri. L'uomo evoluto nella coscienza dovrebbe dunque essere teso unicamente nello sforzo di affrancare l'anima da tutte le coperture accettate nel corso di tante vite, per giungere a riscoprire la propria natura originale di frammento della Verità Assoluta, uguale a Lei per costituzione e differente da Lei per grandezza.
Questo è il punto focale sul quale richiamiamo la vostra attenzione. Per ottenere conoscenza diretta della Suprema Trascendenza bisogna innanzitutto comprendere che non saranno i nostri tentativi a portarci alla meta, ma sarà la Persona Divina a rivelare Se stessa quando soddisfatta della nostra matura realizzazione del legame che ci unisce a Lei. Questo legame eterno è stato sintetizzato da Sri Caitanya Mahaprabhu, Krsna stesso nella forma in cui è apparso circa cinquecento anni fa, nella filosofia acintyabhedabheda-tattva. La realtà del Signore Supremo e quella delle infinite anime emanate da Lui costituiscono un'unità indissolubile e perfetta, poiché una sola è la fonte dell'esistenza di tutti gli esseri e, come non si può stabilire una differenza netta tra la sorgente energetica e l'energia emanata, così non si può separare Dio dalle Sue creature. D'altra parte, l'inconcepibile potere del Signore permette a ogni Suo piccolissimo frammento di vivere un'esistenza autonoma, nella piena libertà di scegliere se uniformarsi o no ai Suoi desideri. A chi opta per una soluzione positiva è garantita la vita nel mondo spirituale, dove può godere eternamente dell'associazione diretta del Signore; per chi come noi preferisce provare l'illusione dell'indipendenza si aprono le porte della vita materiale, con i suoi frutti amari fatti di dolore.
Ogni anima gode dunque del diritto di essere unica, completa e perfetta in se stessa, pur rimanendo solo un frammento della Verità Assoluta della quale è figlia e sulla quale poggia per la sua esistenza.
Non si può accettare la filosofia dell'acintyabhedabhedatattva con una coscienza materiale, perché si tenderà sempre a sottolineare più l'unicità o più la differenziazione delle due realtà, l'Assoluta e l'infinitesimale. La chiave della giusta comprensione risiede, invece, nella purezza del cuore, dove Krsna stesso, suprema armonia di tutte le contraddizioni, rivela la perfezione di questo principio per cui Egli è l'unico essere, tutto è Lui, e contemporaneamente tutto è parte separata che scambia eternamente con Lui.
L'anima non perde mai la propria marginalità e la propria individualità, ma quando entra nell'energia spirituale, la differenziazione che
c'è tra lei e il Signore e tra lei e le
altre anime non è più vissuta come
un ostacolo o un limite, come elemento di separazione, ma come
apertura di nuove possibilità per il
godimento di Krsna, fonte di piaceri
sempre nuovi. In questa mirabile
simbiosi interiore dei più svariati
desideri, le anime vivono in Krsna,
con Krsna e per Krsna, acquisendo
come Krsna un'espansione illimitata di servizio e di coscienza, pur
conservando inconcepibilmente la propria
posizione di gocce infinitesimali dell'Oceano Infinito.

Quando l'essere condizionato, dopo vite e vite di ricerca, abbandona ogni sorta di identificazione materiale e ritrova il proprio originale desiderio di vivere felice al servizio di Dio, nel suo cuore si viene a creare la condizione di totale purezza indispensabile perché il Signore vi Si manifesti. Krsna appare solo in Krsna e chiunque aspiri a un nuovo incontro con Lui deve dunque accettare un metodo di preparazione che gli consenta di tornare a partecipare della Sua stessa natura trascendentale.















La Dieta Perfetta della
Persona Perfetta

Quando mangiamo come mangia Krsna, sappiamo di mangiare nel
modo migliore per il nostro corpo, la nostra mente e la nostra anima.

di VISAKHADEVI DASI

Come gran parte degli occidentali, io sono stata cresciuta mangiando carne. Poi, diversi anni fa, dopo essermi confrontata con la filosofia della coscienza di Krsna per circa un anno, l'ho accettata, e con lei è arrivato il krsnaprasada (il cibo vegetariano offerto al Signore). Per me il prasada non era che una parte deliziosa dell'intera cultura della coscienza di Krsna. Non l'ho mai messo in discussione né l'ho mai esaminato. Lo gustavo semplicemente, insieme al canto, alle danze, alla filosofia e alla compagnia dei devoti del Signore. Ma negli ultimi anni, ho analizzato questa cucina da molti punti di vista, e ho trovato che, come tutte le cose che sono direttamente in relazione con il Signore, è perfetta. Mi sono convinta che non esiste modo migliore per alimentarsi, sia dal punto di vista della salute, che della nutrizione, del gusto, della varietà e dell'avanzamento spirituale.
Per fare un esempio, il tipico pranzo vedico di mezzogiorno vedico è considerato il pasto principale della giornata. Potreste obiettare che la cena è sempre stata il vostro pasto principale, ma sentite che cosa dice Laurel Robertson, autore del famoso libro Laurel's kitchen (New York, Bantam Books 1981): "Il cibo è il carburante delle vostre attività quotidiane, quindi non ha alcun senso consumare il pasto principale la sera quando ormai tutto è passato... La cena non dev'essere pesante".
Il tipico pranzo vedico è composto da capati (pane integrale non lievitato), riso, dal (zuppa di legumi), verdure cotte e insalata cruda. "Pare che la migliore assicurazione per la salute sia un'accurata dieta vegetariana con varietà di cibo assortite, e una vita lontana dai cibi artefatti" (Vic Sussman, The Vegetarian Alternative, Emmaus, Pa., Rodale Press, 1978). Quelli che associano l'idea dei vegetariani a persone smilze, fiacche, distratte o deboli devono considerare le ricerche del dottor Irving Fisher, dell'Università di Yale, che dimostrano che i vegetariani battono chi mangia carne in molti test di resistenza.
E combinando diversi vegetali con riso, pane integrale e legumi si hanno dei vantaggi enormi sul piano nutritivo. Mangiati separatamente, questi alimenti vi danno ciascuno una certa quantità di proteine, ma combinati in un unico pasto il totale delle proteine è maggiore della somma delle parti. Combinazioni di questo genere aumentano l'apporto di proteine finanche del cinquanta per cento.
Ecco qui un altra ragione della sistema alimentare vedico. Nella tradizionale colazione vedica, troverete uno spicchio di limone in ogni piatto. Perché? Io avevo sempre pensato che fosse per quella sfumatura di sapore che il succo di limone aggiunge a tutte le pietanze, ma dopo le mie ricerche ho trovato questa spiegazione (Gary Null, The New Vegetarian, N. Y. William Morrow & Co., 1978): "Il corpo ha difficoltà nell'assorbire il ferro. L'acido ascorbico (vitamina C) ne aumenta l'assorbimento". Ci sono buone fonti di ferro nei nostri pranzi (la zuppa di legumi, il pane integrale, il riso e alcuni vegetali) e il succo di limone, ricco di vitamina C, aiuta il nostro corpo ad assorbirlo.
Alcuni anni fa, poi, la mia convinzione si è fatta ancora più salda quando ho visto una lista di raccomandazioni redatta dall'Accademia Nazionale delle Scienze. Dopo aver esplorato in ogni suo aspetto il legame tra l'alimentazione e il cancro, gli esperti raccomandavano alla gente di mangiare meno e di preferire le verdure, la frutta e i cereali integrali. In particolare insistevano sul fatto di consumare vegetali ricchi di vitamina C e di betacarotene (vitamina A), in sostanza agrumi, pomodori, carote, peperoni, spinaci e simili.
In pratica, ormai, la cucina vedica fa parte della mia fede in Krsna. Possiamo seguire molte diete diverse: per stare meglio in salute, per essere più forti, più magri o anche solo perché ci piace. Ma offrendo semplicemente a Krsna ciò che Gli piace, e poi mangiandolo, possiamo avere tutti questi benefici insieme e anche di più.
Perché? Perché i gusti di Krsna sono perfetti: perfetti e completi quanto Lui.
Spesso gli occidentali dubitano del valore nutritivo del krsnaprasada e del valore della saggezza vedica in generale. Per rispondere a ciò, Srila Prabhupada, il mio maestro spirituale, dava spesso questo esempio: per quanto gli escrementi di ogni tipo siano considerati abitualmente contaminati, i Veda dicono che lo sterco di mucca è puro, tanto puro che se lo spandiamo in un posto sporco, si decontamina. Infatti per secoli la gente dei villaggi indiani puliva le proprie case con lo sterco di mucca (un orrore per gli occidentali). Solo recentemente sono stati condotti studi e analisi che hanno dimostrato che lo sterco di mucca ha davvero proprietà antisettiche.
In modo simile, i devoti di Krsna hanno mangiato il Suo prasada per millenni, e solo recentemente dietologi e medici hanno elaborato ricerche che ne dimostrano gli enormi benefici sul piano nutrizionale. Eppure, nonostante tutti i loro esperimenti, le loro analisi e i loro studi, ancora devono scoprire i benefici spirituali che si hanno mangiando krsnaprasada. Ma perché aspettare per scoprirli?
Ciascuno di noi può provare questi benefici su se stesso: basta cucinare e offrire il cibo vegetariano al Signore, per il Suo piacere.










