Maniaci dello shopping
di Caitanya Carana Dasa
Adattato dall’ultimo libro dell’autore:
Recessione: Avversità o Opportunità?
L'avidità per cose non necessarie e troppo costose ha generato una particolare specie di esseri umani, il cui numero aumenta rapidamente, definiti maniaci dello shopping. Essi sono dediti allo shopping come gli alcolisti lo sono all'alcool. Ecco alcune somiglianze tra la mania di fare acquisti e il vizio dell'alcolismo:
1. Il momento 'alto' che dura poco:
Come bere alcool, possedere cose nuove fa sentire bene il maniaco dello shopping e gli fa desiderare ancor di più quella piacevole sensazione, ma come il momento 'alto' dovuto all'alcool dura poco, così è anche per il fascino, l'eccitazione e il piacere di acquistare.
2. Malessere:
Il momento 'alto' dello shopping è seguito da un malessere: la tensione di farlo durare. Questo esaurisce il tempo, l'energia e il denaro del maniaco dello shopping. Dopo aver acquistato un servizio da tè, dei divani e apparecchi multimediali, i maniaci dello shopping sono sconvolti. 'Tutto ciò che possiedo possiede me!' è uno dei loro abituali lamenti.
3. La sofferenza cresce:
Lo psicologo April Benson di Manhattan, autore di Faccio acquisti perciò esisto: l'Acquisto forzato e la ricerca del Sé, descrive come il vizio di fare acquisti possa essere tanto distruttivo quanto quello del bere: "Una mia paziente si è rovinata perché non riusciva a fare a meno di fare acquisti su Internet per tutto il giorno. Ci sono altre persone che trascurano i loro figli parcheggiandoli costantemente nei centri commerciali perché questo è ciò di cui hanno bisogno per soddisfare il loro vizio. Moltissimi matrimoni s'infrangono per questa mania d'acquistare. In effetti non parliamo di mania d'acquistare a meno che non ne derivi un importante danneggiamento di qualche aspetto della vita."
4. Una necessità coatta:
Proprio come un alcolizzato desidera ardentemente bere così un maniaco dello shopping smania per fare acquisti. Il dottor Donald Black, professore di psichiatria all'Università dello Iowa afferma: "È tipico di questi pazienti raccontare di essere costantemente preoccupati di fare acquisti, di pensare sempre a questo e di creare così una tensione che devono soddisfare uscendo a fare acquisti. Ciò lenisce la loro sofferenza almeno momentaneamente."
5. L'ampiezza del fenomeno:
Secondo un'indagine compiuta nel 2006 dall'Università di Stanford addirittura il 6% della popolazione degli Stati Uniti - più di 1 persona su 20 - è afflitta dalla mania di fare acquisti. (Si stima che l'alcoolismo colpisca circa l'8% della popolazione degli Stati Uniti.) La disponibilità di denaro e il facile accesso agli acquisti fanno aumentare questo numero, ma Benson elimina l'idea che lo shopping compulsivo sia un problema che riguarda solo le persone ricche: "Ci sono state ricerche che hanno collegato la classe socio-economica del soggetto con la mania di fare acquisti senza trovare risultati significativi. Avevo un collega che curava un ragazzo mantenuto dal servizio sociale, il quale era affetto da shopping compulsivo."
A differenza delle ben note difficoltà dovute all'alcolismo, quelle derivanti dallo shopping compulsivo sono meno conosciute. La banalizzazione ampiamente diffusa della mania di fare acquisti risulta evidente nell'espressione acquistare per sentirsi più felici, come anche nel detto: "Quando le cose vanno male si va a fare acquisti." Celare i danni dello shopping compulsivo corrisponde al concetto profondamente radicato che la vita sia stimolante e piacevole solo quando le entrate e lo stile di vita migliorano costantemente. La Bhagavad-gita (16.13-15) avverte che questo concetto materialistico genera un'avidità indiscriminata che annienta i valori. Le persone soggette all'invidia sacrificano integrità e intelligenza sull'altare della ricchezza. Queste irresponsabili scelte finanziarie, con un effetto a valanga, provocano crisi individuali, nazionali e sociali.