Pomodori al forno
Tomatar Mattar Pulao

Ingredienti: 4 pomodori medi ben sodi; 1 cucchiaio da tè di sale; 5 cucchiai di olio o ghi; 6 chiodi di garofano; 1 stecca di cannella; 2 bacche di cardamomo; 1 cucchiaio da tè di zenzero fresco grattugiato; 1/2 cucchiaio da tè di curcuma; 1/3 di tazza di granella o filetti di mandorla; 1 tazza di riso basmati o di altro riso bianco a grana lunga; 2 tazze di acqua; 1 tazza di piselli freschi.



Preparare il riso:
1 Pulite e lavate il riso.
2 Aprite delicatamente il cardamomo.
3 Scaldate 4 cucchiai di ghi in una pentola con il fondo pesante per un minuto e mezzo. Aggiungete i chiodi di garofano, la cannella, il cardamomo e soffriggete per circa mezzo minuto.
Aggiungete il riso e le mandorle e continuate a friggere per altri 4 minuti, o fino a quando le mandorle prenderanno colore.
4 Fate bollire l'acqua in un altra pentola e versatela nel riso. Aggiungete il sale e i piselli. Mescolate e alzate la fiamma per portare l'acqua a bollore. Riducete di nuovo il fuoco e coprite con un coperchio. Senza mescolare lasciate cuocere per 15/20 minuti, fino a che l'acqua si sarà asciugata e il riso sarà tenero.
6 Togliete il coperchio e lasciate cuocere per un minuto ancora. Date ancora una mescolata al riso e, se volete, togliete le spezie intere.



Preparare i pomodori al forno: 1 Scaldate il forno a 200°.
2 Tagliate una fetta sottile nella parte superiore del pomodoro, e mettetela da parte. Con un cucchiaino togliete con delicatezza dall'interno dei pomodori la polpa e i semi. Cospargete l'interno dei pomodori con mezzo cucchiaino da tè di sale e lasciateli capovolti per almeno 15 minuti. Sminuzzate la polpa dei pomodori scartando i semi.
3 Scaldate 1 o 2 cucchiai di ghi in una
padella e fate soffriggere lo zenzero fino a che sia imbrunito. Aggiungete la polpa di pomodoro e la curcuma e mescolate lasciando cuocere fino a farlo diventare un sugo denso. Togliete dal fuoco e lasciate da parte.
4 Riempite i pomodori con il riso e versateci sopra un cucchiaino di sugo. Chiudete i pomodori con la fetta che
avete messo da parte nel punto 1.

5 Mettete i pomodori in una teglia in cui stiano stretti e versate sul fondo della teglia circa mezzo centimetro di acqua. Cuocete per 15 minuti e offrite a Krsna.







Cavolfiori e patate alla panna
ricetta di Srila Prabhupada
Sukhe Alu Gobi

Nota: è indispensabile offrire e servire questa pietanza appena cucinata, altrimenti le patate assorbiranno tutta le panna, la salsa si asciugherà e le patate diventeranno mollicce.
Ingredienti: 3 tazze di ghi o di olio per friggere; 1 cavolfiore medio; 2 grosse patate, lasciate a bagno per almeno mezz'ora; 1 cucchiaio da tè di sale; 1/4 cucchiaio da tè di pepe nero macinato; 1/2 cucchiaio da tè di curcuma; 1 tazza di panna da cucina, o di yogurt intero, o di panna acida, a temperatura ambiente e ben sbattuta; 1 cucchiaio di prezzemolo o coriandolo fresco tritato.
1 Riscaldate il forno a 150°.
2 Lavate il cavolfiore e tagliatelo a cimette. Asciugatelo bene. Tagliate le patate a fette spesse circa 4 mm.
3 Friggete le patate e il cavolfiore e fateli scolare su carta assorbente.
4 Unite i vegetali ancora caldissimi alle spezie e, solo all'ultimo momento, aggiungete la panna e guarnite con il prezzemolo.







Fagiolini con castagne d'acqua
Singarabarbatti Sabji

Potete trovare le castagne d'acqua nei negozi di alimentari orientali.
Ingredienti: 2 cucchiai di ghi o di olio; 1/2 cucchiaio da tè di semi di mostarda nera; 1 radice di zenzero fresco di circa 2 cm; 500 g di fagiolini freschi lavati puliti e tagliati diagonalmente in pezzi di circa 1 cm; 1/4 di tazza di acqua; 1/2 cucchiaio da tè di cumino in polvere; 1/4 di cucchiaio da tè di curcuma; 1 cucchiaio da tè di coriandolo in polvere; 1 etto di castagne d'acqua; 1 cucchiaio da tè di sale; 2 cucchiai da tè di prezzemolo o coriandolo fresco tritato.

1 Preparate le castagne d'acqua pelandole, facendole a fettine sottili e mettendole ad ammorbidire in acqua fredda. 2 Fate scaldare bene il ghi a fuoco medio. Fate soffriggere i semi di mostarda e lo zenzero tagliato a filetti, fino a che la mostarda comincerà a scoppiettare. 3 Aggiungete i fagiolini e continuate a soffriggere per altri 6/7 minuti. Versate l'acqua, coprite e fate bollire lentamente per altri 5 minuti. Togliete il coperchio e cuocete finché il liquido è quasi del tutto evaporato.

Quindi aggiungete le castagne d'acqua e gli altri ingredienti rimasti e cuocete per ancora qualche minuto. Togliete dal fuoco e offrite subito a Krsna.