L'avidità nasce dalla mancanza di una comprensione olistica della vita. Come una preparazione senza sale è insipida, la vita senza denaro può essere deprimente, ma provate ad immaginare una preparazione fatta solo di sale. Non sarà né gustosa né nutriente, sarà soltanto nociva. Nello stesso modo una vita impostata sulla ricerca del denaro non è né piacevole né salutare, è autodistruttiva. Come l'ex membro del parlamento del Regno Unito, Richard Needham ebbe una volta a sottolineare: "Quando il denaro è visto come soluzione di tutti i problemi, è proprio il denaro a diventare un problema." Sfortunatamente invece di aiutare le persone a dominare l'avidità, la società moderna l'alimenta e la sostiene indicandola come il segno del successo.
Prigionieri del successo
"Per raggirare chiunque basta che la pubblicità sia ben fatta e abbia un finanziamento abbastanza elevato," disse il defunto produttore cinematografico americano Joseph Levine. Prendiamo in considerazione un giovane professionista in tecnologia dell'informazione che possiede un'automobile modesta ma ben funzionante. Una grande ditta costruttrice di automobili lancia un nuovo modello la cui pubblicità appare su tutti i media. Un giovane ben vestito e sorridente la guida con orgoglio mentre una graziosa ragazza lo guarda con ammirazione. Sullo sfondo un collega imbronciato arde d'invidia. I saloni di esposizione mettono in risalto il nuovo prodotto. Il cuore del nostro professionista brucia di desiderio per questa nuova automobile che secondo la sua fantasia gli procurerà l'ammirazione e il rispetto che egli sente di meritare ma che non riesce ad ottenere.
Sebbene non abbia bisogno di una macchina nuova e non se la possa neanche permettere, contrae un prestito e acquista la macchina dei suoi sogni. Mentre la guida con orgoglio facendo girare teste e spalancare occhi ovunque vada, i parenti, gli amici e i colleghi lo guardano con ammirazione. "Finalmente," pensa, "sono un uomo di successo." Il suo sogno però dura così poco da spezzargli il cuore. Subito viene prodotto un altro modello di automobile e la pubblicità della sua macchina sparisce - e con essa il suo momento d'intensa soddisfazione. Oggi la maggior parte delle persone sono prigioniere del successo, chiuse dentro rigidi concetti mentali sul suo significato.
Vediamo come funziona la prigione del successo: 1. L'industria dei consumi produce una varietà di oggetti di lusso attraenti (e costosi), di cui in realtà non abbiamo bisogno. 2. L'industria del marketing ci porta questi prodotti in sale d'esposizione smaglianti e in negozi luccicanti. 3. L'industria pubblicitaria, con le sue aggressive reclamès in TV, con cartelloni pubblicitari e cose simili, presenta questi prodotti come simboli della bella vita, essenziali per proteggere ed espandere il nostro prestigio. 4. L'industria bancaria ci adesca con la certezza che la mancanza di denaro non deve impedirci di soddisfare questi desideri creati dai media. La vulnerabilità delle persone di fronte a questa trappola comincia con l'errato desiderio d'impressionare gli altri non per quello che sono ma per quello che possiedono. Deviati da questo errato modello di successo molti cadono facilmente preda degli attacchi pubblicitari che assalgono la società con crescente ferocia.
La rivista DM News (12/22/97) affermava: "Un americano medio al giorno d'oggi vede più pubblicità in un anno di quanta ne vedeva un americano medio durante tutta la sua vita 50 anni fa." Questa stessa tendenza è applicabile al resto del mondo, in particolare ai paesi 'in via di sviluppo' del terzo mondo. Prese dalla magia della pubblicità, le persone comprano nuovi vestiti, orologi e apparecchi elettronici soltanto perché vengono presentati come alla moda e scartano gli oggetti vecchi ancora utili che possiedono. Più di cento anni fa, lo scrittore Oscar Wilde dissipava già l'illusione della moda: "La moda è così intollerabilmente brutta che dobbiamo cambiarla ogni sei mesi." Spinte dalla pubblicità a rimanere al passo con le ultime mode, le persone prendono in prestito forti somme che le costringono ad anni di duro lavoro e alla penosa ansietà della restituzione. Spesso questa ansietà rovina il piacere di quegli stessi generi di comfort acquistati con i prestiti. Anche coloro che sono già abbastanza 'di successo' e non hanno bisogno di prestiti non sono liberi dall'ansietà. Si preoccupano costantemente di proteggere quello che hanno dai rivali, dai ladri e perfino dai parenti. Anch'essi sono prigionieri del successo. Stress, tensione, preoccupazione e mancanza di sicurezza sono sinonimi di questa vita moderna materialistica.