L'OSSERVATORE
VE DICO

Commenti a fatti e avvenimenti del nostro tempo a cura di Matsya Avatara dasa



Psicosi, Psicoanalisi e Psicoanalisti

In questa società caotica, rintronata e percossa in continuazione da slogan pubblicitari, priva di reali punti di riferimento e svuotata di valori spirituali, un numero crescente di persone sviluppa vere e proprie nevrosi e, a un certo punto della vita, si sentono depresse e infelici. Le statistiche segnalano una crescita vertiginosa di persone in stato di ansietà depressiva, anche tra i più giovani. Gente in "crisi", spinta da profonda insoddisfazione, da instabilità psicologica o addirittura da segni evidenti di squilibrio mentale, ignara delle cause generatrici dei propri disturbi, nel tentativo di riacquistare "la gioia di vivere" si rivolge spesso a una grande varietà di stregoni "moderni": quasi sempre materialisti convinti o falsi spiritualisti. Rare sono le persone che nel momento del bisogno si raccomandano a Dio per la soluzione dei loro problemi, cercando contemporaneamente di capire dove hanno sbagliato, senza incolpare altri delle loro negligenze antiche e recenti. Di questa categoria di "onesti" ci occuperemo in ultimo, ora prendiamo in considerazione la maggioranza, che sostanzialmente crede solo nella materia e di conseguenza opta per soluzioni materialistiche. Da oltre vent'anni mi interesso di patologia psicologica e parlando a lungo con amici psicologi e psichiatri, con avvocati che spesso hanno a che fare con cause legali generate da vera e propria follia, con dirigenti di ospedali psichiatrici, abbiamo più volte analizzato e dibattuto il tema in questione, tanto da formarmi, nel corso degli anni, le convinzioni che seguono.
I due rami della medicina cui la gente si rivolge più spesso per la cura delle nevrosi sono la psichiatria biologica e la terapia psicologica, nell'ambito della quale la più diffusa è la psicoanalisi. Esse, come discipline di studio, nascono in Europa agli inizi di questo secolo, diventano entrambe molto famose e vengono subito ed enfaticamente innalzate al rango di scienze. La psichiatria, a causa all'altissima casistica di insuccessi clamorosi, ha ormai perso molta della sua credibilità, mentre la psicoanalisi, propostasi come una alternativa laica alla ricerca dell'Io, è tuttora in auge. Negli Stati Uniti d'America la pratica della psicoanalisi ha milioni di adepti, in Europa il fenomeno è di minore grandezza ma non trascurabile. Mentre ai veri e propri psicopatici, che soffrono di gravi forme di turbe mentali: isterismo, schizofrenia, ossessione, ecc., la psichiatria fornisce invariabilmente come unica cura un trattamento di tranquillanti (che, come vedremo dopo, è spesso solo peggiorativo) gli psicoanalisti offrono invece, come cura, attraverso una serie di colloqui non molto dissimili da quelli del tipo confessionaledogmatico, una analisi del "profondo", di cui parleremo tra poco.
Cominciamo dalla psichiatria. Uno dei presupposti di questa disciplina afferma: "lo psicopatico ha perso il suo naturale equilibrio mentecorpo e, non essendo più capace di produrre e dirigere correttamente gli impulsi della mente alle varie parti del corpo, deve "aiutare" il sistema psicofisico ormai in crisi, con l'uso della farmacologia". Ma, a causa della totale ignoranza della natura spirituale della persona, questa è trattata alla stregua di una macchina, senza alcuna distinzione tra l'essere vivente e il suo veicolo psicofisico. Quando poi, come spesso accade, le cose peggiorano anziché volgere al meglio, per limitare i danni che il paziente potrebbe arrecare a sé stesso e a chi gli sta vicino, si ricorre invariabilmente ai cosiddetti tranquillanti. "Sembra un paradosso mai tranquillanti rendono aggressivi"; questa è una dichiarazione del dottor Christopher Ounsted dell'Ospedale pediatrico di Oxford in Inghilterra, che dice: "Gli psichiatri e pediatri che hanno in cura madri soggette a stress di particolare gravità (alcune sono arrivate addirittura a provocare lesioni fisiche ai loro bambini) hanno scoperto che nove su dieci hanno fatto uso di tranquillanti". Egli poi conclude: "Prescrivere a una persona, già incline a manifestazioni estroverse, un tranquillante è altrettanto sbagliato quanto dare alcool a una persona emotivamente instabile e poi provocarla". Ciò nonostante, la maggior parte degli psichiatri e dei medici generici, per sbarazzarsi della ingombrante presenza dei molti pazienti divenuti scomodi, (specialmente donne che lamentano persistenti stati di ansia) li spediscono dritti alla farmacia che, su ricetta medica, propina farmaci costosi, talvolta inutili, spesso addirittura dannosi (basta riflettere sugli ultimi scandali della farmaceutica e di ciò che eufemisticamente viene chiamata "sanità"). Per quanto riguarda poi gli ospedali psichiatrici, a cui vengono affidati i casi più gravi, i medici responsabili  e ancora sani di mente - bene sanno in quale stato di inefficienza e inefficacia versino da sempre tali istituti, e quanto la loro "scienza" sia impotente nel recupero degli psicopatici.
La psicoanalisi, fin dalla sua nascita, ha mostrato la spiccata vocazione a trascendere l'ambito propriamente clinico, con la pretesa di dare risposte scientifiche ai molteplici bisogni interiori dell'uomo. Il padre storico della prima dottrina psicoanalitica, Sigmund Freud, ha formulato una serie di teorie (a noi in questo caso interessano solo quelle che riguardano l'uomo) per le quali la personalità di un individuo è la risultante di una serie di forze mentali (psichiche), generate da desideri consci e inconsci, che influenzano il comportamento e lo stato d'animo del soggetto al punto da farlo soffrire o gioire a seconda dei casi. Egli dichiara che gli squilibri psichici sono originariamente causati da contrasti di volontà: da una sorta di lotta tra l'io cosciente che perora ciò che dovrebbe essere fatto (per rispettare le norme sociali, religiose, ecc.) contro le richieste dell'inconscio dettate dalla "libido" (impulsi sessuali repressi e accumulati sia nella fase prenatale che successivamente), ossia ciò che invece piacerebbe fare. Per cui, anche quando l'io cosciente prende una decisione definitiva, la tensione della lotta rimane e, anche se l'io, apparente dominatore, relega al di sotto della soglia di coscienza le istanze contrarie, come prigioniere nelle segrete della mente. Queste generano tuttavia una formidabile protesta che si esplica in una forza inconscia, ostile all'io cosciente, che sarà il seme delle successive eventuali turbe della personalità: isteria, depressione, ossessione, ecc. Per cui Freud sostiene che la cura delle turbe psichiche si ottiene per mezzo dell'analisi dell'inconscio, in modo da riesaminare tutti i "semi" nascosti nella mente, sotto le soglie dell'io cosciente. Così, come in una operazione di archeologia mentale, si tenta, attraverso l'analisi, di far riaffiorare soprattutto i desideri sessuali repressi  anche i peggiori "rifiuti" riesaminando tutte le "voglie", anche (e soprattutto) le più turpi e animalesche, a suo tempo non perseguite perché inagibili o distruttive. Tutti i rifiuti psichici del passato vengono ripescati dalle fognature della mente e rivalutati agli occhi del paziente, sempre in chiave sessuale (come una fissazione), riprendendo in considerazione tutte le istanze, lo psicanalista invita il paziente, suggestionandolo, a dare sfogo alla libido (della cui esistenza e forza che preme dall'inconscio lo ha ormai convinto), a trasferire ("transfert" psicanalitico) su altri soggetti o persone le proprie brame, impulsi e affetti. Il tutto con la pretesa di rimuovere le inibizioni e facilitare il ristabilirsi dell'equilibrio psicologico del paziente. Per Freud la persona umana non è una "unità", con la sua individualità, bensì una personalità in "transito" continuo. Possiamo vedere come Freud neghi all'uomo una sua potenziale personalità originaria incontaminabile, unitaria, autonoma e centrale, in virtù della quale egli sia capace di prendere decisioni autonome e di assumersene tutte le responsabilità. Questa concezione antropologica freudiana è, di per sé, un ripugnante svilimento della statura spirituale dell'individuo e un gravissimo attentato alla personalità umana. Sembra quasi che Freud provi (forse inconsciamente?) una sorta di piacere morboso nel vedere gli psicopatici regredire allo stato primitivo, subumano, e dare libero sfogo ai pensieri peggiori, sempre focalizzati sugli impulsi sessuali. La libido, colonna portante della struttura teorica psicoanalitica, rappresenta per Freud l'unica sessualità possibile. Non viene presa neppure presa in considerazione un'altra origine della sessualità, per esempio di natura spirituale, poi distorta nel mondo della materia: no! Freud sembra insistere nel dire che in origine ci sono solo impulsi sessuali, che generano complessi incestuosi, a cui si deve dar sfogo dopo averli canalizzati (attraverso il transfert) altrove (1). Il dogma della "libido" che pervade tutta la dottrina psicanalitica, sembra essa stessa una forma di ossessione, del tutto simile a quelle che dovrebbero essere curate. Prova ne è il frequentissimo ripetersi di casi di relazioni equivoche e patologiche tra lo psicanalista e lo psicanalizzato (a tal proposito c'è una documentazione infinita di abusi sessuali, soprattutto nei confronti di donne, che accompagna sin dall'inizio la breve storia della psicoanalisi. Clamoroso l'articolo apparso su L'Espresso del gennaio '94). La psicoanalisi pertanto non mira a reintegrare l'essere al suo livello più alto di coscienza, né opera per ristabilire una dignità evoluta della persona umana, bensì, incitando il paziente ad "aprirsi" agli istinti peggiori, esattamente al contrario della pratica dell'ascesi, lo induce a regredire allo stato primitivo e selvaggio. Nella pratica psicoanalitica non è il paziente ad analizzare sé stesso in profondità, come avviene nella ricerca filosofica, nella meditazione e nella preghiera, bensì è lo psicoanalista che conduce le ricerche, commentando nel suo modo dogmatico i dati rivelatigli dal paziente, il quale giace in uno stato passivo e di completa soggezione, alla mercé dell'analista il quale, salvo rare eccezioni, si pone artificialmente nei confronti del paziente nella posizione di maestro di vita. Lo psicoanalista "tipico" non crede all'esistenza dell'anima immortale, alla sua gloria originaria, né alle sue possibilità di riscatto dall'esistenza condizionata, perché per lui la vita è quel breve periodo di tempo che intercorre tra la nascita e la
morte, è mossa solo da impulsi sessuali e non ha alcuno scopo trascendente.
In fondo questa teoria non è per noi una novità: Sri Krsna la menziona nella Bhagavad-gita (16.89) descrivendo la natura degli
asura: "Dicono che questo
mondo è irreale e senza
fondamento, che non c'è
un Dio che lo dirige, che è
il risultato del desiderio
sessuale e non ha altra causa che la lussuria". Con
questa visione negativa non
c'è da sorprendersi quando vediamo che i pazienti,
anziché ristabilirsi, dopo
una euforia iniziale crollano in stati di depressione perfino peggiori
di prima. Qui, almeno per la psicoanalisi,
sembra proprio il caso di citare il vecchio
proverbio: "Talvolta il rimedio è peggiore
del male". Così, personalmente, e con me
molti esperti del settore, psichiatri e psicologi, siamo arrivati alla conclusione che,
per dirla con le parole del Briatore: "Devozione e meditazione risolvono molto più
dei tranquillanti. Pertanto, psicologi e psichiatri devono essere degli spiritualisti in
prima persona se vogliono veramente curare i pazienti" (1).

Di queste due discipline, psichiatria e psicoanalisi, seppure con distinzioni abbastanza marcate, la prima ha buoni intenti ma si serve di strumenti rozzi che inducono quasi sempre il paziente a cadere in uno stato di torpore, di ignoranza "tamasica" e farmacodipendenza, mentre la seconda, la psicoanalisi, sembra avere il presupposto subdolo e il piacere malvagio di ridurre il superiore all'inferiore, l'elevato al degradato, insomma pare specialista nella regressione anziché nell'elevazione (2). Però entrambe, partendo da presupposti teorici spiccatamente materialistici, si ostinano a prendere in considerazione nient'altro che la materia, come se la coscienza derivasse da quest'ultima e non viceversa. Le loro analisi, fuori dall'ambito puramente tecnico, non possono essere che imprecise e spesso errate perché prendono in considerazione solo l'ultima vita del paziente, senza tenere conto che lo stato psicofisico del presente storico di una persona è la risultante di innumerevoli pensieri e azioni "karmiche" compiute anche in vite passate.
Senza considerare che il corpo vive solo perché è abitato dall'anima e che, quando l'anima lo abbandona, esso torna ad essere materia inerte, non si può parlare di vera conoscenza, né di scienza autentica. Nel secondo capitolo della Bhagavadgita, dove la natura spirituale dell'anima è spiegata in maniera inequivocabile, ella è descritta come immateriale e atemporale  costituita di pura energia spirituale  possiede intrinseche le qualità di eternità, conoscenza e beatitudine.
Nella Bhagavad-gita sono descritte anche le cause della "caduta" dell'anima nel mondo dell'illusione e i suoi coinvolgimenti e identificazioni col mondo della materia. Come ella, pur essendo qualitativamente della stessa natura spirituale del Signore Supremo, ma non essendo dotata di altrettanta potenza, possa trovarsi in grandi difficoltà in un ambiente che non le è consono (B.g 16.15). Pur rimanendo immortale, sembra nascere e morire infinite volte finché non realizza la propria incompatibilità con la materia e torna a casa sua, nel mondo spirituale. Se chi si assume la responsabilità di curare le personalità deviate degli psicopatici non ha realizzato che l'anima, eterna e immortale, al momento in cui si distacca dall'involucro fisico passa da un corpo all'altro, portandosi con sé tutta una serie di esperienze, codificate in "semi" mentali (concezioni, ambizioni, speranze, frustrazioni, ecc.) come può pensare di apportare veramente benefici effettivi?
Nel corso della vita ho chiesto a tanti psicopatici di raccontarmi le loro storie e ho constatato che alla radice delle turbe mentali ci sono invariabilmente dei traumi che hanno a che fare con qualche violenza, inflitta o subita. In entrambi i casi ciò che ha difettato nella personalità del soggetto, ciò che insomma ha ceduto emotivamente nell'evento, è una concezione illusoria dell'esistenza  in particolar modo l'attaccamento a qualcuno o a qualcosa  nella
forma materiale, quindi temporale e per questo, in definitiva, illusoria. Infrangendo il codice universale dell'amore e del rispetto verso tutto il creato  gli uomini in testa, ma nessun vivente escluso  operando contro l'armonia generale e, per come è impostato il "software" cosmico, si pagano automaticamente le conseguenze.
Compiendo attività proibite dalla legge del Signore le persone infliggono sofferenze agli altri viventi e come reazione la persona passa in tempi variabili, a seconda dei casi, dall'illusione alla delusione, da qui alla frustrazione, poi alla disperazione, infine alla pazzia. E' in questo stato d'animo che si compiono gesta folli, non illuminate dalla ragione. Per rafforzare e reintegrare la personalità di un psicopatico si deve curare prima di tutto la sua coscienza, se per riabilitazione si intende il risveglio, la liberazione dall'illusione materiale  la cura del corpo può risultare spesso indispensabile e talvolta anche prioritaria, ma non sarà mai sufficiente.
Ci sono casi in cui il "giusto intervento" è stato trascurato troppo a lungo e il soggetto è già regredito a un così basso livello di coscienza da dovercene occupare solo come di un infermo o di un pericolo sociale. Se in tali casi non possiamo fare più niente, almeno in questa vita, per recuperare il malcapitato, molto invece possiamo fare per prevenire che ciò si possa ripetere in futuro.
La cura preventiva è incomparabilmente preferibile in tutti i campi e in particolar modo in quello delle nevrosi, le quali, una volta sviluppate, sono molto difficili da curare in maniera adeguata per la loro natura sottile (3). Ma rincuoriamoci perché la cura esiste: la via indicata da Dio è la cura efficace per recuperare la nostra smarrita saggezza. Per non ricadere più nella concezione illusoria dell'esistenza occorre ristabilire saldamente il nostro rapporto di amicizia con Dio. Così dice Sri Krsna nella Bhagavad-gita (Bg 15.15): "Sono nel cuore di ogni essere e da Me viene il ricordo, la conoscenza e l'oblio. Il fine di tutti i Veda è quello di conoscerMi; in verità, Io sono Colui che conosce i Veda". E' necessario riconoscere l'esistenza e la supremazia di Dio, diventare coscienti delle Sue leggi e, per il bene di tutti, imparare a seguirle.
Così, correggendo i nostri errori, purificandoci, la nostra percezione del divino aumenta, diventiamo coscienti di Dio e impariamo ad amarLo con devozione. La serenità e la salute si acquistano conducendo una vita regolata e onesta, incentrata sullo sviluppo delle qualità spirituali, volta al bene di tutti. La pratica più facile, rapida e alla portata di tutti per raggiungere e mantenere stabile uno stato di perfezione e di beatitudine è l'invocazione e la meditazione sul santo Nome del Signore: Hare Krsna, Hare Krsna, Krsna Krsna, Hare Hare, Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare.



NOTE: (1) Anche nella tradizione vaisnava il maestro spirituale incoraggia il discepolo a trasferire i propri attaccamenti e desideri: mentre qui si mira a risolvere il problema superandolo con il controllo dei sensi, per quanto è possibile con il distacco e la rinuncia, come sacrificio offerto a Dio, quindi trasferendo soprattutto la coscienza dal piano materiale a quello spirituale, là, lo psicoanalista, induce il paziente a godere dei propri istinti provenienti dalla natura inferiore, identificandolo sempre più con la sua coscienza di corpo psicofisico, con le conseguenze che ben conosciamo.
(2) Gli psicoanalisti ammettono che l'apertura all'inconscio può provocare, oltre alle varie forme di nevrosi, anche l'alienazione mentale.
(3) Si legge dal Corriere della Sera del 6 Dicembre 1993, "E' dimostrato che i turbamenti psichici possono provocare le malattie psicosomatiche. Ma recenti ricerche dimostrano anche che un atteggiamento psicologico positivo può restituire il benessere". E' curioso notare come l'articolista abbia usato la parola "recenti ricerche", come fosse una novità, mentre il MahaBharata (Shantiparva, XVI 8), messo per iscritto millenni orsono, dice: "Non esistono due specie di malattie  fisica e mentale  ma l'una deriva dall'altra, e mai si è trovato che esistesse una senza l'altra. In verità i disturbi mentali derivano da quelli fisici, così come i disturbi fisici derivano da quelli mentali".