La via verso la libertà
Studi scientifici indicano che la spiritualità può essere il modo migliore per frenare l'avidità ed acquisire autocontrollo. La ricerca di Michael McCullough, pubblicata nel gennaio del 2009 nel Psychological Bulletin ha affermato che ottanta anni di ricerca hanno portato alla conclusione che la fede religiosa e la devozione favoriscono l'autocontrollo. All'inizio degli anni venti, alcuni ricercatori hanno trovato che quegli studenti che trascorrevano più tempo in parrocchia ottenevano risultati migliori nelle prove di laboratorio, che misuravano la loro autodisciplina. Studi successivi hanno mostrato che i bambini religiosi erano stimati relativamente poco impulsivi sia dai genitori che dagli insegnanti e che la religiosità si accompagna sovente ad un maggiore autocontrollo negli adulti.
Lo scrittore John Tierney, riportando questi risultati nel The New York Times ('Per un Buon Autocontrollo, Provate a Diventare Religiosi' 12/31/08), ha dato questo sorprendente suggerimento: "L'unico proposito per l'anno nuovo capace di darci maggior forza per mantenere tutti gli altri nostri propositi è aumentare il nostro impegno religioso. In che modo un maggior impegno religioso contrasta l'avidità? Prima dobbiamo chiederci perché sembra che i nostri desideri siano sempre in aumento. La risposta secondo le Scritture vediche è che come esseri spirituali siamo fatti per avere tutto o, per metterla diversamente, siamo fatti per avere Dio, Krishna il proprietario di tutti i possessi. I testi vedici spiegano che come esseri spirituali abbiamo un desiderio innato di ricchezza spirituale - l'amorosa, confortante e rafforzante presenza del divino nei nostri cuori.
Proprio come un pesce soffre fuori dall'acqua noi ci sentiamo insoddisfatti non appena perdiamo la consapevolezza di questa presenza divina dentro di noi. Ignorando il livello spirituale, per errore attribuiamo questa insoddisfazione ad una mancanza di possedimenti materiali e questa diagnosi sbagliata ci spinge a diventare avidi di possessi esteriori. I tempi moderni sono caratterizzati da un'acuta crisi spirituale. Con la diffusione globale della cultura materialistica occidentale, Dio, il fine supremo della vera spiritualità, è stato declassato nella maggior parte degli elenchi di priorità delle persone. Il vuoto interiore che ne è risultato ci ha reso sempre più soggetti all'avidità, che ha raggiunto livelli di assuefazione tali da minacciare il mondo. L'interconnessione e l'interdipendenza economica del villaggio globale hanno solo il risultato di aumentare il problema.
Curare l'avidità con una semplice predica sulle sue conseguenze negative non è sufficiente; dobbiamo dotarci di mezzi adatti a trovare un arricchimento interiore. Se c'impegniamo in pratiche spirituali consolidate, come la meditazione, lo yoga, la preghiera e soprattutto il canto dei santi nomi - il metodo raccomandato dalle Scritture per l'era attuale - la presenza di Dio in esse ci arricchirà. Una volta soddisfatti interiormente diventeremo immuni dall'avidità sia che siamo ricchi o poveri.