L'ALBERO DEL SERVIZIO
DEVOZIONALE
di GAURA PURNIMA DEVI DASI

Non è difficile accorgersi di vivere in un'era del tutto particolare. Ovunque regnano il caos e la violenza nelle sue molteplici forme, fisica (aggressioni, scippi, rapine, etc;) e psicologica (turni di lavoro stressanti, bombardamenti pubblicitari, rumori assordanti quanto inutili). Le città sono diventate ritrovi per il crimine autorizzato. Lo stress, una delle malattie del secolo, con tutto il suo carico di sofferenza opprime la gente comune, sempre più insoddisfatta e infelice. Solo pochi, però, si chiedono il perché della sofferenza, e ancora di meno sono coloro che cercano di porvi rimedio attraverso il recupero della fede e della religiosità autentica.
Tuttavia quest'era è particolare anche per un altro motivo: vi appare Sri Caitanya, la manifestazione di Dio più misericordiosa, l'avatara dalla carnagione dorata. Egli è venuto in questa età buia, di tenebre e di ignoranza, dove l'egoismo, l'arrivismo sociale e la prepotenza hanno sostituito ogni valore positivo, ogni qualità spirituale e ogni virtù etica, dove il dolore e la disperazione per un'esistenza vuota di significato ottenebrano le menti delle persone sempre più alla ricerca di facili gratificazioni attraverso il sesso e l'intossicazione.
In questa era chiamata negli antichi testi vedici kaliyuga, età dell'ipocrisia e della discordia, per la grazia speciale di Sri Caitanya Mahaprabhu, risplende la luce del movimento del sankirtan, il canto collettivo dei Santi Nomi di Dio: Hare Krsna Hare Krsna Krsna Krsna Hare Hare Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare.
Numerosi devoti del Signore ed eruditi nella conoscenza vedica hanno scritto opere che glorificano le attività trascendentali di Sri Caitanya Mahaprabhu, attestando sia con l'esempio della loro vita, interamente dedicata al servizio a Krsna, Dio la Persona Suprema, sia con l'autorità degli sastra (testi sacri rivelati direttamente da Dio, quali i Veda, i Purana, le Upanisad e i racconti storici, Ramayana e Mahabharata), che il Movimento di Sri Caitanya Mahaprabhu è autentico e autorevole, in linea perfetta con gli insegnamento di tutti i maestri spirituali del passato.

L'avvento di Sri Caitanya Mahaprabhu cinquecento anni fa nel Bengala, era stato profetizzato migliaia di anni prima. "Nell'età di Kali, le persone intelligenti parteciperanno al canto congregazionale dei Santi Nomi con l'intento di adorare la manifestazione di Dio che canta costantemente i nomi di Krsna. Sebbene la Sua carnagione non sia scura, Egli è Krsna stesso... Non esiste guadagno maggiore per l'anima incarnata, forzata a vagabondare nel mondo materiale, del Movimento del Sankirtan, col quale si può raggiungere la pace suprema e liberarsi dal ciclo di morti e rinascite" (S.B. 11.5.3237).
Lo Srimad Bhagavatam, o Bhagavata Purana, attesta che Sri Caitanya Mahaprabhu non è altro che Krsna stesso venuto in questo mondo per ristabilire i principi della religione e mostrare a tutti la via del puro amore per Dio.
Prima di abbracciare l'ordine di rinuncia il Suo nome era Visvambhara, un nome di Krsna che significa "Colui che mantiene l'universo intero". L'ambizione di Sri Caitanya Mahaprabhu era proprio questa: riempire l'intero universo dell'amore per Dio. Krsna stesso afferma nella Bhagavad-gita (4.7): "Ogni volta che in qualche luogo dell'universo la religione declina e l'irreligione avanza, o discendente di Bharata, Io vengo in persona". Nel Brahma Yamala Dio spiega: "Talvolta appaio personalmente sulla superficie del mondo nelle vesti di un devoto. Più precisamente appaio come il figlio di Saci nel kali yuga, per dare vita al Movimento del Sankirtan."
Questa sublime missione trova piena conferma nel Brhannaradya Purana: "Per il progresso spirituale nell'età di Kali, non c'è alternativa, non c'è alternativa che il Santo nome del Signore". E nello Skanda Purana: "Si può cantare il nome del Signore senza considerazioni di tempo, di circostanze, di purificazione preliminare o di altri fattori? Questo canto è completamente indipendente da tutti gli altri metodi e accorda la soddisfazione di tutti i desideri a coloro che lo cantano con fervore."
La vita e gli insegnamenti di Sri Caitanya Mahaprabhu sono stati trattati nell'opera di Krsnadasa Kaviraja Gosvami, Sri Caitanya Caritamrta. Nella sezione Adi Lila l'autore, dopo aver preso rifugio in Dio, la Persona Suprema, Sri Caitanya Mahaprabhu, parla di un albero del tutto particolare: l'albero del puro amore per Krsna. La metafora dell'albero è significativa. Essa sta ad indicare che il servizio devozionale al Signore è come una pianta il cui seme nel cuore di ognuno, cresce sotto l'effetto dell'acqua del nostro desiderio; quando germoglierà darà il frutto del puro amore per Dio.
Sri Caitanya Mahaprabhu è considerato sia la pianta del servizio devozionale che colui che la cura, gode dei frutti e li distribuisce. Tutto, quindi, gravita attorno allo stesso Krsna apparso in quest'era come il giardiniere trascendentale che pianta nel cuore degli uomini sinceri il seme della devozione. Egli stesso è la personificazione di questo puro amore e il supremo goditore nella relazione trascendentale che unisce la creatura al creatore. Caitanya Mahaprabhu è il tronco principale dell'albero del servizio devozionale, da questo tronco si dipartono diversi rami e da questi altri ancora. Queste ramificazioni simboleggiano i Suoi numerosi discepoli e tutti i seguaci del Movimento del Sankirtan. Noi qui ci limitiamo a ricordarne solo alcuni. Il seme dell'amore per Dio era già presente in Sri Madhavendra Puri. Egli apparteneva ad una successione di maestri che risaliva al santo Madhvacarya ed era molto famoso per la sua devozione a Dio. Il suo discepolo prediletto, Isvara Puri, diventò il maestro spirituale di Sri Caitanya Mahaprabhu grazie alle benedizioni che Madhvacarya gli elargì per le cure amorevoli egli che gli aveva prestato nell'ultimo periodo della sua vita.
Madhavendra Puri ebbe altri discepoli tra cui Paramananda Puri, considerato da Krsnadasa Kaviraja Gosvami la radice centrale dell'albero della devozione. Paramananda Puri era molto caro a Sri Caitanya Mahaprabhu. Era sempre immerso in una profonda estasi meditativa. Fondò un piccolo monastero dietro la parte occidentale del tempio del Signore Jagannatha e vi fece scavare un pozzo per attingere l'acqua. Poiché il sapore dell'acqua non era gradevole, Sri Caitanya Mahaprabhu pregò il Signore Jagannatha di farvi fluire l'acqua del Gange.
Tra i numerosi seguaci e associati di Sri Caitanya Mahaprabhu ricordiamo Vasudeva Datta, così generoso e altruista che avrebbe voluto assumere su di sé le reazioni colpevoli di tutti gli esseri viventi dell'universo affinché venissero liberati da Sri Caitanya Mahaprabhu. Un altro meraviglioso ramo dell'albero della devozione fu Haridasa Thakura. Egli cantava i Santi nomi del Signore trecentomila volte al giorno ed era il ricettacolo di ogni buona qualità. Malgrado fosse stato perseguitato e torturato dai musulmani a causa della sua fede, subì ogni sofferenza e umiliazione senza protestare.
Sri Rupa e Sri Sanatana Gosvami, due fratelli di origine brahminica che svolgevano, però, la loro attività lavorativa al servizio del governo musulmano, furono, assieme al nipote Jiva Gosvami, tra i più famosi devoti di Sri Caitanya Mahaprabhu.
Sri Rupa Gosvami, non appena conobbe il Signore, rassegnò le dimissioni dal suo servizio governativo e si recò a Vrndavana per incontrarlo di nuovo. Spinto dall'amore per Dio abbandonò tutti i suoi legami familiari, accettando l'ordine di rinuncia. Divise il denaro, che si era guadagnato con il suo precedente lavoro, in modo esemplare: il cinquanta per cento lo diede ai brahmana (sacerdoti eruditi), il venticinque per cento ai suoi parenti e l'altro venticinque per cento lo tenne per sé. Questo denaro servirà poi a liberare Sri Sanatana Gosvami dalla prigione dove il governatore musulmano lo aveva rinchiuso per impedirgli di raggiungere il fratello.
Sri Sanatana Gosvami era molto umile e mite: egli pensava di essere diventato un musulmano a causa dei contatti avuti con loro, per cui quando incontrò Sri Caitanya Mahaprabhu Gli disse: "Sono sempre a contatto con la gente di bassa classe e per questa ragione il mio comportamento è detestabile." Pur appartenendo ad una nobile famiglia di brahmana e pur essendo egli stesso un grande devoto del Signore, a causa delle sue compagnie non pretendeva di essere considerato un brahmana ma si considerava il più degradato tra gli uomini.
Un altro grande devoto di Sri Caitanya Mahaprabhu è Ramananda Raya. Egli riusciva così bene a controllare i sensi che malgrado insegnasse danza a delle giovani e belle ragazze e si prendesse personalmente cura del loro corpo, non rimase mai minimamente turbato, tanto la sua mente era fissa sul Signore Supremo.
Le attività meravigliose di questi devoti non devono essere imitate dai devoti ordinari, ancora soggetti alle influenze della natura materiale. Srila Prabhupada ha spiegato che nessuno può artificialmente imitare la tolleranza di Haridasa Thakura, la mitezza e umiltà di Sanatana Gosvami o l'impassibilità di Ramananda Raya. Queste grandi anime e devoti del Signore, personalità del tutto eccezionali, venuti in questo mondo per assistere Caitanya Mahaprabhu nella Sua missione, costituiscono quell'ideale di perfezione che ciò che ci stimola a continuare nel servizio devozionale, così che possiamo seguire la strada che essi hanno tracciato per noi, senza mai pretendere di eguagliarli, ma aspirando e sperando sempre che per la loro misericordia, Sri Krsna Caitanya stesso posi il Suo sguardo su di noi, anime perdute del kali yuga, e ci dia la determinazione necessaria per seguire le loro istruzioni. La Sri Caitanya Caritamrta di Krsnadasa Kaviraja Gosvami contiene i loro insegnamenti ed è satura del sublime amore che lega Krsna ai Suoi devoti. Nei suoi versi si percepisce la potenza di questo dolce sentimento spirituale che non ha alcun riscontro nel mondo materiale.
Devozione, rispetto, venerazione e glorificazione di Dio arricchiscono le sue pagine dalle quali si percepisce come il tempo non abbia più significato e l'eternità fluisca attraverso le parole e la melodia dei versi bengalesi. Ovunque nella Caitanya Caritamrta si respira la potenza e la bellezza del divino che si disvela ad ogni gesto, ad ogni anche più piccola considerazione. I personaggi, le cui semplici ed eroiche gesta sono impresse nella memoria di generazioni e generazioni di vaisnava (devoti del Signore) sono eternamente presenti in quest'opera densa di vita e di spiritualità. La Caitanya Caritamrta è un unico inno al Signore, un'unica glorificazione della eterna freschezza dei Santi Nomi, vibra di felicità spirituale e di puro amore per Dio. "Io sono sciocco, insignificante, di bassa estrazione e ho sempre desiderato il piacere materiale; eppure, grazie all'ordine dei vaisnava mi sento pieno di entusiasmo per scrivere quest'opera trascendentale" (C.C., Adi Lila, Cap. 8, 83) Questo profondo sentimento di umiltà e di dipendenza dai devoti del Signore fa di Krsnadasa Kaviraj a Gosvami il perfetto discepolo e seguace del Movimento del Sankirtan. Noi, che siamo ben lontani dal provare un così grande e sublime sentimento di dipendenza, dovremmo, in ogni istante, ricordare questi grandi devoti, anime eternamente liberate, che nella loro pietà per il genere umano giocano il ruolo di anime condizionate. Dovremmo quindi sempre seguire le loro orme e mai cessare di adorarli.















I DIALOGHI DI SRILA PRABHUPADA

Basta Con Corpi Da Poco!

Questa conversazione con Srila Prabhupada si è svolta a Gorakhpur, in India, il 17 febbraio 1971.