La nostra scelta decisiva
Le Scritture vediche, che sono una guida per la vita, non solo c'insegnano il principio dell'arricchimento interiore, ma ci dimostrano anche la loro potenza con avvenimenti che hanno avuto luogo nel lontano passato. Il Ramayana, un antico classico, che per millenni ha affascinato un quinto della popolazione mondiale, dimostra la gloria dell'arricchimento interiore e la futilità del semplice accumulo di beni esteriori. Lo fa per mezzo delle mentalità di due dei suoi principali protagonisti: Hanuman e Ravana. La sintesi essenziale del Ramayana è la seguente: Sri Rama è il Signore Supremo disceso sulla Terra per interpretare il ruolo di un essere umano ideale e di un re ideale. Ravana, un tiranno che terrorizza l'universo, con un inganno rapisce la moglie di Rama, Sita. In uno scontro pervaso di magia, Rama, aiutato dalla scimmia celeste Hanuman, uccide Ravana e libera Sita.
Hanuman, l’eroico devoto, lottò per far riunire Sita a Rama. Per la sua devozione al Signore, Hanuman fu potenziato a compiere molte imprese avventurose e arricchito interiormente dalla presenza del Signore nel suo cuore. Al contrario, lo scellerato Ravana cercò di usare Sita per il suo piacere. Con la sua forza brutale e i suoi intrighi malvagi, Ravana aveva ottenuto ricchezze e poteri favolosi, ma non riusciva mai ad essere sereno o soddisfatto perché la sua mente incontrollata chiedeva sempre di più. In ultimo incontrò una fine ingloriosa e perse tutto. I testi vedici spiegano che ogni ricchezza è una manifestazione di Laksmi o Sita, la consorte del Signore. Perciò quando usiamo la nostra ricchezza per servire il Signore sviluppiamo la mentalità di Hanuman, ma se usiamo la ricchezza per il nostro piacere egoistico stiamo sviluppando la mentalità suicida di Ravana. Per sfortuna oggi alcune persone sviate considerano antiquata la mentalità di Hanuman di servire Dio disinteressatamente e giudicano invece moderna la mentalità di Ravana volta a un piacere ateo diretto a se stessi. La soddisfazione di Hanuman e l’insoddisfazione di Ravana stanno ad indicare gli opposti risultati ottenuti dalle persone che sviluppano rispettivamente le mentalità di Hanuman e quella di Ravana.
Un'ambizione fondata sui principi
Tuttavia anche una persona con desideri materiali - una persona non completamente disinteressata e pura come Hanuman - può avere un buon successo compiendo servizio devozionale al Signore. La storia del principe Dhruva contenuta nello Srimad- Bhagavatam, un altro fondamentale testo vedico, dimostra con forza questo punto. Secondo gli standard contemporanei, Dhruva era oltremodo ambizioso; egli desiderava un regno molto più grande dell'immenso regno di suo padre e di suo nonno. Scelse però un metodo giusto per soddisfare questa ambizione, adorando il Signore con una pratica devozionale fondata sul canto dei Suoi santi nomi. Non solo egli poté soddisfare il suo desiderio, ma divenne anche così puro e ricco di devozione da non essere più attratto dalla ricchezza materiale. Perciò potenziato dalla devozione e dal distacco, regnò come re virtuoso e prospero servendo il Signore e tutti i Suoi figli. Questo stesso potente metodo di meditazione sul mantra che benedisse e purificò Dhruva è oggi a nostra disposizione.
La meditazione sul mantra è un metodo per dirigere di nuovo i nostri desideri dalle cose di questo mondo alla loro origine: Dio. Nell'era attuale il mantra più potente per la meditazione è il maha-mantra ('il grande canto della liberazione'): Hare Krishna, Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare / Hare Rama, Hare Rama, Rama Rama, Hare Hare. La meditazione sul mantra c'illumina con una sapienza interiore che apre i nostri occhi alle realtà del mondo in cui viviamo. Ci protegge così dall'essere sfruttati da interessi esterni e dall'essere vittime di desideri egoistici interiori. La meditazione sul mantra ci rivela anche la presenza del Signore nei nostri cuori, soddisfacendo così per sempre la nostra inestinguibile sete di felicità. Inoltre, collegandoci con l'intelligenza e la potenza del Supremo, diventiamo capaci di affrontare con fiducia tutti gli alti e i bassi della vita e di soddisfare o purificare le nostre ambizioni. La meditazione sul mantra fa anche crescere progressivamente la nostra devozione per il Signore, preparandoci così a tornare nella dimora della felicità suprema, il regno di Dio.