Ospite: Se l'anima passa sempre da un corpo all'altro, com'è l'anima quando si libera?
Srila Prabhupada: Nel mondo materiale l'anima assume corpi materiali. E quando diventa una sincera servitrice di Krsna, le viene offerto un corpo spirituale.
Fino a che una persona non fa il soldato, non riceve una divisa, ma quando si arruola come soldato, la divisa le viene data. Così, nel mondo materiale, si prendono diversi corpi. Bhutva bhutva praliyate: si prende un corpo di un certo genere, poi svanisce e da capo se ne deve prendere un altro. Ma, non appena si diventa perfettamente coscienti di Krsna, dopo aver lasciato questo corpo, non si torna nel mondo materiale  tyaktva deham punar janma naiti. Si viene immediatamente trasferiti [al mondo spirituale] e si ottiene un corpo spirituale. E' chiaro o no? Adesso state prendendo corpi materiali, nascita dopo nascita. E' la trasmigrazione dell'anima. A volte si ha un corpo umano, a volte il corpo di un cane, altre volte quello di un re o di altro genere. Ma quando si è coscienti di Krsna non si devono assumere corpi materiali. Si va direttamente da Krsna con il corpo spirituale. Allora sì che la vita è eterna.
Ospite: Non si prende più un corpo materiale?
Srila Prabhupada: No. Tyaktva deham punar janma naiti. Quando si è coscienti di Krsna, non si prendono più corpi materiali. Krsna dice: mam eti: "L'anima torna a Me". E mam eti significa che chiunque torni a Krsna ottiene un corpo perfetto quanto quello di Krsna. Questa è l'identità.
Ospite: Ma allora che significa quando Krsna dice ad Arjuna sul campo di battaglia: "Mai ci fu un tempo in cui non esistemmo Io, tu e tutti questi re?"
Srila Prabhupada: Krsna e Arjuna esistono, e anche tu esisti, sei eterno. Cambi solo il corpo. Che cosa c'è di difficile da capire? Krsna, invece, non cambia corpo. Questa è la differenza.
Ospite: L'anima non si immerge nella luce di Krsna?
Srila Prabhupada: L'anima cambia corpi. Perché credi che debba immergersi? Tu cambi corpo e io anche, ma siamo individui. Io potrei prendere un corpo di cane, e tu potresti prendere quello di un deva, capita. Si cambia corpo a seconda del karma. Poi, anche quando si è completamente coscienti di Krsna, si cambia corpo. Ma il nuovo corpo è spirituale.
Fin quando si prendono corpi materiali,
bisogna cambiare, uno dopo l'altro, uno
dopo l'altro. Per esempio, se compri qualcosa da poco, si rovina in fretta e devi comprarne un'altra. Ma se compri una cosa davvero bella, ben fatta, durerà molto più a lungo.
Così, finché si prendono corpi da poco, corpi materiali, bisogna cambiare. Ma quando si prende il migliore dei corpi, quello spirituale, non c'è più bisogno di cambiare.
Chi non sa chi è Krsna, pensa che ci sia qualcuno superiore a Krsna. Ma chi conosce Krsna così com'è, prende subito un corpo spirituale. Basta conoscere Krsna.

janma karma ca me divyam
evam yo vetti tattvatah
tyaktva deham punar janma
naiti mam eti so 'rjuna

["Chi conosce la natura trascendentale della Mia apparizione e delle Mie attività, una volta lasciato questo corpo, non rinasce più nel mondo materiale, o Arjuna, ma raggiunge la mia dimora eterna"]. Quindi basta capire Krsna e tutto sarà risolto. Cercate di capire Krsna. Krsna si può capire soltanto attraverso il servizio devozionale. Krsna dice: bhaktya mam abhijanati, se si vuole capire Krsna bisogna accettare il servizio devozionale. Non avete alternative. E' inutile. Non sprecate tempo. Krsna dice: bhaktya mam abhijanati. E questo comincia arrendendosi a Krsna. Sarvadharman parityajya: a qualsiasi sciocchezza siate abituati, mollatela. Arrendetevi solo a Krsna. Questo è l'inizio della Bhagavadgita.















LA FESTA DELLA DOMENICA

Ogni domenica pomeriggio in tutti i centri Hare Krishna

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CENTRI HARE KRSNA IN EUROPA

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ITALIA

ASTI, Roatto, Frazione Valle Reale 20, tel. (0141)938406
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BOLOGNA, Bentivoglio, Via Ramo Barchetta 2, Castagnolo Minore, tel. (051)863924
FIRENZE, Villa Vrindavana, Via Scopeti 108, San Casciano in Val di Pesa, tel. (055)820054
MILANO, Centro Culturale Govinda, Via Valpetrosa 3/5, tel. (02)862417
NAPOLI, Via Vesuvio 33, Ercolano, tel. (081)7390398
ROMA, Sri GauraMandala, Nepi, Via Mazzanese km 0,700 (dalla Cassia uscita Calcata), Pian del Pavone (Viterbo), tel. (0761)527038
VICENZA, Prabhupadadesh, Via Roma 9, Albettone, tel. (0444)790573
SVIZZERA ITALIANA, Fattoria Nandagram, Al Chiossasco, Contone, tel. 41(092)622747



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SLOVENIA - Lubiana, Zibertova 27, Ljubljana, tel. 38(061)310815
SPAGNA - Barcellona, calle de L'Oblit, tel. 34(3)3479933  Brihuega, Nuova VrajaMandala, Santa Clara, Brihuega, Guadalajara, tel. 34(911)280018  Madrid, Espiritu Santo 19, tel. 34(91)5213096  Malaga, Ctra. Alora, 3 int., Churriana, tel. 34(952)621038 - Santa Cruz de Tenerife, Canarie C/ Castillo 44/4. tel. 34(922)241035  RISTORANTE  Barcellona, Govinda, Plaza de la Villa de Madrid 4
SVEZIA - Goteborg, Lagmansgatan 11, tel. 46(031) 192319  Grodinge, Korsnars Gard 140, tel. 46(0753)29151 Jarna, Almviks Gard, tel. 46(0755)52050  Karlstadt, Attkantsgatan 3, tel. 46(054)113816  Malmoe, Gustav Adolfs Torg 10A tel. 46(040)127181 Stoccolma, Fridhemsgatan 22, tel. 46(08)6549002  Uppsala, Nannaskolan sal F 3, Kungsgatan 22, tel. 46(018)102924  RISTORANTI  Goteborg, Govinda's. Storgatan 20, tel. 46(031)139698  Malmoe, Higher Taste, Amiralsgatan 6, tel. 46(040)970600 - Stoccolma, Gopal, Timmermansgatan 13, tel. 46(08)6441035 -
SVIZZERA - Bellinzona, Nuova Nandagrama, Al Chiossasco, Contone TI, tel. 41(092)622747  Berna, Weihergasse 7, tel. 41(31)213825  Roche d'Or, Gokula Project, Vacherie Dessous, tel. 41(066)766160  Zurigo, Bergstrasse 54, tel. 41(01)2623388  Zurigo, Preyergasse 16  RISTORANTI  Berna, Weihergasse 7 (Marzili), tel. 41(031)213825  Biel, Govinda, Untergasse 29 (Alstadt), tel. 41(032)231291  Zurigo, Govinda's Restaurant, Preyergasse 16, tel. 41(01)2518859
UCRAINA - Chernigov, ul. Krasnogvardeyskaya 1056, tel. 1(865571)54263  Dnepropetrovsk, ul. Ispolkomovskaya 56 A  Donetsk, ul. Treneva 3, flat N44  Kharkov, ul. VerhneGievskaya 43 Kiev, Kotovskoge 339. tel. 7(044) 4407309  Leopoli, 292066 Lvivska obl. Buski rajon. S. Zbolotni Chuchmani, Lvov  Odessa, ul. desi Ukrainki 4757 UNGHERIA - Budapest, Dimitrov u. 77, Budapest 1028 II  Debrecen, L. Hegyi Mihalyne u. 62

















Fine del numero di marzo-aprile 1994.